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Parla Carlo Taormina - Bush Sr. e Bin Laden amici per la pelle
Publie le domenica 13 marzo 2005 par Open-PublishingPARLA CARLO TAORMINA
Lunedì 28 febbraio. Ore 19,30. Incontriamo il deputato di Forza Italia Carlo Taormina nel suo studio romano di via Cesi, a due passi dal Palazzaccio. Ha accettato di raccontare alle telecamere del settimanale d’inchiesta Il Sole a Mezzanotte, in onda su Canale 10, dettagli sull’incarico appena assunto di entrare nel collegio difensivo di Saddam Hussein. E promette di aggiornarci, con la consueta chiarezza e disponibilità, anche sullo stato dei lavori della commissione Ilaria Alpi, che presiede in Parlamento e che era stata recentemente al centro di polemiche. Giuliana Sgrena è ancora nelle mani dei rapitori.
Nel corso della lunga intervista, registrata dai giornalisti della Voce con una telecamera digitale, il discorso cade sui rapimenti in Iraq. E Taormina, ricordando il caso Moro, rivela che per le due Simone era stato pagato un consistente riscatto. E’ la prima volta che un autorevole membro della maggioranza rilascia affermazioni così nette sull’argomento. Aggiunge che per Enzo Baldoni «non si fece in tempo. Per Giuliana Sgrena la trattativa è in corso».
Giovedì 3 marzo. Ore 21. Dopo il consueto lancio alle agenzie dei contenuti della puntata, mentre stiamo montando le immagini dell’intervista a Taormina per la diretta televisiva del giorno dopo, veniamo raggiunti da un messaggio: quella parte dell’intervista non deve andare in onda. Il momento è delicatissimo e potrebbero essere compromessi passaggi decisivi nell’operato del Sismi in favore di Giuliana.
Il pomeriggio del giorno successivo, mentre ancora nessuna notizia sulla sorte della giornalista era stata resa nota, un funzionario dei Carabinieri raggiunge gli studi di Canale 10 per acquisire una copia del materiale filmato che andrà in onda. Avevamo naturalmente tagliato la parte dell’intervista relativa ai riscatti, per il rispetto e la prudenza dovuti alla trattativa, secondo quanto ci era stato comunicato. La copia della cassetta viene consegnata al militare.
Meno di un’ora dopo giunge la notizia della liberazione di Giuliana e le prime, confuse ricostruzioni sull’incidente. Le ragioni di riservatezza cadono. E la trasmissione va in onda con l’aggiunta delle dichiarazioni di Carlo Taormina sui riscatti. Non si tratta, comunque, dell’unica rivelazione contenuta nella franca e coraggiosa intervista filmata. Tanti i particolari su altre vicende connesse, finora del tutto inediti. A cominciare dagli amichevoli rapporti tra Bush senior e Bin Laden. E dalla pista islamica nell’omicidio di Ilaria Alpi. Ancora, l’attentato al Papa, i misteri di Alì Agca. E notizie sui componenti del team internazionale di legali a difesa di Saddam Hussein, impegnati nel processo del secolo. Un processo che già si annuncia molto a rischio: il 2 marzo, tanto per cominciare, in un attentato è saltato per aria il capo della giuria che dovrebbe giudicare Saddam.
«Un processo molto rischioso - esordisce Taormina - anche per questo ho avuto più ripensamenti prima di accettare l’incarico».
Come mai hanno pensato a lei? Come l’hanno contattata?
La cosa risale ad alcuni mesi fa. E’ stato padre Benjamin a contattarmi, a sua volta sollecitato da una delle figlie di Saddam. Dissi che non ero interessato, avevo molti pressanti impegni di lavoro da fronteggiare. Poi sono tornati alla carica, ho cominciato a rifletterci. Intanto, alcuni personaggi italiani stavano cercando di alimentare zizzania, forse per fare in modo che io non accettassi. Ad un terzo contatto, infine, ho detto di sì.
Cosa l’ha convinta?
Ho parlato con il coordinatore del collegio difensivo, e poi anche con la figlia di Gheddafi, che fa l’avvocato. La vicenda di Saddam mi intriga. Soprattutto per i tanti nodi processuali da fronteggiare: per questo la mia sarà soprattutto una difesa ‘tecnica’
Quali sono i risvolti processuali più significativi?
Molti, e tutti con un denominatore comune, che si possa svolgere un processo legale, un processo vero, non una farsa. Proprio per questo, in primo luogo, l’idea che Saddam possa essere giudicato a Baghdad dal tribunale dei vincitori è assolutamente inaccettabile. Non si capisce come mai, per casi analoghi, sia stato usato un metro del tutto differente: pensiamo a Milosevic e al tribunale dell’Aja, ma non solo a lui. Esiste poi il problema della libertà personale: dal momento della cattura il raìs non ha più potuto vedere nessuno, né un familiare né un legale. E’ inconcepibile.
Quali sono attualmente le condizioni di salute di Saddam Hussein?
