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Andare oltre, voltar pagina
di Aurelio Crippa
L’Italia elettorale ed i risultati delle Politiche 2008 propongono un Paese che va decisamente a destra, una disfatta, storica, della sinistra (il Prc è travolto da una pesantissima perdita di consenso e prestigio all’esterno).
Il Congresso chiamato a riprendere "le fila", vede nessuna proposta avanzata ottenere la maggioranza assoluta dei consensi, e si chiude con una spaccatura sostanzialmente in due del Partito.
Vince la contesa sul confronto politico, la ricerca dell’unità, che dà fiato e voce alla voglia di rivalsa, alle logiche di parte, e cosa più grave al prefigurare una non presenza della minoranza in segreteria nazionale, ad un suo agire come Partito nel Partito (in aperta contraddizione con il dichiarare di non voler essere una corrente).
In nome e per conto di quel materiale congressuale che la base del Partito ci ha consegnato per una possibile ricostruzione unitaria (ahimé accantonato), del dichiarato di tutte/i di voler agire unicamente nell’interesse del Partito, chiedo di fermarsi e riflettere.
Se sei la metà del Partito devi sentirne tutta la responsabilità, ed oggi, come ieri, la democrazia vuole che, una volta che le scelte sono compiute, applicare le decisioni del Partito è impegno di tutte/i, fermo restando, nell’ambito di regole condivise, l’operare di una minoranza per diventare una maggioranza.
Oggi, come ieri, maggioranze e minoranze possono formarsi su singole scelte: decadono al momento della decisione, per eventualmente, successivamente ricomporsi anche con composizioni diverse (è questa la diversità fra essere area politico-culturale e corrente).
Si può "andare oltre" questo "tintinnar di spade", respingendo insieme un nostro declino auspicato all’esterno?
Si deve: questo vuole la stragrande maggioranza del Partito, e la condizione è il rapido ritorno alla politica, all’iniziativa.
Nei documenti finali del Congresso - di maggioranza e di minoranza- c’è una base politica comune di partenza: si ritiene l’alternativa di società sempre più indispensabile; urgente il bisogno di dar vita ad una opposizione plurale al governo delle destre, alle sue politiche populistiche, liberiste, autoritarie; decisivo è il rilancio del Prc, il suo contributo per riattivare una collaborazione, unità di azione a sinistra.
Si guardi in faccia la realtà senza veli, scendendo sotto la superficie delle cose, per cogliere il dato strutturale di una situazione, che, reputo, riflette qualcosa di profondo e non contingente, che tende a modificare la qualità della nostra presenza nella società.
Una precisa ispirazione e capacità delle destre ha riconquistato consensi, aggregando, anzi, forze ulteriori e nuove energie, sulla base di una reale egemonia culturale, prima ancora che politica e sociale.
Con una forte pressione ideologica, tesa ad esaltare le sensibilità più individualistiche e corporative, hanno convinto una parte rilevante del Paese, compreso fasce di lavoratrici/ori, ceti popolari, che avevano tutto da guadagnare dal rafforzamento del capitalismo e da una piena integrazione nel suo sistema di valori (il capitalismo, il miglior mondo possibile).
Ha preso corpo un diffuso individualismo di massa, una cultura che non crede più in antiche differenziazioni valoriali, un modello di sviluppo basato sull’individualismo (solo soli, e, spesso contro altri, si riesce a cavarsela) come sfiducia nella collettiva capacità del Paese di creare futuro e progresso.
Dicono alcune analisi/elaborazioni del voto, di un cittadino elettore individualista (post ideologico) per il quale il voto è scelta verso il Partito, il leader, che sembrano garantire con maggiore efficacia i propri interessi individuali, rispetto a quelli che hanno l’obiettivo di perseguire finalità generali, il "bene collettivo" (il 20% degli elettori ha deciso il voto nell’ultimo periodo; l’8% il giorno stesso, orientandosi, prevalentemente verso il centro-destra).
Come non vedere che ciò è stato reso possibile grazie ad una presenza (o assenza) debole del Partito, della sinistra, nel condurre una men che rigorosa battaglia, alzare un adeguato argine, contro la penetrazione dell’ideologia delle destre.
Al contrario, spesso, ideologia ed identità sono state messe alla gogna, per non parlare del pentitismo di alcune/alcuni dirigenti, cosa diversa dalla necessaria riflessione critica della nostra storia, che non può essere approssimativa, strumentale, a senso unico, e, soprattutto, non contestualizzata alla fase storica (l’abiura del passato non serve/servirà a distogliere l’attenzione dagli errori politici recenti).
