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PRC-CPN del 22/23 febbraio 2008 - Intervento di Claudio Grassi

Publie le lunedì 25 febbraio 2008 par Open-Publishing

Comitato politico nazionale del 22/23 febbraio 2008 - Intervento di Claudio Grassi

di Claudio Grassi

su redazione del 23/02/2008

Care compagne e cari compagni,
condivido i criteri che sono stati proposti nella relazione per la costruzione delle liste, vedremo la proposta che ci verrà avanzata venerdì poiché solo in quella sede potremo valutare la corrispondenza tra principi proposti e proposte concrete. I criteri con cui si propone di costruire le liste si muovono nel rispetto degli impegni assunti a Carrara: quindi no alla riconferma dopo due legislature sia che esse siano state fatte al parlamento nazionale che in consiglio regionale, che al parlamento europeo. Aggiungo come proposta, visto che siamo in un contesto di riduzione drastica della nostra rappresentanza, che anche chi ha fatto due legislature complete in altri partiti non debba essere ricandidato. Ritengo inoltre che anche gli indipendenti che candidiamo nelle nostre liste debbano rispettare questi nostri criteri. Sarebbe paradossale che un iscritto al partito si trovasse ad essere penalizzato rispetto ad un indipendente che viene eletto nelle liste di quel partito.

Per motivi di tempo evito di entrare in merito al dibattito sul pluralismo interno, limitandomi ad osservare che, nel momento in cui si agisce il proprio dissenso nel rispetto delle regole comuni che ci siamo dati, ritengo che esso debba avere pari cittadinanza in tutti i luoghi dove il partito è rappresentato.

Abbiamo di fronte una campagna elettorale molto difficile: essa richiede il lavoro di tutti noi; tutti dobbiamo contribuirvi con convinzione ed impegno. A tal proposito concordo con la ’moratoria’ al dissenso proposta dal segretario: o si fa la campagna elettorale o si fa il congresso (altrimenti il rischio sarebbe quello di fare male entrambe). Discutiamo tra di noi, rispettandoci e replicando sul merito delle tesi che non si condividono.

Detto questo vorrei avanzare due osservazioni che secondo me il gruppo dirigente dovrebbe in qualche modo riconoscere come fondate:

1. La prima riguarda la modalità delle nostre decisioni.
Quando viene posta una questione di metodo non lo si fa per mettere in difficoltà qualcuno, tutti conosciamo la complessità dei problemi che si stanno affrontando. Lo si fa perchè su passaggi controversi – non solo negli organismi dirigenti, ma in tutto il corpo del partito – il coinvolgimento e la discussione sono essenziali per rendere efficaci le decisioni che si devono prendere. Lo si fa perchè si è sollecitati da una critica che è presente nel partito e che è trasversale alle diverse sensibilità. I tempi erano certamente stretti, ma si poteva e si doveva coinvolgere il partito sulla scelta della lista unitaria, sulla scelta del candidato premier e sul simbolo. Si poteva sviluppare una discussione negli organismi dirigenti e nella base del partito; essa avrebbe reso meno stridente la contraddizione tra il dire e fare, ossia tra il predicare ’partecipazione’, ’piramide rovesciata’, ’primarie sempre’ e poi praticare l’esatto contrario.

2. La seconda osservazione sulla quale chiedo un approccio diverso del gruppo dirigente riguarda il confronto tra di noi e, soprattutto, come si mettono a confronto opinioni diverse. Dico questo non perchè alcune cose dette abbiano suscitato reazioni negative tra di noi, tra i compagni e le compagne del gruppo dirigente; ma perchè è nel corpo più diffuso e periferico del partito che si sono registrate reazioni negative. Lo dico perchè se la rappresentazione che date del dibattito è che da una parte ci sono quelli che hanno capito tutto, che prevedono i processi, che interpretano l’innovazione nel modo giusto e, dall’altro, ci sono i rincitrulliti che si emozionano davanti alla falce e martello – o peggio che lo strumentalizzano a fini congressuali – voi capite che non è un gran confronto. Questo è un metodo che non aiuta la comprensione della discussione vera che c’è tra di noi. E’ un metodo da evitare, così come sempre va evitata questa insofferenza alle critiche. Va sempre evitata e va evitata a maggior ragione da parte di un gruppo dirigente le cui scelte non si sono dimostrate sempre esatte.

Il compagno Bertinotti proprio in questa sala e in una accalorata conclusione, rispondendo a delle obiezioni su come eravamo entrati ne L’Unione, ci disse che eravamo a un passaggio decisivo: accettavamo l’alternanza come primo passo per costruire l’alternativa. Mi pare che il primo passo per l’alternativa si sia trasformato in un primo passo per la grande coalizione. Non mi pare si possa quindi dire – come pure è stato detto tante volte – “avevamo visto giusto”. Dico questo per evidenziare che non ci sono da un lato pensatori che vedono sempre giusto e, dall’altro, critici che non sono mai d’accordo per partito preso. Credo che il confronto vada preso seriamente e che, qualche volta, ci vorrebbe anche l’umiltà, di riconoscere l’errore che si è fatto. È sotto i nostri occhi il fallimento di quelle tesi che volevano maturate le condizioni per attuare quel processo ’riformatore’ che ci eravamo raccontati entrando ne L’Unione prima e nel Governo dopo. Tanto il complesso della coalizione quanto lo stesso governo si sono dimostrati impermeabili ai movimenti e al conflitto sociale: basti pensare alle quattro grandi manifestazioni organizzate nei mesi in cui eravamo al governo (quella del novembre 2006 sulla precarietà; quella del febbraio 2007 contro la base di Vicenza; quella di ottobre 2007 contro il protocollo sul welfare e quella di novembre 2007 in difesa della legge 194) e al fatto che le scelte del governo sono andate nella direzione opposta. Ciò dimostra che l’impianto politico strategico posto alla base di quella scelta non ha funzionato.

