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Pegolo, le contraddizioni di Bertinotti e delle sue “15 tesi”

Publie le sabato 15 novembre 2008 par Open-Publishing

Pegolo, le contraddizioni di Bertinotti e delle sue “15 tesi”

di Alessandro Cardulli

Due pagine fitte fitte. Una “ improvvisata” su Liberazione e Fausto Bertinotti,abbandona la “cultura” della politica e torna a far politica a tutto campo. Lancia le “ sue” tesi per la sinistra e, in un solo colpo manda in soffitta diversi documenti elaborati in questi mesi da chi vuole costruire un nuovo partito, oltre Rifondazione, come si dice in gergo. Fra questi segnaliamo quello di  cui primo firmatario era Nichi Vendola dal titolo “ Rifondazione per la sinistra”, mozione due in termini congressuali, e tutti quelli seguenti fino alle proposte per la “costituente” del nuovo soggetto della sinistra che andranno  in  scena il 13 dicembre firmate da Vendola e Claudio Fava per Sinistra democratica, insieme ad alcuni esponenti del mondo delle associazioni e della cultura che da cinque anni si riuniscono in seminari, convegni.

Perchè questa improvvisa uscita di Bertinotti? La risposta più semplice: lui vuole guidare in prima persona la costruzione del nuovo partito, perché sua è la proposta quando pensava che il primo passaggio verso questa sponda fosse Sinistra europea .Poi il fallimento di un’altra operazione di cui forse non è mai stato troppo convinto, la Sinistra-Arcobaleno. Ora,forse, sa di giocare l’ultima carta e scende in campo in prima persona. Poco si fida dei comprimari che non hanno dato bella prova di sé e che sembrano infilarsi in un imbuto da cui non si esce. Gianluigi Pegolo, della segreteria nazionale di Rifondazione comunista, nella intervista che ci rilasciato e di seguito riportiamo, si misura a tutto campo con il documento di Bertinotti, reclamizzato fin dalla prima pagina di Liberazione. 

Un progetto politico per la sinistra è senza dubbio tema anche culturalmente stimolante. Penso che anche tu sia stato preso alla sprovvista da questa sortita di cui si cerca di capire il perché dandone diverse interpretazioni. Qual è la tua opinione in proposito? Che impressione ne hai tratto?

Si, anch’io sono stato colto di sorpresa, visti gli attuali protagonisti del dibattito dentro e fuori Rifondazione. Più fuori devo dire. Ma preferisco non avventurarmi sul terreno del politichese e dare una lettura critica del documento. Si tratta di un testo molto ambizioso, espresso in termini di tesi, che si propone di disegnare nell’attuale fase di crisi e dopo la sconfitta elettorale il ruolo della sinistra in Italia. Dal punto di vista analitico contiene molte affermazioni condivisibili, anche se non tutte; dal punto di vista propositivo non mi convince, ed anzi colgo una contraddizione esplicita fra i due piani. 

Forse è una specie di vizio storico della sinistra quello di non riuscire a coniugare l’analisi con lr proposte, i progetti, i programmi. Ma dove stanno le contraddizioni di cui parli?

Nel senso che sul piano analitico vi è il riconoscimento di alcuni elementi condivisibili. Per esempio: la portata della crisi, la necessità di un programma che oltrepassi l’orizzonte classico del keynesismo per proporsi di intervenire su un nuovo modello di sviluppo, la riscoperta del ruolo  del lavoro, l’esigenza di un salto di qualità nelle modalità dell’opposizione sociale, la necessità di un ruolo più autonomo dal PD. Faccio presente che su questi temi Bertinotti corregge non poche delle posizioni che ha assunto negli scorsi anni. Quando si passa, però, alla proposta la contraddizione con la premessa analitica è evidente. 

La tua valutazione è molto secca, non lascia margini di dubbio e,se capisco, riguarda la prospettiva, il che fare prendendo a prestito uno scritto di Lenin che ogni tanto sarebbe bene rileggere.

