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Pensioni: 10 giorni di tempo. Da oggi si fa sul serio ...

Publie le lunedì 18 giugno 2007 par Open-Publishing
2 commenti

Pensioni: 10 giorni di tempo. Da oggi si fa sul serio ...

ma tutto nei corridoi: Ministri (ex sindacalisti) che parlano con sindacalisti (che sperano di diventare ministri)

Assolutamente assente la voce dei lavoratori.

CGIL CISL UIL procedono verso un accordo senza averne avuto alcun mandato.

Per conto di chi firmeranno l’accordo sulle pensioni ? Non in nome nostro.

Oggi partono i 10 giorni che il Governo ha indicato (ed i sindacati sostanzialmente accettato) che dovranno portare all’accordo sulle pensioni.

Questa stretta sui tempi del confronto sulla previdenza è stata decisa in occasione dell’incontro tra Governo e parti sociali del 15 giugno scorso sui temi del prossimo DPEF.

Un incontro che già ha regalato a Confindustria (che intasca e ringrazia) tutto ciò che questa aveva chiesto. Oltre alla conferma della riduzione del cuneo fiscale (che sarà attivo da luglio), per altro recentemente esteso (con 1,1 miliardi di euro di costo aggiuntivo, anche alle banche ed assicurazioni, Confindustria intasca la conferma della legge 30, almeno 600 milioni di euro per la detassazione degli straordinari, ed altri (da quantificare) per la detassazione del salario variabile legato alla contrattazione decentrata.

Un risultato quantitativamente importante per i padroni è che da gambe materiali all’operazione di destrutturazione della contrattazione e del salario che rimane obiettivo di un’altro tavolo concertativo aperto in parallelo a quello previdenziale.

A riguardo è preoccupante constatare come su queste materie la reazione sindacale sia stata praticamente nulla, il che la dice lunga sugli affidamenti che già pesano sulle conclusioni del confronto su produttività e contrattazione.

Ma, tornando alle pensioni, il Governo non ha solo imposto i tempi per un accordo ma ha di fatto ancor meglio precisato i propri obiettivi. Aumento dell’età pensionabile (scaglionando il raggiungimento dei 60 anni) e riduzione dei coefficienti.

Oggi (lunedì) il Governo produrrà una nota scritta a Cgil Cisl Uil dove saranno meglio pecisate queste sue proposte e si aspetta che entro martedì Cgil Cisl Uil faranno pervenire (in forma scritta) una risposta scritta con le loro eventuali osservazioni.

Cgil Cisl Uil si sono per altro già spese favorevolmente sulla proposta di concludere un accordo entro il prossimo 28 giugno (un accordo oggi è meglio di un non accordo domani .... sic) e non ci rimane che vedere (come spettatori ovviamente, perchè nessuno ha intenzione di andare a sentire cosa ne pensino i lavoratori) con quali aperture i sindacati cercheranno un accordo che salvi capra (il Governo) e cavoli (la loro reputazione di fronte ai lavoratori).

Le dichiarazioni sindacali all’uscita dell’incontro col Governo del 15 giugno scorso non lasciano intravedere nulla di buono. Si celebra la disponibilità Governativa per il superamento dello scalone accettando però di fatto la scelta dell’allungamento dell’età lavorativa. Sui coefficienti non si è più sentito un NO alla loro modifica ma la richiesta di attenzione sui metodi con cui si toccheranno i coefficienti, metodi che non devono portare a "soluzioni grezze". Tutto fa pensare che la mediazione su cui si sta lavorando non sia molto distante da quella che Fassino si è lasciato sfuggire in una delle sue recenti esternazioni. Fassino, dicendosi ormai sicuro di un accordo sulle pensioni, palava infatti di scalini e di congelamento dei coefficienti. Fassino parlando di congelamento voleva rincuorare tutti sul fatto che non si sarebbe proceduto ad una loro riduzione ma probabilmente pensa di avere a che fare con gente poco istruita. Forse Fassino è in buona fede (forse ha solo ripetuto una frase messagli in bocca a qualche esperto economista senza averla capita) ma "congelare" una percentuale vuol dire trasformarne il valore in cifra fissa che rimane (appunto) congelata alla data attuale, senza più rivalutazione, condannata quindi a produrre risultati economici sempre più ridotti col passare del tempo (ci ricordiamo degli scatti di anzianità, e della modifica sul sistema di calcolo del TFR ??. Noi si, Fassino No).

