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Paradossi ideologici: violenza della non-violenza?

Publie le lunedì 24 luglio 2006 par Open-Publishing
8 commenti

Dazibao Movimenti Guerre-Conflitti

di tenebrio molitor

La non-violenza, a non avercela, non ce la si può dare. E non è detto che sia un male. In tempi in cui tutti si proclamano non-violenti (per ostentazione, per lucrare un aggio politico o solo per conformismo anticonformista, un pò come si è vegetariani) sarebbe opportuno rammentare la (desueta? ma quanto?) opzione marxiana della "rivolta del proletariato", che non è propriamente una categoria dello spirito imperniata sullo scambio di violacciocche.

Concetti come "guerra di liberazione", "difesa popolare", per arrivare a "rivoluzione" (addirittura...) presuppongono ed implicano l’uso della forza e delle armi. L’idea stessa di "diritto internazionale" postula, in quanto diritto, il possibile ricorso alla violenza monopolistica in capo all’ordinamento (statale o internazionale) quale extrema ratio per l’attuazione concreta della norma giuridica.

Insomma, la guerra è una categoria storica che non è possibile né utile rifiutare per principio: non ci sarebbero state le brigate partigiane e la lotta antifascista se si fosse aprioristicamente rinunciato all’uso dei fucili. Se ci aggiungiamo la spocchia, l’alterigia, la durezza di certi non-violenti in palese contraddizione coi propri tratti somatici (si pensi a Marco Pannella quando, con la bava alla bocca e le orecchie fumiganti, appestava di sigarette e di improperi gli interlocutori e la biosfera in nome dell’anima reincarnata di Gandhi!), allora la possibilità di dismettere il pacifismo acritico a vantaggio di una pragmatica obiettività diventa assolutamente salutare.

Insomma: la non-violenza si sta amalgamando al suo contrario, sta mutando il suo pensiero in non-pensiero (o pensiero unico che dir si voglia), violento nei risultati se non nell’apparenza. Se siamo contro la guerra di aggressione imperialista degli USA verso l’Iraq non è certo per pacifismo, ma perché individuiamo negli interessi economici e politici americani l’unico movente che sta alla base dello sterminio di vite e di libertà praticato sotto la maschera della "democrazia esportata".

In Afghanistan la questione è la stessa: occorre andarsene per non avallare le intromissioni finanziarie di Bush, per non condividerne le pulsioni all’annessione economica, il pacifismo non c’entra niente! A rischio di grande impopolarità su queste pagine, si può sostenere che la sicurezza e l’incolumità fisica di popolazioni inermi ha altrettanta rilevanza che la condanna del neocolonialismo militarizzato statunitense: che se va rigettata ogni ipotesi di collaborazione americanista, altrettanto va respinta l’ipotesi di abbandonare i civili nelle grinfie rapaci dei contrapposti interessi di potere.

Dei cittadini di Kabul votati agli alternativi massacri di bombe locali o importate, è indispensabile che qualcuno si occupi davvero! E’ evidente che questo ragionamento può essere usato come paravento per la più bieca accondiscendenza a Washington (è esattamente ciò che faceva l’ex sedicente governo italiano), ma è pur vero che dall’intransigenza ideologica hanno da perdere (la vita, soprattutto) i lavoratori, le donne, i bambini, gli anziani mediorientali, non certamente i trafficanti e i signori della guerra equivalenti a sottocloni di George W.

E’ bene che il pacifismo rifletta sui poveri e sugli ultimi, prima che su se stesso. Ciò detto, va preso atto che l’asse Bush/Olmert sta impartendo alla storia una lezione chiara sulla manipolazione della democrazia. E’ paradossale che il paladino mondiale dei brogli elettorali e dei finanziamenti occulti sostenga ed armi Israele nella sua aggressione agli eletti e agli elettori palestinesi, e che lo faccia in nome delle libertà democratiche! E’ stupefacente che l’America sia ancora e sempre l’Amerika, in caccia di prede da immolare sull’altare della propria onnipotenza e di un intangibile predominio affaristico, e che tanti mass media si prestino ovunque ad assecondare i suoi appetiti macrocoloniali.

Dopo quello del Libano, a quando il sacrificio dell’Iran, della Somalia e di qualunque sovranità sia opportuno calpestare a salvaguardia dell’assolutismo USA? Veramente l’opinione pubblica è ridotta ad onnivoro apparato digestivo in funzione dei propri succhi petroliferi, per accettare tutto questo... Allora è un’informazione reale, una divulgazione di massa delle nefande strategie israelo-americane che va posta lucidamente in atto a sinistra, molto di più che il vacuo ciangottio di una "pace" trascendente ed eterea, analoga all’idea cattolica di "grazia".