E allora compagne e compagni, rispettandoci, parliamo della sostanza del dissenso tra di noi.

Sostanza che, nella discussione che stiamo facendo, riguarda il come si intende il processo unitario a sinistra del PD; riguarda il fatto se esso rappresenta l’inizio di un percorso che porta alla costruzione di un unico partito politico, genericamente di sinistra, in cui viene superata l’esperienza di Rifondazione Comunista. E non possiamo nasconderci che questa è una delle ipotesi in campo: la propone chiaramente Sinistra Democratica; lo dice oggi Berlinguer che parla esplicitamente di partito unico (e qualcuno gli risponda, visto che non è la nostra proposta). Di tutto questo non sarebbe meglio discuterne?

E’ per questi motivi che la questione del simbolo viene vissuta con allarme dai compagni, i quali temono che in realtà quello del simbolo sia il prezzo da pagare per una omologazione del nostro partito; per un suo slittamento su posizioni moderate. Qui, contrariamente a quanto sostenuto da qualcuno in queste settimane, siamo di fronte ad una questione politica: una questione che nulla ha a che fare con ’affettività’ e ’feticismi’.

Oltre la tesi di quanti pensano che il percorso avviato a sinistra del Pd debba avere come conclusione la nascita di un nuovo partito e lo scioglimento del Prc vi è la tesi di quanti sostengono che l’unità a sinistra va perseguita politicamente, sui contenuti, sulle battaglie concrete da fare, senza mettere in discussione l’autonomia politica, culturale e organizzativa delle forze che vi partecipano. Anche qui vorrei chiarire: qui nessuno propone una condizione di minorità o isolarsi – come pure ho sentito qui – in una “comunità montana”; quello che si propone è un misurarsi con la realtà e, invece di evocare suggestioni, sarebbe bene fare i conti con questa realtà, e cioè il fatto che su questioni di fondo, di strategia, c’è una differenza tra questi quattro soggetti politici che non ci consente di andare al di là di una confederazione di forze.

É su questo che dovete replicare, e non evocare le “comunità montane”! Non è una questione identitaria o nostalgica ma, come ricordavo prima, è questione tutta politica, che riemerge continuamente. Ma scusate compagne e compagni, il fatto che metà di Sinistra Democratica sia andata col PD vorrà dire qualcosa? La non partecipazione alla manifestazione del 20 ottobre allude o no al rapporto con la Cgil e la concertazione? Il rapporto con il governo e con il PD come elementi decisivi; il voto sulle missioni militari; il voto sul riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo: sono o non sono segnali delle differenze che permangono tra le diverse forze?

Ecco perchè, nonostante la passione che Alfonso Gianni ha mostrato nel suo intervento, non condivido la sua proposta: perché rimuove questi temi e propone la costruzione di una forza politica che non ha le basi strategiche per realizzarsi!

Vorrei concludere sulla campagna elettorale. Siamo posti all’interno di una tenaglia pericolosissima che si chiama voto utile da un lato e astensionismo dall’altro. Dobbiamo trovare gli argomenti per battere questi due pericoli.

Sul primo in particolare non ci sono mezze misure: noi dobbiamo spiegare che oggi il primo problema da scongiurare non è che vinca Berlusconi, ma che scompaia la Sinistra; che un voto per la sinistra è l’unico modo per impedire la costruzione di una società americana con due soli partiti sempre più simili e che, in quanto tali, non escludono di fare la ’grande coalizione’. E’ un ragionamento difficile, soprattutto perchè lo spauracchio di Berlusconi è ancora forte e fa ancora presa nel nostro popolo: nonostante la difficoltà di un simile ragionamento, non possiamo non farlo.

Da questo punto di vista attenzione a come gestiamo le alleanze locali: giusto mantenere una distinzione tra locale e nazionale; ma l’impressione è che loro ci scaricano senza pudore e noi, nonostante questo, accettiamo senza batter ciglio di allearci con Rutelli. Si rischia di dare l’immagine di una forza subalterna, senza dignità.

Le difficoltà sono tante. Abbiamo bisogno di un grande sforzo in questi 50 giorni che ci separano dalle elezioni, perché la sinistra – e quindi Rifondazione Comunista, che di questa coalizione è l’asse portante – abbia una buona affermazione: lavoriamo tutti per questo obiettivo. Poi nel congresso ci confronteremo limpidamente sulle varie opzioni in campo.