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Parte la campagna d’inverno contro le pelliccie
Publie le venerdì 7 novembre 2008 par Open-Publishingdi Gualtiero Crovesio
Inizia la stagione fredda e, come ogni anno, tocca assistere al proliferare di capi in pelliccia. Alcuni integrali, vecchio stile. Altri, la maggior parte, contenenti singoli inserti di pelo animale, così come la moda suggerisce da alcuni anni. Ma la moda non è entità astratta, e a farla solo nomi e cognomi dietro cui si celano marchi e stilisti - di cui gli italici Dolce e Gabbana o Giorgio Armani sono solo alcuni tra i tanti tristi esempi - che all’alba del 2009 continuano a proporre capi in pelliccia in tutte le fogge, come se non esistessero alternative. Ed ecco quindi le nostre strade d’inverno trasfigurarsi in una sorta di annuale macabra rievocazione dell’età della pietra, con la differenza che, i nostri lontani antenati cavernicoli, alternative per il proprio abbigliamento proprio non ne avevano.
I dati e le immagini forniti dalle organizzazioni animaliste sugli allevamenti di animali "da pelliccia" denunciano una realtà fatta di decine di milioni di soggetti allevati e abbattuti ogni anno al solo scopo di alimentare la vanità dei tanti che a questo crudele "sfizio" non rinunciano. In Europa, la produzione di pellicce era calata, in seguito alle forti campagne di pressione attive già negli anni ’80. Tuttavia, la trovata dell’esternalizzazione della produzione occidentale, specialmente in Cina, da cui proviene oramai gran parte della "materia prima", ha poi favorito una ripresa di questo mercato, generando la vendita di questi prodotti tra gli scaffali nostrani a prezzi quanto mai accessibili. Questo è stato possibile per via dei bassissimi costi di produzione ottenuti grazie all’assenza di tutele per i lavoratori cinesi, oltre che al livello-zero di norme a protezione dell’ambiente e degli animali. Il che significa ad esempio che, per ridurre al massimo i costi, le vittime vengono anche scuoiate vive e lasciate agonizzare per diversi minuti. Questo per eliminare anche le spese per il gas letale o le scosse elettriche. La Cina è diventata così, negli ultimi dieci anni, uno dei maggior produttori di pellicce al mondo, sfornando nel 2005 nei suoi allevamenti qualcosa come 8 milioni di pelli di visone - secondi solo ai 12.9 milioni della Danimarca - e 3,5 milioni di pelli di volpe, scalzando il poco invidiabile primato finlandese, per citare solo i dati più eclatanti.
A ordinare questo massacro sono però i produttori occidentali e a finanziarlo, più o meno consapevolmente, sono gli acquirenti del prodotto finale.
E’ a questi soggetti che si rivolge dal 2004 la campagna AIP - acronimo di Attacca l’Industria della Pelliccia, che fa il verso a quello dell’Associazione Italiana Pelliccerie - e in particolare punta alle catene della grande distribuzione, con lo scopo di indurle a cessare la vendita di pellicce. La campagna è animata da soli attivisti di base, che da anni si mobilitano in molte città d’Italia, presidiando in maniera non violenta, ma appassionata e costante, alcuni importanti punti vendita dell’abbigliamento, distribuendo volantini, parlando e informando le persone, addirittura incatenandosi alle porte di ingresso di alcuni grandi magazzini. Una campagna che, a dispetto del suo carattere autorganizzato, è tutt’altro che dilettantesca, e si fonda su una strategia ben precisa: «Puntare su un unico settore della catena dello sfruttamento degli animali - come racconta Marco, attivista fiorentino - fino ad ottenere l’esclusione definitiva delle pellicce da tutte le catene della grande distribuzione».
E aggiunge: «Pur con un’organizzazione di base, in questi anni siamo stati capaci di creare una rete nazionale di gruppi attivi in ogni territorio e di essere presenti in diverse piazze d’Italia con centinaia di iniziative e proteste anti-pellicce. Per salvare gli animali negli allevamenti e fermare questa strage c’è però ancora molto lavoro da fare». Se è vero che molto c’è da fare, sorprendono tuttavia i risultati prodotti fino ad ora dalla campagna AIP, che ha costretto alla stipula di accordi per la progressiva dismissione di ogni capo in pelliccia grandi gruppi quali Rinascente, Upim, Coin, Panorama, Carrefour, Oviesse, Stefanel, Siwty, Diesel e Belstaff. «Ora le nostre attenzioni - dichiara Marco - sono già dedicate alla catena Bennet. Inoltre, dalla prossima settimana inizierà una nuova campagna internazionale indirizzata al gruppo Max Mara».
E, per quanto riguarda invece il fronte delle associazioni, domani a Roma ci sarà la Manifestazione nazionale contro le pellicce, che vedrà in campo sigle del calibro di Oipa, Lav, Animalisti Italiani, Lac, oltre a tante altre. Partenza da Piazza della Repubblica alle 14.30. E’ iniziata la stagione fredda, ma per i pellicciai italiani paiono profilarsi tempi sempre più bollenti.