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Paolo Ferrero: "Dall’Italia via libera alla strage Processo di pace?"

Publie le domenica 28 dicembre 2008 par Open-Publishing

«Dall’Italia via libera alla strage Processo di pace? Qui è apartheid»

di Mi. Gio.

Il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, in visita a Gerusalemme

In visita ufficiale già da qualche giorno nei Territori occupati palestinesi e, da oggi, anche nello Stato ebraico dove vedrà i rappresentanti di partiti della sinistra israeliana, il segretario nazionale di Rifondazione comunista Paolo Ferrero ha seguito ieri con molta attenzione le notizie dei bombardamenti israeliani in corso a Gaza. Peraltro da un punto particolare di Gerusalemme Est, la tenda di Umm Kamel Kurd, la donna palestinese cacciata un mese fa dai coloni israeliani dalla sua casa di Sheikh Jarrah e che ora vive accampata a pochi metri dall’abitazione occupata.

Abbiamo chiesto a Ferrero di commentare quanto sta accadendo in queste ore nella Striscia di Gaza e di tracciare brevemente la sua visione di una soluzione del conflitto israelo-palestinese.

«Esprimo una condanna fermissima di questa operazione israeliana - ha detto il segretario di Rifondazione -, è stata motivata con l’idea di un impossibile attacco chirurgico ma ha già provocato tanti morti e feriti anche tra i civili. Questo attacco è stato reso possibile anche dall’atteggiamento della Comunità internazionale che è disattenta o complice. Penso, ad esempio, alle incredibili parole del ministro degli esteri Franco Frattini quando (venerdì) ha detto "Va bene una reazione di Israele, purché sia chirurgica". Si tratta di un falso, le reazioni chirurgiche non ci sono. In realtà l’Italia ha dato via libera al raid militare israeliano che non può che peggiorare la situazione».

Eppure si continua a parlare di pace possibile tra Israele e l’Anp di Abu Mazen, di negoziato interrotto ma che riprenderà dopo le elezioni israeliane del 10 febbraio. Tu che idea ti sei fatto in questi giorni girando per i Territori occupati?

Non ci troviamo di fronte ad un processo di pace interrotto ma davanti al fatto che Israele, senza dichiararlo, sta attuando e praticando una politica di costruzione dell’apartheid, con i bantustan e il muro. Quella del muro è la vera politica, perché incorpora l’idea di dividere in questa terra tra persone di serie A, di serie B, serie C. E in ogni caso i palestinesi non stanno mai in serie A. Ci troviamo perciò davanti alla messa in discussione materiale e non solo verbale della possibilità di avere due Stati per due popoli in questa terra. Siamo davanti alla pratica di un’altra situazione, in cui c’è un solo Stato, strutturato per praticare l’apartheid.

È molto diffusa, anche in Italia, e a sinistra, l’idea che i nodi del conflitto israelo-palestinese non siano più l’occupazione militare e la negazione dei diritti ma invece l’esistenza di Hamas e la sua ideologia. Tu cosa ne pensi, saresti favorevole all’avvio di colloqui con il movimento islamico?
Penso che Hamas sia contemporaneamente un effetto del blocco del processo di pace e una causa di questa paralisi.

A mio avviso sono due le strade da seguire. Una è quella del dialogo con tutte le parti in causa, quindi anche con Hamas, perché l’idea che con qualcuno non si parla è estranea alla possibilità di trovare un compromesso. I compromessi si fanno con i nemici e non con gli amici. Il dialogo deve essere con tutti e l’Europa deve lavorare e dialogare con tutti.

La seconda strada è quella della costruzione di una sinistra in Palestina e in Israele che riesca a riproporre la questione dei diritti di tutti all’interno un contesto in cui i vari fondamentalisti la fanno da padrone, tendono a polarizzare il dialogo, sia in Israele che tra i palestinesi, e concepiscono solo una logica amico-nemico e rifiutando quella della soluzione e del compromesso.