Non ho rimpianti per battaglie ideali e culturali contrassegnate da antichi schemi dogmatici: ma altra cosa è l’assenza di ideologia, identità, ideali forti, di un etica e morale della politica, e, al contrario, una presenza di agnosticismo, indifferenza teorica, disimpegno culturale, anche se mascherato da laicismo e pluralismo, alibi, che di fatto hanno favorito la penetrazione dell’ideologia neo-liberista, l’egemonia culturale delle destre.
Vale anche in politica la legge della natura: si raccoglie quello che si semina, e se il prodotto è scarso e deteriorato, per individuarne le cause, oltre a valutare gli eventuali eventi esterni, innanzitutto occorre analizzare la bontà o meno del seminato.
Così è, ed allora come non vedere che la bontà del nostro seminato (le certezze di questi anni), della sinistra, tale non è stata ritenuta da gran parte del nostro popolo, perché distante dalle loro esigenze e aspettative (il distacco del Prc dai giovani non è mai stato così, sempre più pesante).
Con il V e VI Congresso abbiamo attuato palesi scelte per "sbaraccare" l’immagine del Partito, ritenuta vecchia, per alcune ed alcuni obsoleta, per sostituire ad essa non una semplice rappresentazione aggiornata ed abbellita, ma quella di un Partito adeguato ad una società in perenne movimento.
L’organizzazione dei Giovani Comunisti è stata utilizzata come laboratorio sperimentale per le future esperienze di Partito.
Abbiamo posto in essere aperture ideali, introdotto "innovazioni" nel modo di fare politica e essere organizzazione, seguito tendenze ed impostazioni provenienti da settori più diversi della cultura, della pratica politica, dei movimenti, "veleggiando" fra gli scogli delle Istituzioni con un immersione nel mondo e nello spirito "radical-chic" (da Partito di massa a Partito radicale di massa a Partito elettoralistico).
Siamo stati fra i protagonisti del Movimento dei Movimenti. Il riscontro politico di questo seminato ha visto il "pendolo" del consenso elettorale non mutarsi (nelle elezioni amministrative addirittura un suo progressivo pendere verso il basso), per molti anni, nei gruppi dirigenti, a partire dal segretario del Partito, denunciato un sempre maggior degrado dell’essere e dello stato/vita interna del Partito (documentato, autocriticamente nella Conferenza di Organizzazione, i cui documenti e i deliberati invito tutte/i a rileggere), l’inesistenza dell’organizzazione dei Giovani comunisti.
La Sinistra, l’Arcobaleno, la certezza di ieri, tanto da essere indicata - e per questo abbiamo chiesto il voto - come il nuovo Partito unico della Sinistra, viene oggi, autocriticamente, in ambedue i documenti finali del Congresso, ritenuta un fallimento e non più riproducibile.
C’è di che perché tutte/i, con umiltà e modestia si lavori per un "voltar pagina", per una ricostruzione/rinnovamento del Partito, mantenendo i suoi connotati essenziali - carattere, identità, di forza di cambiamento, concezione etico morale comunista della politica (rinnovamento nella continuità).
Il ruolo dell’opposizione (oggi per noi extraparlamentare) non è meno importante e necessario di quello di governo: dall’opposizione si è in grado di individuare terreni di confronto ed intesa, definire piattaforme programmatiche e rivendicative credibili, intorno alle quali costruire consenso, dar vita al movimento per affermarle (senza dividerci in protestatari e governisti/istituzionalisti).
C’è da modificare gli attuali rapporti di forza, ricomporre un sistema di alleanze attorno al lavoro dipendente: partendo dal lavoro, dalla sua funzione ed utilità sociale, è possibile ricostruire il tessuto connettivo di un ampio fronte, blocco sociale, che sviluppando una critica serrata al neo-individualismo sappia riproporre le tematiche ed il valore della solidarietà e della giustizia sociale, il "bene collettivo".
Per tutte/i: gli unici "conti" che abbiamo da fare sono con la nuova realtà prodottasi nel Paese, quella delle destre, e per combattere e per poter vincere questa sfida è necessario, indispensabile, l’unità del Partito.
Il Congresso è alle spalle: si lasci da parte di tutte/i, alle spalle anche la contesa che lo ha animato. C’è una grande attesa nel Partito per il Cpn del 13 settembre: non sia delusa. Lo "slancio" venuto meno riprenderà se il messaggio sarà quello che la stragrande maggioranza si attende: un governo/gestione unitaria del Partito, prime iniziative politiche (a questo proposito venga predisposta una commissione o gruppo di lavoro per elaborare una proposta di documento e le procedure per la Conferenza delle/dei lavoratrici/ori).
Non servono parole ma fatti: chi vuole operare per il bene e nell’interesse unico del Partito batta un "colpo".