Vedremo ora (se qualcuno lo renderà pubblico) quale sarà il contenuto della nota scritta che oggi il Governo invierà a Cgil Cisl Uil, così come vedremo (se Cgil Cisl Uil le renderanno pubbliche) quale saranno le osservazioni sindacali sulla nota Governativa ma, a guardare le tiepide e generiche prime posizioni sindacali, tutto fa pensare che sostanzialmente le basi di un accordo ci siano già.

Da questa partita, tutta giocata nei piani alti dei salotti ministeriali e sindacali, il soggetto assolutamente assente sono i lavoratori.

Ai lavoratori non è stata data la possibilità di valutare una piattaforma sindacale (anche perchè nessuna piattaforma è stata presentata) e tanto meno hanno avuto la possibilità di contare nella definizione di un mandato da consegnare ai loro rappresentanti (anche perchè nessuna consultazione si è effettuata).

Rimangono però le numerose prese di posizione da parte di RSU, di lavoratori in assemblea che hanno indicato a Cgil Cisl Uil paletti precisi sulla conduzione della trattativa.

Ma quel poco che dal mondo del lavoro è uscito nel tentativo di farsi sentire da chi li dovrebbe rappresentare è rimasto inascoltato. I vertici dell’organizzazione sindacale sembrano più che altro interessati a dare stampelle (magari limitandosi ad emendare le più rozze posizioni governative) al governo Prodi, disperatamente alla ricerca di percorsi che lo salvino agli occhi dei poteri forti e dagli impegni che l’Europa finanziaria pretende vengano isolti.

La discussione sulle pensioni è aperta ormai da mesi. Cgil Cisl Uil avevano tutto il tempo per andare dai lavoratori, per costruire assieme e ricevere da loro un mandato su cui trattare. Hanno invece imbottito la discussione di questioni general generiche e puramente metodologiche, perdendo tutti questi mesi a lamentarsi che ancora il Governo non aveva messo nero su bianco una sua proposta (come a dire che i nostri preparatissimi vertici sindacali non si erano accorti di quanto già tutti si sapeva).

La questione quindi, oggi, non è più solo sul merito dell’accordo previdenziale o dell’accordo sulla produttività-contrattazione (su cui ancora ci sarà da intervenire) ma anche di come vogliamo debba essere il sindacato dei prossimi anni. Si riapre cioè tutto un vasto problema di democrazia e di regole di funzionamento dell’organizzazione sindacale.

www.coordinamentorsu.it

Messaggi

  • Pensioni: partita la trattativa ..........

    Un nostro commento alla luce delle informazioni disponibili

    Ieri (19 giugno) è iniziata la volata tra governo e parti sociali per la conclusione della trattativa che dovrebbe portare all’ennesimo smembramento del sistema previdenziale pubblico.

    Certo si sono registrati dei distinguo(più di forma che di sostanza) tra le parti sedute al tavolo ma tutti sono d’accordo a concludere e velocemente.

    E già questo fa pensare. Essere d’accordo a concludere velocemente sottintende che le parti hanno già un canovaccio di accordo e che comunque non considerano così distanti le rispettive posizioni.

    E poi, cosa è tutta questa fretta ?? A sentire Prodi "è il paese che chiede con insistenza una rapida soluzione", mentre Cgil Cisl Uil affermano che i lavoratori devono sapere per tempo quando andranno in pensione (ora, più tardi, mai) e non glielo si può dire a fine anno.