Nessuna pace scenderà per miracolo dal cielo se non la costruiranno gli uomini con le armi (dirompenti) della verità e della giustizia. Si faccia per la politica estera ciò che si sta faticosamente facendo per i fatti di Genova: ricerca, documentazione, diffusione, controinformazione, e la pace (quella vera) se ne gioverà assai più che non di fatui proclami.

Messaggi

  • Sai Tenebrio, mi viene in mente Dario Fo che all’assemblea autoconvocata a roma, prese la parola dopo aver sentito Zanotelli in diretta telefonica, e disse: abbiamo sentito non un prete ma uno scienziato. Ha dato cifre, informazioni ,non si è espresso con sentimentalismo o preghiere...
    La lettera inviata da lui oggi è una testimonianza.
    E lungi da me l’appartenenza a fedi religiose od ideologiche...
    La strada dirompente della verità e giustizia, dell’informazione libera è estremamente ripida e faticosissima, aprire le gabbie...
    Grazie di quanto hai scritto!
    Doriana

    • Mando questo breve documentino del 2000
      per due motivi, prima per ricordare al signore due post sotto
      le sue responsabilità;-)))))
      Ma sopratutto per far capire ad altri come mai poi le
      risposte individuali e collettive si evolvono.

      Molti tolgono dai loro siti
      le cose che ritengono superate noi no,
      perchè ci pare una buona documentazione storica
      del periodo che si vive far capire perchè
      poi si deventa secondo alcuni "provocatori"
      incapucciati o no.

      Era il 2000 il movimento non era stato ancora
      affossato dai non violenti per principio
      c’erano ancora possibilità di lotte sindacali, diciamo così.

      La storia di terre e paesi ai migranti per esempio
      era molto legata all’esperienza del Sud Ribelle;
      mi ricordo che con Cirillo ci dicemmo: ma qui ci sono
      un sacco di Paesi montani abbandonati, tanti casali abbandonati
      che magari vengono ristrutturati dai tedeschi per le vacanze
      perchè non eliminare i Cpt e dare terre e paesei ai migranti?

      I cpt destra o sinistri stanno sempre lì.
      Dai Cpt ormai si evade.
      E terre e casali i migranti cominciano
      a pigliarseli da soli.

      Per la Patria ai palestinesi e ai Kurdi, altro argomento
      importante, ormai è superato pure quello, ci siamo
      convinti che avere una Patria è la peggio iattura che possa esistere
      che da quando ci sono le Patrie o le parodie delle Patrie o gli abozzi delle Patrie
      "la gente" si scanna per la cazzo di Patria.

      Su la remissione del debito lascio a voi tirare le conclusioni.

      scusate l’intrusione ogni tanto.

      Ma un pò di ripasso o rinfrescamento di memoria non fa male

      Vitttoria Oliva
      L’avamposto degli Incompatibili
      www.controappunto.org

      L’ALIBI DELLA NON VIOLENZA

      alcune considerazioni sulle conclusioni dell’incontro di Massa e dintorni

      Il Documento conclusivo dell’incontro di Massa pone una discriminante ben precisa: i soggetti o associazioni che intendono aderire alla Rete di Lilliput debbono dare un’adesione incondizionata alla pregiudiziale e teorica e pratica della non violenza.
      Una tale pregiudiziale taglia di fatto fuori noi dell’Avamposto degli Incompatibili, in quanto marxisti dalla rete di Lilliput.
      Qual’è la posizione dei marxisti in merito alla violenza politica, visto che di questo si tratta, non di violenza personale e caratteriale, né della violenza degli elementi della natura, né della violenza nel furore artistico e creativo?
      La storia ci ha insegnato e tuttora ci insegna che chi detiene il potere pratica sistematicamente la violenza, tale pratica è una necessità"imprescindibile" del dominio del capitale e si dispiega in tutti i campi: da quello economico, al disprezzo per la natura e all’asservimento degli esseri viventi umani e no. Se la violenza è strutturale al dominio del capitale per le vittime di questa violenza continuamente esercitata in tutte le forme, essa è semplicemente "uno stato di necessità per autodifesa". Un esempio chiarificatore in America Latina uccisero sull’altare Monsignor Romero e insieme a lui altri preti e Monsignori: cosa è giusto fare in questo caso? lasciar impunemente scannare monsignori e preti e indios, o far capire ai macellai che è meglio per loro che la smettano? In questo caso non ricorrere all’autodifesa e al contrattacco sarebbe di fatto avallare l’autorità della violenza di chi ha il potere di esercitarla : in sostanza assumere un atteggiamento passivo verso la violenza del nemico diventa, di fatto, un atteggiamento violento, e per di più con l’aggravante di giustificare la violenza esercitata contro la classe soggetta a cui si appartiene.

      Credere di poter cambiare la storia senza rispondere alla violenza del potere è una mera illusione.

