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Pena di morte? Un gettone di scambio politico

Publie le martedì 9 gennaio 2007 par Open-Publishing

La rubrica di Carlo in http://www.carloparlanti.it/Rubrica.htm

Notiziario NIP - News ITALIA PRESS agenzia stampa - N° 4 - Anno XIV, 5 gennaio 2007

"Il mondo il giorno dopo"

Pena di morte? Un gettone di scambio politico

Abbiamo da poco attraversato la soglia di un nuovo millennio ma non siamo ancora riusciti a liberarci dal vendicativo desiderio di giustiziare i criminali, comuni o di guerra che siano.
Che cosa guadagna la società dal giustiziare un serial killer? Che cosa ha guadagnato il popolo irakeno dall’impiccare Saddam Hussein?
La vox populi più comune è che la pena di morte rappresenterebbe un efficace deterrente dal commettere i crimini più efferati, puniti con la stessa. In qualche modo, però, questa teoria fallisce nello spiegare per quale motivo Paesi che della pena di morte fanno una delle loro bandiere, come gli Stati Uniti d’America, presentino, tuttavia, maggior criminalità, per quantità ed efferatezza, delle loro controparti "Death Rows Free".
Anzi, spendere il resto della propria vita, o comunque una parte significativa della stessa, in istituti di pena, modello "Guantanano Bay", rappresenta, probabilmente, un deterrente di gran lunga più efficiente di qualsiasi iniezione letale.
O perlomeno sembrano pensarla così i criminali ospitati, per esempio, nelle carceri californiane e texane: 41 suicidi in California nel 2006 (in crescita del 17% rispetto al 2005) e 24 in Texas (2 più dei 22 del 2005). Il numero dei tentati suicidi è ancora più impressionante con 652 in Texas nel 2006 (erano 559 nel 2005); oltretutto, la maggior parte di essi, fino al 69%, può essere legata alle condizioni di isolamento o meglio "segregazione amministrativa" in cui vengono tenuti proprio i criminali più pericolosi (fonte: USA To Day).
Di sicuro, e per motivi molto simili, la pena di morte non può rappresentare una efficace forma di vendetta o di legge del taglione visto che i criminali a cui è riservata si sono quasi sempre macchiati di crimini cosi efferati da richiedere ben più di una impiccagione o di una camera a gas per "pareggiare i conti".
Se non rappresenta un deterrente nè una vendetta, può darsi, allora, che si tratti di una semplice questione economica? di una maniera per risparmiare i costi di mantenimento della popolazione carceraria? Temo che anche i Paesi più rigidi nell’applicazione della pena di morte non eliminino abbastanza criminali da rappresentare un concreto beneficio economico.
Ho, purtroppo, la sensazione che l’unico vero motivo che sta dietro la difesa e applicazione delle pene capitali sia molto più semplicemente il fatto che esse rappresentano un efficace gettone di scambio politico. Una maniera semplice ed economica di dare del pane alle folle affamate di giustizia, anche se sbrigativa, crudele e di sicuro non costruttiva. La stessa molla che sta dietro all’inasprimento vorticoso delle scelte anti-criminalità di alcuni Paesi, ormai, purtroppo, vicini alla realizzazione del perfetto "stato di pulizia", di triste memoria orwelliana.
Mi auguro, sinceramente, di non vederlo un futuro dove questo incubo si sia trasformato completamente in realtà. Spero che questa richiesta alle Nazioni Unite di moratoria sulla pena di morte, avanzata dall’Italia, sia il primo passo di una più estesa campagna di sensibilizzazione verso il rispetto di tutti i fondamentali diritti dell’uomo e non soltanto un diverso tipo di "gettone politico".

(Se mi volete scrivere: clicca ; oppure: Carlo Parlanti F25457, 350-2-56L Po box 9, Avenal, CA 93204, USA)

Carlo Parlanti/News ITALIA PRESS