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La definiscono gaffe, lo sarà? E’ vero che l’autore non sia proprio un esemplare di lungimiranza intuitiva ma quella frase di Micciché, presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, in forza a Forza Italia è più d’una voce dal sen fuggita. E’ un lapsus freudiano che manifesta il suo pensiero come l’esternazione collerica del collega Scajola su Marco Biagi giudicato “rompicoglioni” per via della scorta richiesta. E cosa poteva dire un picciotto su due magistrati vittime dei boss come Falcone e Borsellino? Che ricordare i loro nomi in terra di Trinacria mette tristezza. Perché Sicilia è cosa nostra e chi si oppone a quest’idea va cancellato anche nella memoria dopo l’annullamento con lupara o tritolo.
Come Rizzotto, La Torre, Cassarà, Impastato, Livatino e migliaia di uomini che l’innominabile cupola ha sterminato e continua a sterminare per la gioia dei mammasantissima e gl’interessi dei politici grandi che siedono a Roma, e piccini picciotti che se ne stanno a Palazzo dei Normanni e dintorni. Micciché, scartino della politica, deve le gioie sue alla prima grande infornata dell’antipolitica, quella operata dal clan Berlusconi dopo la caduta dell’impero del Caf e l’alleanza con la Lega. L’
Gianfranco lavorò sodo fino a raggiungere l’apoteosi d’un risultato più che rugbistico di 61 a 0 con cui i picciottissimi della “Libera Casa di Cosa Nostra” vinsero anni addietro la partita elettorale. Altro che All Blacks, una cifra che nell’isola non riusciva neppure alle buonanime degli uomini del gran baciatore dei fratelli Salvo, il sempiterno Giulio Andreotti. Fedeltà ed efficienza ecco la forza tutta italiana del forzista Micciché, che facendo strada qualche umanissima sbavatura la commetteva. Colpa del vizio, come per l’onorevole Mele. Ma d’altro vizio trattatavasi, in base al motto “sesso, droga & rock and roll’”. Ora lasciato l’ultimo ai ragazzi magari un po’ trasgressivi e sinistorsi, e pure il primo ché Gianfranco non è mica uno sfigatiello come Cosimo che con le donne (moglie a parte) non ha chances e deve ricorrere a prestazioni prepagate, lui uomo di centro si rivolge al vizio di centro. Tirare.
Costume un tempo chic, ora popolarissimo. E’ anche grazie a questo piacere che l’onorata società fa business. Insomma Gianfranco la robetta se la faceva arrivare al Ministero da un sodale e sollecito collaboratore tenuto a libro paga. Questi, perquisito dalla sicurezza sicuro e candido come la materia trasportata, confermò di recarsi dal pregiatissimo onorevole. L’azzurrissimo Ufficio Stampa di Forza Italia faceva sapere che il ragazzaccio s’innevava motuproprio, niente a che fare – figurarsi! – con le abitudini miccicheiane. Chissà cosa inventeranno ora i favolieri un po’ decotti Bondi e Bonaiuti sulla nuova scivolata del picciottone. Baciassero pure le mani.
Spartacus, 11 ottobre 2007
Messaggi
1. PICCIOTTO, 11 ottobre 2007, 23:35
Una curiosità che manca nell’articolo.
Miccichè è stato in gioventù uno dei massimi dirigenti siciliani di Lotta Continua.
Fu lui, tra gli altri, a tenere la orazione funebre di Peppino Impastato.
K.
1. PICCIOTTO, 13 ottobre 2007, 17:01
Povero Peppino...