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Parla la gente della valle. Tante voci, un solo no
Publie le mercoledì 7 dicembre 2005 par Open-PublishingMolto prima che l’Italia si accorgesse di Pietro Lunardi, i NoTav c’erano già: erano cinque, nel 1992, davanti al primo Tgv passato in valle con a bordo il presidente Fs Lorenzo Necci; sono diventati 70 mila alla manifestazione della settimana scorsa.
di Claudio Jampaglia
Molto prima che l’Italia si accorgesse di Pietro Lunardi, i NoTav c’erano già: erano cinque, nel 1992, davanti al primo Tgv passato in valle con a bordo il presidente Fs Lorenzo Necci; sono diventati 70 mila alla manifestazione della settimana scorsa. Per questo è grande la rabbia dei valsusini contro il ministro delle grandi opere che li ha definiti «gente che non ha di meglio da fare che contestare l’alta velocità». Ma anche Mercedes Bresso, la presidente del Piemonte che ha definito «ostaggi» i 37 sindaci schierati contro il progetto e «disinformati» i cittadini, non se la passa meglio da queste parti. Il problema è che questa storia «di popolo» potrebbe sfociare molto presto in uno scontro campale. A Venaus, in Val Cenischia, il prossimo 30 novembre inizieranno gli espropri dei terreni per i primi scavi. I sindaci dell’alta e bassa valle saranno tutti lì, con i consigli comunali, i comitati, i sindacati. Se nella «battaglia del Seghino» del 31 ottobre, tra sentieri in altezza, i blocchi della gente per impedire l’inizio dei sondaggi erano finiti con qualche manganellata, che cosa succederà nel campo aperto di Venaus? I fanti sabaudi che con i valdesi sbarrarono la strada ai francesi al colle dell’Assietta nel 1747 vennero chiamati i «bogia nen», quelli che non si muovono, che non arretrano. Meglio non dimenticarlo.
Il leghista e la comunista. Mauro Carena e Nicoletta Dosio hanno quasi sempre combattuto su diverse barricate. Ex sindaco di Moncenisio e ora presidente della Comunità montana alta valle (con Sestrière, Bardonecchia, Salice...), Carena ha simpatie leghiste e vorrebbe inserire il piemontese tra le lingue delle Olimpiadi invernali, «ma per favore non dite che sono di destra», dice. «Qui la gente non vuole capi, né padroni, non si fa mettere nessun cappello in testa. Semplicemente siamo di qui, abbiamo proposte alternative. Il nostro non è un no ideologico, ma è una bocciatura del progetto, il sistema-valle non è a compartimenti stagni e va preservato nella sua eccellenza». Ovvero: con dieci anni di cantieri, ad andare bene, chi verrà a fare vacanze su da noi? Nicoletta Dosio, invece, non ha di queste preoccupazioni, insegna al liceo scientifico di Bussoleno per cui si è battuta, come ha fatto contro l’autostrada, l’elettrodotto, lo smantellamento del polo ferroviario. Sempre in prima fila, sempre rompiscatole, anche per il suo partito (Rifondazione). La sera la si trova con il compagno della vita Silvano Giai alla Credenza, una «casa del popolo» ispirata a Dolcino da Novara dove si mangia bene e si incontrano i protestatari della valle. «La vocazione della valle è sempre stata quella di una zona di passaggio, ma ora la vogliono rendere un corridoio senza vita per far passare i magazzini viaggianti del capitalismo globale».
Il prete e il partigiano. In valle a ogni incrocio sono bandiere e grandi scritte «NoTav» sui lampioni e in mezzo ai pascoli. Gente comune, come Luna col piccolo Eugenio in corteo in passeggino: «Qua ci conosciamo tutti, è questa la nostra forza, non solo da oggi. Sono anni che ci sono i lavori e che non sappiamo che cosa respiriamo». Salendo a Mompantero, il paese dove è in funzione l’unica trivella, s’incontra Laura, l’assediata: «Per uscire di casa devo fare vedere i documenti ai carabinieri, al ritorno idem. Loro si alternano e io ogni volta devo spiegare chi sono, dove vado e perché. Non si può vivere in questo modo». A fianco di questa gente ci sono tanti preti e frati, come padre Beppe Giunti, del convento di Susa: «Non siamo davanti alla solita storia di difesa locale, tutta questa gente chiede rispetto. Chi vuol fare un’opera a casa mia, deve venire da me e convincermi. Invece hanno deciso da soli, lasciandoci il rosmarino amantifero». Il comandante partigiano Ugo Berga, commissario della 106a Garibaldi (tra le prime formazioni della Resistenza italiana), dice le stesse cose: «Qui non ci ascoltano. Succedeva anche durante la Resistenza di non essere in sintonia con la politica, ma abbiamo lottato. Oggi come ieri, cittadini e lavoratori sono uniti e anche se trovassero la Nutella nella montagna invece dell’amianto saremmo contro, per la loro arroganza, per la mancanza di rispetto». Come loro la pensano i pompieri, il coordinamento dei medici della Val di Susa, gli agricoltori...
Viva, viva, la ferrovia. A Bussoleno i treni per la Francia si fermavano per attaccare un secondo locomotore per la salita fino a Modane. «Qui c’era un deposito, l’officina e la scuola macchinisti», racconta Gino Bar, macchinista dal 1965 e migliaia di valichi sulle spalle. «Eravamo 900 ferrovieri in paese, di cui più di un terzo venivano da fuori». Adesso rimane poco o niente, il polo è stato smantellato e trasferito a Orbassano. Gino discute con tutti al dopolavoro ferroviario e alla bocciofila: «Sono un ferroviere e figurati se non sono orgoglioso a vedere treni che battono gli aerei, ma qui si tratta di ben altro». E giù a spiegare le pendenze della tratta, la differenza tra merci e passeggeri. E Barbara De Bernardi, insegnante di religione e sindaca di Condove: « Questa Tav fa male anche alla ferrovia che si vede tagliare risorse enormi per favorire una sola opera interamente finanziata con denaro pubblico». Di compensazioni gli amministratori non vogliono sentir parlare: «Sono 15 anni che invitiamo i poteri a confrontarsi con noi». De Bernardi continua a scrivere a Mercedes Bresso chiedendole un confronto senza televisioni, con i progetti sul tavolo, guardandosi negli occhi e dicendosi la verità. Spera in una risposta che per ora non c’è stata: perché nessuno si è ancora confrontato con le proposte della valle? Comune e Provincia di Torino, Ds e Cgil non sono interessati a conoscere le ragioni della loro gente in Valsusa?