    A conti fatti la colpa di tanta fretta sarebbe dei lavoratori i quali, in realtà, volevano ben altro ... l’abolizione dello scalone in primo luogo ed il rifiuto di qualsiasi logica che fa cadere sulla previdenza le brame di risorse da parte del Governo di turno. Questioni che un sindacato "normale" avrebbe posto con forza già mesi orsono se solo si fossero sentiti i lavoratori.

    La prima vera discussione al tavolo apertosi ieri ha ruotato sui costi dell’accordo.

    Il Governo spara cifre da capogiro ... (abolire lo scalone e passare agli scalini costerà 10 miliardi di euro, anzi no, forse 9 miliardi o 5 miliardi) ... quindi per fare l’accordo bisogna trovare i soldi.

    I sindacati rintuzzano dicendo che le cifre sono campate in aria, che passare dallo scalone agli scalini costerà molto meno e che comunque i soldi già ci sono e sarebbero in quel 0,3 in più di contribuzione che è stato caricato da quest’anno sulle retribuzioni dei lavoratori (1 miliardo di euro all’anno che per i prossimi 10 anni fa 10 miliardi). Epifani ricorda che su quei soldi c’era l’impegno del Governo a dirottarne una parte a sostegno alla previdenza .. (sic) ... (Epifani non se ne è accorto ma così ci ha informato che era tutta una balla quel 0,3% che i sindacati ci spiegavano servire per salvare l’Inps e che quei soldi sono invece stati intascati dal Governo come nuova e cospicua entrata, a carico dei lavoratori, per sostenere il bilancio dello Stato).

    Una prima riflessione:

    Cosa c’entrano questi calcoli sui costi dello scalone, visto che si parla di fondi pensionistici finanziati dai versamenti dei lavoratori, e visto che tutti dicono (Inps compresa) che il fondo lavoratori dipendenti è in attivo e che manterrà il suo equilibrio economico ancora per almeno altri 10 anni. Un equilibrio che sarebbe reso ancor più solido se si abolisse la legge 30, si dividesse finalmente (come promesso fin dalla controriforma Dini) la previdenza dall’assistenza, si facesse una seria lotta all’evasione contributiva ed infine se la si smettesse di insistere nel ridurre il prelievo contributivo (e fiscale) a carico delle imprese dallo straordinario o dal salario di produttività.

    L’unica cosa che si capisce in realtà è che dietro alla parola "costi dell’operazione" va invece letta la cifra che il Governo pensa di intascare dall’operazione sull’innalzamento dell’età pensionabile. Un cifra che il Governo considerava già incamerata e che deve recuperare in altro modo e comunque nel caso si passasse dallo scalone agli scalini.

    Già questo mette le cose in chiaro. A guardare le cose da vicino si capisce subito che oggetto della trattativa è praticamente e solo come garantire allo stato le risorse che intendeva intascare con lo scalone di Maroni e che perderà in parte se ci si limitasse ad introdurre degli scalini. Le nostre pensioni entrano in gioco solo perchè è da lì che si intende far uscire i soldi.

    Non è infatti un caso che il primo punto della trattativa siano stati i cosiddetti "costi dell’operazione".

    Per uscire dal linguaggio fiorito ed elaborato dei nostri Governanti e dei nostri sindacalisti, la cosa potrebbe essere tradotta in questo modo ..... "Ma come ?! Noi, grazie allo scalone Maroni, avevamo già fatto affidamento di avere qualche miliardo di euro in più nelle disponibilità dello Stato, lo abbiamo già detto anche alla Commissione Europea. Se si abolisce lo scalone non potremo più contare su questo extragettito, ed anche se passiamo agli scalini il gettito si riduce. Si può mettere mano alla nostra idea originaria sulle pensioni, ma da qualche parte questi soldi devono comunque saltare fuori, ovviamente sempre dal bilancio previdenziale"

    Siamo ovviamente basiti dal come i nostri sindacati si siano allineati ad un ragionamento che mette al centro le compatibilità ragionieristiche e gli obiettivi di bilancio dello stato.

