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Per Silvio Berlusconi una assoluzione parziale
Publie le domenica 12 dicembre 2004 par Open-PublishingA Milano si chiude il primo grado del processo Sme. Trenta ore di camera di consiglio
di Annibale Paloscia
Un assoluzione e un proscioglimento per Silvio Berlusconi. Più o meno mezzo innocente: contento lui, contenta la sua maggioranza. Per il riferimento del capo d’imputazione A alla corruzione del giudice Squillante, Berlusconi è stato prosciolto ma non assolto: non può essere condannato per corruzione perché il reato è prescritto. Ma la prescrizione del reato, resa possibile dalle concessione delle attenuanti generiche- e che arriva a fine processo quando si sono fatti tutti gli accertamenti e non ci sono più incertezze- presuppone che il giudici siano convinti che il reato sia stato commesso. E questo lascia un’impronta di colpevolezza. Per i riferimenti del Capo A a un disegno criminoso «con più azioni esecutive» volte a corrompere i giudici, e a un bonifico di un miliardo di lire a favore dell’avvocato Pacifico, è stato assolto per non aver commesso il fatto.
Per il capo B, la corruzione nell’affare della compravendita della Sme, Berlusconi è assolto perché il fatto non sussiste. Berlusconi aveva detto alla vigilia della sentenza: «Non mi possono condannare. Per quel processo meriterei una medaglia». La sua difesa: «Sarà una sentenza storica». La pm Ilda Boccassini, che ha sostenuto l’accusa insieme con Gherardo Colombo, aveva chiesto per l’imputato otto anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici: nessuna attenuante (indispensabile per far accorciare i tempi della prescrizione) perché «si è presentato al processo come presidente del Consiglio e ha detto solo bugie». Sostanzialmente le ipotesi di corruzione nell’affare Sme erano cadute già nella sentenza pronunciata dal tribunale di Milano il 22 novembre, a conclusione del primo troncone del processo, in cui erano imputati gli avvocati Cesare Previti e Attilio Pacifico e i giudici Renato Squillante e Filippo Verde.
La corte presieduta da Luisa Conti condannò Previti, Pacifico e Squillante per i rapporti di corruttela, e assolse Verde, accusato di aver di intascato soldi per emettere una sentenza sfavorevole a Carlo De Benedetti, che aveva chiesto alla magistratura civile di convalidare le sue intese con l’Iri per l’acquisto della Sme. Il collegio giudicante si era convinto che non c’era prova di alcuna anomalia nel modo in cui era stata gestita da Verde la vicenda Sme. Invece, le prove erano fondate per quanto riguarda i soldi intascati da Squillante in cambio della sua disponibilità a favorire la Fininvest di Berlusconi nelle vertenze che approdavano al palazzo di giustizia di Roma. Furono condannati Previti a cinque anni, Pacifico a quattro Squillante a otto perché non furono concesse loro le attenuanti che accorciano i termini di prescrizione del reato di corruzione da 15 anni a sette.
L’accusa dalla quale Berlusconi se l’è cavata con la prescrizione è fondata, sui risultati accertamenti bancari eseguiti in Svizzera. Le notizie sono nel capo d’imputazione A. Il 6 marzo 1991 dal conto Ferrido presso il credito svizzero di Chiasso, alimentato con rimesse provenienti dalle disponibilità extracontabili Fininvest, venne eseguito un bonifico di 434.407 dollari a favore del conto Mercier, presso una banca di Ginevra, intestato a Cesare Previti. Nello stesso giorno l’identico importo veniva accreditato, con un bonifico partito dal conto di Previti, sul conto Rowena, presso la Sbt di Bellinzona, intestato al giudice Squillante. Per l’accusa il viaggio quella grossa somma provava la corruzione del giudice.
Folla enorme al tribunale di Milano. L’aula della prima sezione del tribunale non poteva contenerla. Si è deciso di dar lettura della sentenza in un’aula più grande al primo piano del palazzo di Giustizia. Alle 18 il presidente Castellano ha letto il dispositivo.
La sentenza è stata emessa dopo 30 ore di discussione nel collegio formato dai giudici Franco Castellano, presidente, Stefania Abbate e Fabiana Mastrominico: un anziano magistrato con fama di conservatore, e due toghe trentenni, entrambe figlie d’arte. Una valanga di atti da esaminare e in più, sicuramente, qualche significativa divergenza hanno allungato i tempi della decisione su Berlusconi unico imputato.
Alla prima udienza i pm e parte civile avevano chiesto a Castellano di astenersi dal processo perché in un’intervista aveva detto: «Il processo Sme non è più normale perché se n’è parlato troppo e in troppi posti». Ed ancora: «Devo dire che non ho visto per il falso in bilancio tutte queste iniziative nei confronti di società od istituti di credito... ma dopo Mani pulite buona parte dei processi ha riguardato solo società del gruppo Fininvest». Interferenze, per i Pm; «Considerazioni di carattere generale», aveva replicato Castellano.
Quattro anni di guerra al processo
La sentenza su Berlusconi arriva dopo quattro anni: il processo Sme era cominciato il 9 marzo 2000. Si è tentato di fermarlo con una raffica di leggi tutte in favore degli imputati eccellenti: rogatorie, falso in bilancio, legge Cirami, lodo Schifani. Si è cercato di impedirne il normale svolgimento con sei richieste di ricusazione dei giudici, con richieste di rimessione a Brescia, con istanze di incompetenza territoriale per far trasferire il processo a Perugia. Si è cercato di levare di mezzo i pm con accuse di abuso di ufficio e condotta sleale nel processo. Le indagini della procura di Brescia si sono concluse con la richiesta di archiviazione per l’evidente infondatezza delle accuse.
Il processo si è fatto nonostante le leggi ad personam e le campagne per delegittimare i giudici condotte con i formidabili mezzi mediatici di cui dispone il presidente del Consiglio. E’ stata fatta precipitosamente una riforma giudiziaria: all’indomani della requisitoria della Boccassini, che aveva chiesto la condanna di Berlusconi, è stato detto dai capi i Forza Italia, che bisognava fare in fretta la controriforma della giustizia. La sentenza di ieri dimostra che non c’è bisogno di di gerarchizzare e separare giudici e pm giudici per avere sentenze serene.
I due tronconi
Il processo Sme era stato diviso in due tronconi dopo il cosiddetto Lodo Schifani, la legge che sospendeva tutti i procedimenti contro le cinque più alte autorità dello Stato, tra le quali il presidente del Consiglio, finché rimanevano in carica. La posizione del presidente del Consiglio fu congelata e si proseguì il processo contro gli altri imputati fino alla sentenza del 22 novembre.
Il lodo Schifani ha vita effimera. La Consulta lo cancella perché viola il principio costituzionale dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Cade la non procedibilità contro il presidente del Consiglio e il processo Sme ricomincia da capo il 16 aprile scorso col nuovo collegio presieduto da Castellano e con un solo imputato Silvio Berlusconi. Soddisfatta la difesa di Berlusconi. Per l’avvocato Ghedini «la sentenza soddisfa perché prova l’assoluta estraneità alle vicende Sme e Ariosto. C’è una prevalenza della prescrizione per i 434.000 dollari nel rito e non nel merito. Ma per questo ci appelleremo». Significa che la difesa voleva un’ assoluzione, che non c’è stata, per quanto riguarda la corruzione del giudice di Squillante. Secondo Gaetano Pecorella la sentenza dimostra che «Berlusconi è una persona onesta, che il popolo italiano ha avuto ragione a votarlo e che aveva ragione a dichiararsi innocente».




