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PeaceLink : giustizia per Nicola Calipari, giustizia per l’Iraq

Publie le martedì 8 marzo 2005 par Open-Publishing

Comunicato Stampa - associazione PeaceLink

C’e’ solo una cosa peggiore della morte di Nicola Calipari: la
vuota retorica che circonda la sua scomparsa, e l’ipocrisia con
cui i nostri potenti chiedono delle "scuse" come si fa quando
per sbaglio qualcuno rovescia un po’ di vino sulla tovaglia o fa
cadere un bicchiere per terra.

Oggi non e’ piu’ tempo di ipocrisie, non e’ piu’ tempo di parole
vuote. Oggi e’ tempo di giustizia, per la famiglia Calipari e
per tutte le famiglie irachene che hanno perso padri, madri,
figli, figlie, fratelli e sorelle a causa della nostra
sciagurata violenza, a causa di una guerra che doveva servire a
rintracciare bombe atomiche, poi a stanare un dittatore, poi a
riempire dei seggi elettorali, ma in realta’ e’ servita
solamente a uccidere, gettando semi di odio che hanno
trasformato l’Italia, un popolo amico del mondo intero, in
sessanta milioni di bersagli mobili presi di mira nel fuoco
incrociato tra la violenza degli insorgenti e quella degli
occupanti.

Non ci bastano le scuse o le finte parole grosse di convenienza
per sentirci soddisfatti e degnamente rappresentati da chi ci
governa: chiediamo che gli Stati Uniti d’America, e tutti i
governi che a vario titolo hanno appoggiato le loro guerre di
aggressione e le successive occupazioni militari, vengano
giudicati da un tribunale internazionale indipendente per tutti
i crimini di guerra commessi dagli eserciti che occupano l’Iraq,
l’Afghanistan, il Kossovo e tante altre zone del mondo
violentate con posti di blocco dove prima si spara e poi si
fanno domande.

Chiediamo giustizia, e non vendetta, per dare un senso a questa
tragedia, a questo dramma che ci restituisce il senso e la
profondita’ di tutta la morte e la distruzione che gli eserciti
"alleati" hanno seminato in tutto l’Iraq.

Volevamo salvare una vita umana, e a migliaia ci siamo
mobilitati per questo. Qualcuno ha premuto un grilletto per dire
di no ai nostri progetti, e una raffica di morte ha strappato
alla vita un uomo giudicato sommariamente e condannato a morte
dallo stesso tribunale che oggi giudica la vita e il destino di
milioni di cittadini iracheni.

La morte di Nicola Calipari e’ solo l’atto finale di una
violenza che dura da anni, e che calpesta tutte le regole del
diritto internazionale, le convenzioni di Ginevra, i codici
militari e perfino le piu’ elementari regole di umanita’.

Chiediamo che gli assassini di Nicola siano portati davanti ad
un tribunale assieme a tutti gli assassini in divisa e in
doppiopetto che non possono piu’ nascondere le loro azioni
criminali dietro il pretesto della "difesa" di un popolo.

Chiediamo che sia fatta giustizia anche all’interno del nostro
paese, e che i crimini di guerra commessi dai governanti di ogni
colore non vengano piu’ considerati un "errore politico", ma una
responsabilita’ penale che dovra’ ricadere su tutti coloro che a
vario titolo hanno disposto azioni di morte portando bombe e
sterminio fuori dai confini del nostro Paese.

Siamo stanchi di parole vuote, equilibrismi politici, teatrini
televisivi, ipocrisie e retorica. Oggi vogliamo sentire parole
vere, e non le vogliamo da politici con le mani sporche di
sangue che fingono indignazione a comando, ma da un tribunale
chiamato a giudicare gli assassini di Nicola Calipari, magari
proprio quella Corte Penale Internazionale che gli Stati Uniti
d’America si ostinano a rifiutare considerando la democrazia
come un prodotto destinato alla sola esportazione.

Oggi chiediamo parole vere. Un uomo ucciso senza motivo dalla
follia della guerra non e’ un "eroe" che va celebrato con vuote
medaglie, ma una VITTIMA di un’assurda occupazione militare che
stronca ogni giorno decine di vite, un’aggressione armata che si
scontra ogni giorno con il NO alla guerra che milioni di persone
in tutto il mondo continuano a ripetere con le parole della
nonviolenza.

Secondo il vocabolario un eroe e’ una persona che "mostra
straordinario valore guerresco o è pronto a sacrificarsi
coraggiosamente per un ideale". Non c’e’ stato nessun valore
guerresco nei gesti di Nicola Calipari, ma solo il valore umano
di chi ha voluto operare per la vita e contro la violenza. La
sua vita non e’ stata donata volontariamente in sacrificio per
un ideale, ma e’ stata stroncata assurdamente dalla totale
assenza di ideali, di valori e di dignita’ che guida le azioni
delle truppe di occupazione statunitensi.