    Nella posizione sindacale manca qualsiasi coscienza della posta in gioco.

    Si parla di pensioni e quindi andrebbe verificata prima e sopratutto la tenuta del sistema, e visto che tutti (sindacati compresi) nei loro convegni parlano di tenuta del sistema previdenziale, la questione da porre è semmai se si è d’accordo o meno ad ulteriori tagli o smantelammenti del sistema.

    Ma di questo punto di vista non vi è traccia nelle posizioni espresse da Cgil Cisl Uil. L’unica vera polemica da loro sollevata entra nel campo dei costi, per Cgil Cisl Uil, molto più bassi di quel che dice il Governo.

    Ma intanto hanno accettato di parlare di costi e così facendo, hanno accettato il piano del confronto così come lo ha imposto il Governo.

    All’interno di questo quadro perde ogni consistenza qualsiasi distinguo sui modi con cui "riformare il sistema previdenziale", perchè alla fine tutti sono d’accordo ad innalzare l’età pensionabile ed a far entrare nell’agenda la riduzione dei coefficienti, perchè il vero obiettivo è non far mancare le entrate attese dal Governo.

    Le dichiarazioni sindacali dopo l’incontro di ieri (19 giugno):

    Guglielmo Epifani (Cgil) - "Avremmo preferito - ha aggiunto - che i dati sui costi del superamento dello scalone ci fossero stati consegnati, invece di leggerli sui giornali. Sarebbe stato piu’ elegante"... Sulla questione dei risparmi da realizzare anche tramite l’accorpamento degli istituti previdenziali ..... "Noi siamo disponibili a tutti i risparmi che si possono conseguire. La disponibilita’ dei sindacati e’ a condizione che si facciano sinergie. Quello che abbiamo chiesto e’ che si vada rapidamente a una diversa forma di governo degli istituti previdenziali. Con un comitato strategico composto dalle parti sociali e un amministratore delegato che sia eletto dal governo, magari sentito il comitato strategico". Dunque una sorta di "governance duale" tra esecutivo e parti sociali.

    Raffaele Bonanni (Cisl) - "Senza colpi bassi, credo che l’accordo si potra’ fare. la questione non sta andando proprio male, sta andando benino: se si mettono al riparo dall’aumento dell’eta’ coloro che fanno turni e lavori usuranti si puo’ concludere in una settimana, dieci giorni. Siamo disponibili all’aumento dell’eta’ con gli incentivi. Sulla rivalutazione delle pensioni occorre ogni anno un aumento legato all’andamento del Pil’’.

    Luigi Angeletti (Uil) - E’ meno ottimista degli altri - ’’C’e’ ancora molto lavoro da fare, le posizioni del governo devono cambiare in maniera significativa’’. Oggi abbiamo spiegato le nostre ragioni (quali ?????). Giovedi’, alla ripresa del tavolo, il governo ci rispondera’. E’una trattativa difficile, anche per le diverse posizioni nel governo’’.

    Come si vede le dichiarazioni sindacali ruotano tutte attorno alla necessità di un accordo, ma non dicono quale accordo sono disponibili a firmare.

    Non sanno neppure cosa vogliono i lavoratori non essendo andati a sentirli ma continuano a parlare in loro nome, senza dire nulla in realtà. Da scavati e fini sindacalisti tengono le carte in tasca, ben nascoste, anche a noi.

    Ma in realtà c’è poco da sperare. Ormai è chiaro che tutti sono d’accordo ad innalzare l’età pensionabile e che in un modo o nell’altro si dovrà mettere mano anche ai coefficienti semplicemente perchè tutti sono d’accordo che i costi dell’operazione (o meglio le minori entrate dello Stato a fronte di un dilazionamento dell’operazione così come l’aveva pensata Maroni) devono essere coperti con un secco rastrellamento dalle casse previdenziali.

