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PETIZIONE LEGGE 30

Publie le martedì 31 gennaio 2006 par Open-Publishing
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F.A.L.C.R.I.

Federazione Autonoma Lavoratori Credito e Risparmio Italiani

Sta proseguendo con grande successo l’iniziativa del “COMITATO LAVORATORI FALCRI CONTRO LA LEGGE 30” che sta raccogliendo in tutta Italia migliaia e migliaia di firme da consegnare in aprile al nuovo Governo sotto forma di Petizione Popolare per l’abrogazione della legge Biagi o in subordine per la modifica di alcuni suoi sostanziali capitoli.

In questi giorni intensificheremo ulteriormente l’attività per la raccolta delle firme che prenderà forma anche attraverso numerosi banchetti che verranno organizzati in tutta Italia soprattutto nei luoghi del “sapere” giovanile come le Università e le scuole medie superiori.

Ricordiamo che i giovani sono le grandi vittime di questa legge che impedisce ai ragazzi ed alle ragazze di potere pensare alla propria vita in prospettiva futura NON garantendo in nessuno dei propri capitoli la possibilità di ottenere un lavoro a tempo indeterminato neppure dopo lunghi anni di lavoro (ad esempio l’apprendistato prevede fino a 6 anni di lavoro e numerosi momenti formativi ma non da alcuna garanzia di prosecuzione del rapporto di lavoro).

Sono impegnati nella raccolta delle firme centinaia di attivisti FALCRI presenti in 32 banche sparse su tutto il territorio nazionale e recentemente anche gli attivisti del sindacato autonomo ORSA presente nel settore delle Ferrovie ci ha dato una mano raccogliendo numerose firme.

Ulteriori informazioni sulla legge 30 potrete raccoglierle attraverso il sito internet aperto dal Comitato Lavoratori Falcri Contro La Legge 30
http://WWW.PETIZIONELEGGE30.ORG
Attraverso il quale potrete anche votare e fare votare telematicamente per la Petizione Popolare o scaricare la modulistica su cui raccogliere le firme.

Roma, 30 gennaio 2006

FALCRI

www.petizionelegge30.0rg

Messaggi

  • Sesto rapporto sulle retribuzioni in Italia.

    In media i ragazzi tra 25 e 32 anni guadagnano 800 euro al mese. E nel tempo le retribuzioni crescono poco

    Quando la paga non paga
    per i giovani salari troppo bassi

    di FEDERICO PACE

    Trovano lavoro, sono pronti ad accettare più flessibilità ma si ritrovano con stipendi sempre più bassi. E per i laureati diventa sempre più difficile accedere in tempi ragionevoli a posizioni di rilievo.

    Tornano a crescere gli stipendi degli italiani, ma quando si tratta delle tasche dei giovani le cose vanno peggio che mai. Quasi la metà di chi ha un’età compresa tra 25 e 32 anni, dati dell’ultima indagine Ires-Cigl, ha uno stipendio che oscilla tra 800 e mille euro. A questi vanno aggiunti un altro spicchio importante (il 22,3%) che si deve accontentare di meno di 800 euro. Solo un dieci per cento di loro si trova a fine mese una busta paga tra 1.200 euro e 1.500 euro.

    Dati scoraggianti che vengono confermati anche dal 6° Rapporto sulle Retribuzioni in Italia, realizzato da OD&M Consulting, secondo cui nel 2005 i laureati si sono trovati a fare i conti con un’evoluzione retributiva peggiore di quella della media degli impiegati.

    Lo stipendio medio di un laureato con cinque anni di esperienza lavorativa nel 2005 è addirittura diminuito di 73 euro passando a 25.063 euro rispetto ai 25.137 euro guadagnati nel 2004. Meno nera la situazione dei laureati che sono entrati in azienda da uno o due anni che hanno visto crescere lo stipendio da 22.301 euro a 23.054 euro. Performance queste tutte peggiori comunque di quella degli stipendi medi degli impiegati che nel 2005 sono arrivati a ricevere in busta paga 25.037 euro mentre nel 2004 avevano solo 23.780 euro (un tasso di crescita del 5,3 per cento).

    Ma quel che più preoccupa è che non si tratta più solo della diminuzione dello stipendio d’entrata in azienda, a cui i giovani devono sottoporsi già da qualche tempo, ma anche di un inesorabile rallentamento della crescita retributiva lungo l’arco della carriera. Ovvero, il laureato fa sempre più difficoltà a veder crescere la propria retribuzione con l’andare del tempo. La laurea sembra avere smesso di essere strumento sufficiente a garantire una paga dignitosa per diventare la mera condizione necessaria per provare a garantirsi almeno l’opportunità di accedere a posizioni professionali adeguate

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