Non c’e’ eroismo nell’agnello mandato al macello che si trova
improvvisamente davanti al suo carnefice: e’ il macellaio ad
essere un vigliacco, e riempirsi la bocca di vuota retorica
militaresca sul sacrificio eroico non servira’ a consolare una
vedova e due orfani, non riportera’ in vita un uomo onesto, non
servira’ a nascondere che il punto del discorso non e’ l’eroismo
delle vittime ma la codardia, la violenza, il cinismo, la
freddezza e l’inestinguibile sete di sangue dei carnefici.

Un omicidio a freddo ad un posto di blocco non e’ un "tragico
errore", ma un CRIMINE DI GUERRA che deve essere perseguito con
tutte le nostre forze, un crimine che ci chiama all’azione
individuale proprio perche’ nessuno dei potenti che vogliono
esportare democrazia e diritto andra’ fino in fondo nel chiedere
giustizia per la morte di Nicola Calipari.

Un grido di dolore contro la violenza delle armi non e’
"antiamericanismo", ma un sussulto di DIGNITA’ di un popolo
italiano che si ostina a credersi sovrano e non suddito di un
impero dove la vita delle popolazioni "conquistate" conta di
meno di quella dei cittadini dell’impero.

Un disperato appello al ritiro delle nostre truppe non e’
"vigliaccheria", ma una richiesta di GIUSTIZIA, che e’ anche
l’unico modo per difendere la vita di tutti i ragazzi in divisa
mandati a morire dalla follia del governo statunitense e
dall’asservimento di quei politici nostrani che non sono capaci
di uscire dall’infinita spirale della guerra concepita come
motore del nostro modello di sviluppo.

Oggi chiediamo parole vere, e mentre invochiamo giustizia ci
stringiamo attorno alla famiglia Calipari con un invito
commosso: tenete duro, non mollate, cercate giustizia in tutti i
modi e in tutte le sedi possibili, bussate a tutti i tribunali
che possono e devono garantirvi giustizia, non stancatevi di
raccogliere memorie e documenti sull’omicidio a sangue freddo
che vi ha strappato un padre e un marito, siate forti e
continuate in cio’ che e’ giusto, non abbandonate mai il vostro
percorso di verita’.

Anche se i tribunali e i potenti faranno finta di non sentirvi,
il vostro grido sara’ un continuo richiamo alla loro coscienza,
la vostra voce e quella di tutte le vittime di guerra togliera’
il sonno a chi si affretta a ricoprire di fiori le tombe degli
eroi solo per riprendere a far squillare le trombe di una marcia
suicida, le fanfare di una spirale di morte che oggi, purtroppo,
ha tolto la vita e la liberta’ a un uomo che si e’ impegnato per
tutelare la vita e la liberta’ degli altri.

Non sentitevi mai soli: nella vostra ricerca di verita’ tutte le
persone di buona volonta’, gli amici della nonviolenza, gli
affamati di giustizia e tutti gli uomini e le donne onesti
d’Italia e del mondo saranno pronti a darvi una mano. La mia e’
gia’ tesa verso di voi.

Carlo Gubitosa - Alessandro Marescotti
Associazione PeaceLink

www.peacelink.it
info@peacelink.it

Tel. +393492258342

Nota: Dopo la tragedia del Cermis del 1998, quando in val di
Fiemme un aereo statunitense tranciò i cavi della funivia
provocando venti morti, uno dei quattro piloti, il navigatore
Chandler P. Seagraves, è stato promosso da capitano a maggiore
nel 2003. Il 10 marzo 1999, dopo l’assoluzione dei militari
coinvolti nella strage, Massimo d’Alema dichiarava alla Camera
dei Deputati che "Ho sottolineato, nel corso del colloquio con
il Presidente Clinton, l’esigenza irrinunciabile che eventuali
responsabilità superiori a quelle finora indagate possano venire
accertate prontamente, con il massimo di completezza. [...]
L’adesione convinta del Presidente degli Stati Uniti a questa
nostra richiesta significa che i nostri due governi convengono
che le responsabilità della tragedia debbano essere accertate in
tutta la loro interezza, senza alcuna zona d’ombra. [...] Per
questo complesso di ragioni non intendo commentare nel merito il
verdetto della Corte marziale statunitense che lo scors
o 4 marzo ha prosciolto da ogni accusa il pilota dell’aereo".
Oggi abbiamo Berlusconi nel ruolo di chi chiede di accertare le
responsabilita’, e domani ricoprira’ volentieri anche il ruolo
di chi si asterra’ dal commentare eventuali sentenze assolutorie.