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Parole, parole, parole

Publie le domenica 14 ottobre 2007 par Open-Publishing

PAROLE PAROLE PAROLE

Il « PROTOCOLLO SU PREVIDENZA, LAVORO E COMPETITIVITA’ PER L’EQUITA’ E LA CRESCITA SOSTENIBILI » , siglato il 23 luglio 2007 dai sindacati CGIL, CISL, UIL, UGL dalla Confindustria e dal Governo italiano viene presentato dai suoi firmatari ed dai suoi, sembra, numerosi sostenitori, come uno strumento per il miglioramento delle condizioni economiche e sociali di lavoratori e pensionati.

Nella prima metà delle sue oltre 30 pagine, il documento parla di incremento delle « pensioni basse », accesso al pensionamento anticipato, lavori usuranti, razionalizzazione di Enti, finestre pensionistiche, coefficienti di trasformazione, misure previdenziali per i giovani, interventi previdenziali per lavoratori immigrati extracomunitari, cumulo fra redditi di lavoro e pensione, applicazione di un contributo di solidarietà per gli iscritti ed i pensionati dei fondi speciali.

Nella seconda metà si parla del progetto di riforma degli ammortizzatori sociali, di trattamento di disoccupazione, di integrazione al reddito, di mercato del lavoro e dunque di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di contratti a termine, di lavoro a tempo parziale, di staff leasing e lavoro a chiamata, di lavoro a progetto, di lavoro occasionale di tipo accessorio, di disabili, di agricoltura, di appalti, di edilizia e di cooperazione, di competitività e quindi di sgravi del costo del lavoro per incentivare la produttività di secondo livello, di detassazione del premio di risultato, di straordinari, di giovani e donne e dunque di misure di sostegno del reddito dei lavoratori con carriere discontinue e in disoccupazione, di misure per il reddito e l’occupazione, di misure previdenziali, di interventi in materia di cumulo di tutti i periodi contributivi, di interventi in materia di riscatto della laurea, di interventi in materia di previdenza per i parasubordinati.

Secondo i protagonisti del negoziato, questo complesso di misure servirebbe sostanzialmente ad aumentare le pensioni più basse, a detassare straordinari e premi di produzione, a migliorare le prespettive pensionistiche dei giovani con lavori discontinui, a diluire l’aumento dei contributi pensionistici, a riconoscere i diritti degli addetti a lavori usuranti, ad aumentare l’indennità di disoccupazione.

L’accordo é stato sottoposto nei giorni scorsi a referendum e, secondo i dati resi noti dalle centrali sindacali che lo hanno organizzato, oltre 5 milioni di attivi ed oltre 1 milione di pensionati si sono espressi in una percentuale superiore all’80% per il SI’ ed inferiore al 20% per il no.

L’euforia degli organizzatori per un risultato ottenuto, fra l’altro, grazie a regole di consultazione criticabili, sorvola sul fatto che nelle grandi fabbriche, specie metalmeccaniche, ha vinto largamente il NO : significativo il fatto che alla FIAT ed alla FERRARI, le aziende del presidente di Confindustria, Montezemolo, l’accordo sia stato sepolto sotto una valanga di NO.

In realtà si tratta semplicemente dell’ennesimo accordo-bidone e la sua sostanza é già stata denunciata dalla sinistra dello stesso schieramento governativo, il Partito della Rifondazione Comunista e quello dei Comunisti Italiani, ad esempio, che difficilmente potranno votarlo pena il loro definitivo discredito fra i loro elettori e, in generale, la loro base sociale.

Già negli anni 90 il mondo del lavoro ha sperimentato la portata ed il significato di accordi come quello sul costo del lavoro, l’abolizione della scala mobile, la riforma delle pensioni del governo Dini - sostenuto anch’esso da un’alleanza di centro-sinistra - la riforma del TFR : si tratta di altrettanti esempi della totale inversione di senso della parola « riforma ».

Fino agli anni 70, la parola riforma significava progresso, miglioramento, persino cambiamento strutturale : dalla riforma delle carceri a quella dei manicomi, da quella degli affitti a quella delle pensioni, dalla riforma della sanità a quella dei codici, la parola veniva associata alla conclusione vittoriosa di una lunga battaglia per acquisire migliori condizioni economiche e sociali.

I tempi, ahimé, sono cambiati : oggi la parola « riforma » é associata ad un regresso, piuttosto che ad un progresso, ad un peggioramento piuttosto che ad un miglioramento.

Quando si parla di riforma della sanità si intende aumento e non riduzione del suo costo a carico del cittadino, riduzione e non aumento delle prestazioni alle quali ha diritto.
Quando si parla di riforma dei rapporti di lavoro, cio’ non significa ridurre e men che mai abolire il lavoro precario, ma aumentarlo, diversificarlo, generalizzarlo.
Quando si parla di riforma delle pensioni, cio’ non significa ridurre gli anni di contributi necessari ad ottenere una pensione od aumentarne l’entità, ma esattamente il contrario.

Le uniche riforme alle quali é interessato il mondo del lavoro, quello stabile e quello precario, quello « a contratto » e quello « a nero » quello dei « nazionali « e quello dei migranti, quello dei giovani e quello dei minori, quello delle donne e quello dei diversamente abili sono semplici e non hanno bisogno di tante parole che, piuttosto che a dire la verità, servono a nasconderla.

Sintetizzando al massimo :
1. Aumento dei salari e delle pensioni più bassi e taglio di quelli più alti con contemporaneo aggancio al costo della vita ;
2. Riduzione delle tasse a carico del lavoro dipendente
3. Riduzione dei tetti di lavoro straordinario per facilitare l’assunzione dei giovani
4. Riduzione e non certo aumento degli anni di contributi per avere una pensione, in particolare per chi fa lavori usuranti, per ridurre, fra l’altro, la disoccupazione giovanile.
5. Riduzione e non aumento del lavoro precario

Tuttavia, in tempi come i nostri, dove le guerre diventano « operazioni di polizia internazionale al nobile scopo di esportare la democrazia» e persino i bombardamenti diventano umanitari, come meravigliarsi se le riforme sono diventate controriforme ?

La resistenza, evidentemente, continua.

Parigi, 13 ottobre 2007

Giustiniano Rossi