Sicuramente tali da rendere complicato lo svolgimento del processo. E’ un problema che si pone, anche se si riescono a superare i tanti nodi procedurali. Che non sono finiti. Gli altri? E’ semplice. In un paese come l’Iraq ora non vale più la legge di prima e non si sa quindi quali leggi applicare. Se non vale il vecchio codice, a quale far ricorso? E’ assolutamente necessario varare un pacchetto di norme di garanzia.
E’ solo il dato ‘tecnico’ ad averla spinta in questa decisione, appena maturata?
No. È il principale ma non è il solo. La storia mi intriga. Mi intriga il fatto di patrocinare un uomo prima creato e osannato dall’America e dall’Occidente in genere, poi vituperato e abbattuto. Perfino dopo la prima guerra del golfo i rapporti tra gli Stati Uniti e il rais si sono mantenuti buoni. Una storia, del resto, niente affatto nuova.
Ad esempio?
Sono molto amico di Loredana Bertè. Nei suoi frequenti viaggi negli Stati Uniti, ai tempi del matrimonio col famoso tennista svedese Bjorn Borg, Loredana era solita frequentare casa Bush. Vi andava spesso a pranzo o a cena. E fra i commensali più assidui di Bush senior vi era Bin Laden. Era proprio quella l’epoca in cui Bin Laden metteva su, per conto degli Usa, i campi di addestramento in Afghanistan e in Somalia.
La Somalia ci porta all’inchiesta sull’omicidio di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin. Lei presiede da alcuni mesi la nuova commissione d’inchiesta per far luce su quel caso. Dopo un inizio battagliero, secondo alcuni avete poi preso un’altra strada...
No. Stiamo indagando a 360 gradi. Dalla pista dei rifiuti tossici e radioattivi a quella del traffico delle armi, che mi sembra la più forte, anche per la mole dei materiali investigativi raccolti. Senza tralasciare la pista islamica.
In che senso?
Non è da escludere che Ilaria Alpi stesse indagando proprio sui campi di addestramento impiantati da Bin Laden, per conto degli Usa, in Somalia, quattro quelli identificati. E sono addirittura 93, in un ristretto arco di tempo, le visite di bin Laden segnalate in Somalia.
Ma le indagini di Ilaria si allargavano su diversi fronti...
E’ proprio questo il problema. La Alpi cercava piste in diverse direzioni, dalle armi ai rifiuti agli affari della cooperazione fino alla condizione delle donne islamiche. Proprio per questo, potrebbero esserci più cause, più moventi. In quel periodo, poi, anche il solo inizio di un’inchiesta dava fastidio, creava allarme. Potevi aver saputo, qualcuno di poteva aver detto. Insomma, non c’è un elemento univoco, nella vicenda, possono addirittura esserci alcune concause.
E gli islamici, allora, cosa c’entrano?
Potrebbero essere stati la manovalanza. Nel senso che in quel territorio poco o nulla si muoveva senza l’assenso delle corti islamiche, delle bande armate che potevano decidere se ammazzarti oggi o domani. Gli esecutori, in sostanza, potrebbero essere ‘locali’, pagati per il loro lavoro. Mentre i mandanti possono essere i trafficanti, di armi o di rifiuti.
A proposito, la pista Jolly Rosso tirata fuori di recente dall’Espresso?
Una bufala. Una autentica bufala.
Ritiene che padre Benjiamin possa essere in contatto coi rapitori di Giuliana Sgrena?
No, non credo. Il contatto lo ha il governo italiano e la trattativa è in corso. Ricordo che esiste una legge dello Stato pensata per scoraggiare i sequestri che blocca i beni del rapito. Invece l’Italia è diventata il Paese della cuccagna... Per le due Simone abbiamo pagato molti soldi. Conosco la cifra. Per Baldoni non abbiamo fatto in tempo ma avremmo pagato. E per la giornalista italiana del Manifesto stiamo trattando. Io vorrei ricordare che le cifre pagate per i riscatti servono a finanziare i kamikaze. E voglio ricordare il partito della fermezza nella trattativa per la liberazione di Aldo Moro. E la legge sui sequestri. Io capisco il dolore. Ma tanti rapiti hanno fatto una brutta fine.
Lei è sicuro che Enzo Baldoni sia morto, visto che del suo corpo non è mai stato ritrovato un frammento?
Ho sempre avuto dei dubbi. Comunque il corpo lo stanno cercando...
Altro capitolo, quello dell’attentato al Papa, mai chiarito dopo anni e anni di indagini. Lo ha ammesso lo stesso pm, Rosario Priore. Ora Alì Agca chiede al Vaticano si svelare il terzo segreto di Fatima e l’identità dell’anticristo...
Si tratta di un esaltato. Del resto l’esaltazione è una componente di certe frange del fondamentalismo islamico. Pista bulgara? Pista turca? Servizi segreti occidentali? Purtroppo, siamo quasi al punto di partenza. Si sa chi è l’esecutore ma poco altro. Non è stato accertato il contesto internazionale in cui è stato progettato l’attentato. Certo, il libro del Papa appena pubblicato è la conferma di una pista, quella dell’est. Bulgara o tout court sovietica fa poca differenza.
di Andrea Cinquegrani
www.lavocedellacampania.it/detteditoriale.asp?tipo=inchiesta1&id=36