      Anche le religioni e i miti riconoscono la necessità di questo passaggio per la trasformazione e l’evoluzione della storia: Mosè il primo atto politico che fece fu quello di uccidere un egiziano che stava vessando i lavoratori ebrei.
      Gesù Cristo spacco’ a frustate quello che era il Mc Donalds dell’epoca, e trovate, se ci riuscite, uno più pacifista di lui!
      Per dirla chiara, i fautori della non violenza si riferiscono all’esperienza di Gandhi e Luther King. Riguardo a Gandhi, pur riconoscendo la sua coerenza, bisogna dire che di fatto è stato uno strumento, inconsapevole del colonialismo britannico, che scelse di concedere l’indipendenza politica all’India mantenendo il colonialismo economico del Commonwealt, sapendo benissimo che altrimenti con l’escalation militare avrebbe perso tutto. Sta di fatto che per le masse subalterne dell’India le cose sono rimaste come erano, le caste stanno ancora lì, gli intoccabili sono sempre intoccabili: questo è un esempio lampante che per attuare la non violenza si deve sempre venire a patti con chi è al potere, il quale in definitiva detta le leggi e i limiti entro cui ci si può muovere. E’ bisogna anche prendere atto che tutto si può dire oggi dell’India, tranne che sia un posto dove regni la non violenza.
      In merito a Luther King, sempre con tutto il rispetto per la sua figura e per il fatto che ha pagato di persona la sua scelta, la sua azione non violenta ha avuto un solo effetto: quello di creare una borghesia nera ben integrata a livello economico e politico, mentre la massa degli afroamericani continuano ancora a vivere in uno stato di emarginazione e di degrado e a riempire i bracci della morte.
      Questi due nobilissimi esempi, sono in effetti la testimonianza del fallimento, per la trasformazione storica, della non violenza. Che ci piaccia o no, il ribaltamento delle posizioni, il passaggio da classe sfruttata a classe liberata avviene sempre in maniera violenta.
      Questo non vuol dire che, in fase di transizione non debbano essere adoperate forme di lotta non violente: dalle battaglie sindacali, a quelle legali, a forme di boicottaggio e disobbedienza civile. Bisogna adoperarle, ma con la consapevolezza che quando si giungerà al nodo finale, i conti dovranno essere fatti in altri termini.
      La storia ci ha insegnato e ci insegna ancora che gli oppressi ricorrono alla violenza quando tutte le altre strade o possibilità di riscatto sono precluse. La pazienza e mitezza degli oppressi è veramente grande, ciò non toglie che viene ripetutamente e pervicacemente messa alla prova.
      Tattiche violente o no sono quindi semplici strumenti di lotta che non vanno né mitizzati né demonizzati. Ma scelti e adoperati secondo le necessità oggettive del momento storico in cui si opera.
      Alcuni sono convinti che questi discorsi possono essere validi per i paesi del terzo mondo, ma non per i paesi occidentali dove "vige la democrazia". In merito a questo discorso c’è da notare per prima cosa che nasconde un razzismo di fondo: in finale quelli del terzo mondo possono pure sporcarsi le mani, mentre noi civilissimi e "democratici" possiamo fare i " signori" della politica. Ma la domanda fondamentale è: esiste la democrazia nel mondo occidentale? La vicenda delle elezioni americane, al di là delle barzellette e dell’ilarità che puo’ suscitare mette sotto gli occhi di tutti che la democrazia nel mondo occidentale è un mero simulacro, e la lotta politica è in pratica tornata a un livello di scontro tribale, e non solo in Amerika. Il potere che conta è solo quello economico. FMI e BM continuano indisturbati i loro piani di mercato. Se così non fosse la crisi istituzionale del cuore dell’ Impero avrebbe gettato nel marasma non solo l’Amerika ma tutto l’occidente.
      E’ sotto gli occhi di chi vuol vedere, che l’abolizione degli stati nazione, l’annullamento di fatto delle carte costituzionali, la ridefinizione dell’Europa attraverso quello che è diventato il vero strumento di democrazia per eccellenza la GUERRA ha eliminato e sempre più eliminerà qualsiasi spazio "democratico".
      E’ fuor di dubbio che l’espansione del dominio capitalistico dell’impero unico si sviluppa attraverso le
      "Zone Franche": tali zone sono disseminate a macchia di leopardo sul pianeta intero e tendono ad allargarsi sempre di più: dalle maquilas, alle fabbrichette di scarpe del Salento dove lavorano i bambini le donne e
      gli immigrati, ai campi di pomodoro e gli aranceti del sud Italia in genere, all’edilizia che vede sempre più impegnata mano d’opera autoctona ed extracomunitaria in situazioni di sfruttamento che possono senza mezzi
      termini definirsi schiavitù. Le Zone Franche della delocalizzazione della produzione sono stabilizzate in
      paesi , come l’Amerika latina, dove sono mancanti i minimi diritti di democrazia, ma attraverso quello che è divenuto il principale vettore della loro diffusione LA GUERRA si stanno diffondendo nello stesso continente europeo
      dai paesi dell’ex aerea dell’unione sovietica ai Balcani: in Europa queste "Zone Franche" vengono, invece acquisite col pretesto dell’instaurazione di una pelosa e falsa democrazia, che poi nella realtà vediamo che è criminalità legalizzata: dal traffico di droga ed armi, a quello degli esseri umani per lo schiavismo di questo tanto decantato nuovo millennio, per giungere fino al traffico di neonati come è stato denunciato da don Cesare Lodeserto del centro di accoglienza "Regina Pacis" di S. Foca.
      E’ chiaro quindi che i destini degli sfruttati del Nord e del Sud del mondo sono intimamente legati, e che Nord e Sud sono diventati ormai dei termini trasversali, che non significano più luoghi geografici, ma situazioni di degrado abbrutimento e schiavitù per l’intero popolo dei diseredati del pianeta.
      La distinzione fra mondo occidentale e paesi del terzo mondo, quindi per le classi subalterne diviene sempre più aleatoria, e aleatorio diviene di conseguenza il discorso di "possibilità di adoperare strumenti di lotta non violenti". Da quanto detto è chiaramente pretestuoso il discorso di chi dice che in Europa non si deve adoperare la violenza, in quanto in Europa c’è la democrazia. Occorre ribadire che l’uso o meno della violenza è legato alle condizioni di
      evoluzione della lotta, certo l’Europa non è un’isola felice, ma tutt’altro: c’è una guerra in atto in un punto nodale: I Balcani, c’è una turchizzazione in atto destinata a portare gli stessi sfaceli che vediamo in Palestina, c’è uno sfaldamento degli stati nazionali, che sono sostituiti da una sovrapolizia europea a guida dei paesi forti e ricchi, c’è un rinascente nazismo e xenofobia. Questo è il quadro che abbiamo davanti, i fatti sono questi, fino a quando il nemico, l’impero totale ci consentirà di poter rispondere con armi pacifiche non lo possiamo dire.
      Certo è che se non ci impegniamo su alcuni punti fondamentali la situazione può degenerare, verso forme di violenza difficilmente dominabili dalla ragione della politica.
      I punti che noi proponiamo sono:
      Reddito di cittadinanza universale e generalizzato;
      Cancellazione incondizionata di tutto il "debito" per i paesi del sud;
      Equa ridistribuzione delle risorse;
      Difesa del pianeta terra senza che questo comporti una ulteriore arretratezza dei paesi del terzo mondo;
      Tutela della dignità del lavoro e abolizione dello sfruttamento minorile;
      Chiusura dei centri di detenzione temporanea, smilitarizzazione dei confini, e inserimento dei migranti nei Paesi e Terre destinate all’abbandono al degrado;
      Diritto all Patria per il popolo Palestinese;
      Diritto alla patria per il popolo Kurdo.