A mio parere la critica anticapitalista che ispira la parte analitica si traduce nella proposta in un approccio  poco credibile. Quale è in sostanza la tesi di Bertinotti? Che di fronte alla portata della crisi il comunismo ha poco da dire. Egli sostiene che, per alcuni versi, il riferimento al comunismo è troppo, per altri è troppo poco. Ne consegue – a suo avviso- che l’unica prospettiva è quella di dar vita ad un nuovo soggetto della  sinistra. L’elemento visibilmente contraddittorio è che questa sinistra appare oggi assai poco credibile come soggetto compiutamente anticapitalista e, pertanto, non in grado di rispondere a quella domanda di profondo cambiamento che la stessa crisi pone. 

Si ricade cioè nell’”arcobalenismo”? Sembra, cioè, di tornare a ripercorrere strade ormai vecchie che non portano da nessuna parte. Questo vuoi dire?

Per l’appunto. Anche se per ovviare alla critica naturale che gli si potrebbe muovere – e cioè il fallimento di quel progetto – Bertinotti si cura di modificarne l’impostazione, enfatizzandone il carattere processuale, dal basso, democratico, ma l’assunto fondamentale resta quello del congresso ed è pertanto poco convincente. In primo luogo, come dicevo, perché la proposta del nuovo soggetto della sinistra ha già subito un’evidente sconfessione dagli elettori. Ma vi è anche un secondo motivo. Non è un caso che quando Bertinotti affronta il tema del soggetto della sinistra si sofferma essenzialmente sulle modalità del percorso che conduce alla sua realizzazione, anziché sui contenuti del suo progetto politico. 

Ma Bertinotti nella parte iniziale del suo documento allude ad alcuni contenuti di un progetto per la sinistra. Non parla solo di forma del soggetto,indica delle scelte.

Sì, ma il punto è che quando parla della sinistra le attribuisce la capacità di sostenere quel progetto, prescindendo completamento dalla realtà dei fatti. Parliamoci chiaro: quando mai Sinistra Democratica ha teorizzato un ruolo alternativo al PD? Quando mai i Verdi hanno condiviso un’esplicita critica anticapitalista? La verità è che queste forze, nel migliore dei casi, si attestano su una critica al neo-liberismo e si muovono, sul piano politico, in un’ottica “migliorista”. Sono per molti versi una variante di quello che furono i DS. Farci un partito insieme significa imprigionarsi in una visione meramente compatibilista, con buona pace dei propositi di trasformazione radicale.
 

Ma Bertinotti scrive che occorre evitare il “politicismo.”Anche se talora lo si dice proprio per mettere le mani avanti. In questo caso,forse, per evitare di indicare i tempi del processo oltre Rifondazione ?
 

Già, ma  ho proprio l’impressione che,in effetti, si riferisca più ai tempi del processo che ai suoi contenuti. Ciò può significare che si vuole evitare la fusione a freddo accelerata con Sinistra Democratica. O che l’ipotesi di scissione da Rifondazione è considerata –almeno nel breve periodo- poco credibile e che per le  europee va evitata la rottura. Il che è in se’ positivo, ma non fa venir meno la negatività di una proposta che allude pur sempre- anche se in modo non così rozzo come si è fatto nei mesi scorsi- al superamento di Rifondazione Comunista. 

Nella parte finale del documento si parla della ricostruzione della sinistra dai territori.. Che significato attribuisci a queste affermazioni, anche alla luce delle prossime elezioni amministrative?

E’ la parte che francamente mi inquieta di più ed anzi temo che possa tirare la volata ad opzioni scissioniste non dichiarate, ma praticate. Cosa significa, infatti, la scelta di un modello federativo partecipato, in cui si formano sinistre locali che approdano poi ad una direzione nazionale? Premetto che mi vengono i brividi a sentir parlare di “federalismo” perché vi leggo un’impostazione localistica che dà spazio ad un eclettismo di esperienze che rischia di enfatizzare - non tanto la partecipazione - quanto l’opportunismo di ceti politici locali in cerca di visibilità. Il punto è che questa impostazione sembra fatta su misura per lanciare le liste civiche di sinistra alle prossime amministrative, entrando quindi in rotta di collisione con le scelte di Rifondazione Comunista che – vorrei sottolinearlo - intende presentare proprie liste alle prossime amministrative.