    Alla fine la trattativa è stata aggiornata al 21 giugno, con un Governo che dichiara alla stampa tutta la sua soddisfazione per i passi avanti che questo primo incontro ha prodotto. Il Governo ha motivi per essere contento, in fin dei conti in questo primo incontro è riuscito ad affermare come la trattativa deve risolvere il problema delle coperture per le mancate entrate previste dal Governo e non certo le aspettative dei lavoratori.

    Quindi, tutti quelli seduti a quel tavolo, stanno discutendo (pur con qualche distinguo) di cosa vuole il Governo e non di cosa vogliono i lavoratori.

    Certo Cgil Cisl Uil si atteggiano a portavoce del mondo del lavoro, ma lo fanno per presunzione e per innata autorefernzialità, non avendo avuto il coraggio, prima che questi incontri iniziassero, di andare a sentire la voce dei lavoratori e di coinvolgerli nella definizione di quella che avrebbe potuto e dovuto essere una piattaforma sindacale da presentare al Governo.

    Tutto il modo con cui si sta conducendo da parte dei nostri vertici sindacali questa trattativa non fa che dimostrare il vuoto di rappresentatività di una burocrazia più attenta ai richiami del Governo amico che non a rappresentare i bisogni dei lavoratori (che sono anche bisogni di partecipazione).

    Le sinistre sindacali (di base e Cgil - a parte Lavoro e Società su cui stendiamo un velo pietoso visti i suoi ormai datati silenzi, utili solo a non mettere in fibrillazione la sua delicata struttura che sopravvive solo grazie al grazioso interessamento della maggioranza Cgil), molte RSU ed assemblee di luogo di lavoro, hanno già messo in campo l’urgenza e la possibilità di una proposta diversa, e di una più convinta iniziativa contrattuale e vertenziale in difesa della pensione pubblica.

    L’accelerazione ora imposta dal Governo e da Cgil Cisl Uil non ci lascia molto tempo ma crediamo che vada attivato un percorso unitario e partecipativo di tutte quelle forze che si oppongono all’ulteriore bidone sulle pensioni.

    Ed infine, se un accordo ci sarà questo dovrà essere portato al voto dei lavoratori tramite referendum, ma anche questo andrà conquistato perchè nessuno riconoscerà questo diritto ai lavoratori se non lo si conquisterà.

    E’ dalle sinistre sindacali, è dalle loro rappresentanze di base (Rsu) che i lavoratori possono trovare percorsi nuovi ed efficaci per dar forza alla loro voce sull’accordo e sul diritto ad esigere percorsi democratici di decisione e partecipazione che sono sistematicamente negati dalle burocrazie sindacali.

    20 giugno 2007 - COORDINAMENTO RSU

    • PENSIONI: A CHE GIOCO STIAMO GIOCANDO?

      (Comunicato stampa CUB)

      “Il governo prima lascia intravedere la possibilità di reperire altre risorse per pensioni e ammortizzatori, e oggi ribadisce gli stessi insufficienti 2,5 miliardi di Euro: a che gioco stiamo giocando?”, domanda Umberto Fascetti, Coordinatore nazionale CUB, al termine dell’odierno tavolo di confronto fra Governo e parti sociali.

      “E’ poi sconcertante che di fronte al dilagare della precarietà non si consideri fra gli ammortizzatori sociali alcuna forma di sostegno al reddito per i precari ed i disoccupati”, prosegue il Coordinatore CUB.

      “Al tavolo di oggi la CUB è stata fortemente critica riguardo a questa linea di condotta, ribadendo che è inaccettabile qualunque ipotesi di riduzione dei trattamenti pensionistici, e che vanno garantite nel loro potere d’acquisto sia le pensioni in essere che quelle future. Contro il peggioramento delle condizioni materiali di milioni di persone, che non possono essere vittime dei fondamentalisti del liberismo, la CUB è pronta alla mobilitazione”, conclude Fascetti.

      Roma, 21 giugno 2007

      www.cub.it