      Vittoria de
      L’Avamposto degli Incompatibili

    • In ogni caso se si fa riferimento a Marx
      è d’uopo non ammischiare i parametri.

      LA GUERRA in ogni caso va respinta
      e nessuna giustificazione va trovate
      per LA GUERRA in quanto è l’apice
      della VIOLENZA del potere.

      La Guerra che fanno i proletari
      si chiama GUERRIGLIA
      e non si fa nelle aule del parlamento
      avvallando le ragioni della GUERRA!

      La GUERRIGLIA è quella che stanno
      facendo i palestinesi e in cui si sono
      impantanti i militari israeliani.

      Non tiriamo fuori categorie marxiane
      per giustificare i voti alla camera e al senato
      suvvia!

      vittoria

    • noi, nel nostro piccolo
      rispondiamo con documenti
      ne stiamo giusto finendo uno
      quando manderemo il lnk se ti va puoi discuterne
      vittoria

    • ammetto che questa tua sulla menapace
      ora ribattezza menaguerra è un’ottima battuta,-))))))

      ma resta solo una battuta.

      Chiedilo tu a Menapace cosa ne pensa
      io penso che non ha perso qualsiasi
      autorevolezza morale per parlare di pace.
      vittoria

  • Ho letto con molto interesse l’articolo ed anche le risposte,certo si può essere pacifici,più che pacifisti,contro la o le guerre fino a quando si può ma è evidente che ci sono momenti storici in cui la lotta non violenta non è semplicemente possibile.Chi,come me,in mezzo alla violenza degli anni 70 ci è cresciuto certo non la ama ma comunque non ne esclude in assoluto l’uso
    nei momenti di estremo scontro sociale,politico e come modo limite per liberarsi da un qualsiasi eccesso di autoritarismo.
    http://carlo-carlo.blogspot.com/