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Per chi la mafia l’ha combattuta davvero. In ricordo di Carlo Tresca
Publie le lunedì 7 settembre 2009 par Open-Publishing5 commenti
“Ma la mafia era, ed è, altra cosa: un “sistema” che in Sicilia contiene e muove gli interessi economici e di potere di una classe che approssimativamente possiamo dire borghese; e non sorge e si sviluppa nel “vuoto “ dello Stato (cioè quando lo Stato, con le sue legge e le sue funzioni, è debole e manca) ma dentro lo Stato. La mafia insomma altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta”
Con queste parole Leonardo Sciascia, nell’Appendice de Il Giorno della Civetta, definisce la mafia. Raramente forse si è stati così chiari nel definire questo cancro, che può sopravvivere soltanto perché esiste una società capitalistica. Una società che non ammette critiche all’esistente e alla mafia contrappone l’antimafia e gli antimafiosi di professione, tutti funzionali alla mafia stessa. Ieri come oggi chi conosce i loschi e sporchi affari che mafia e capitale, mafia e Stato, mafia e Stato e fascismo hanno organizzato insieme viene ridotto al silenzio. Di fronte ad una miriade di presunti eroi dell’antimafia e della tanto mitizzata legalità, coloro che hanno veramente combattuto lo strapotere di mafia, fascismo e capitalismo sono stati uccisi da giochi di potere che a pensarci fanno venire i brividi. Uno di questi si chiamava Carlo Tresca, anarchico italo-americano, ucciso da un intricato complotto organizzato da mafiosi, fascisti, uomini di Stato e forse con la complicità di alcuni pseudo antifascisti. E Tresca fu ucciso due volte, la prima l’11 gennaio del 1943 e la seconda quando la sua lotta e il suo caso sono stati spediti nell’oblio.
Carlo Tresca é stato un anarchico e un sindacalista italo-americano che rpese a denunciare i rapporti tra mafia americana e sindacati, poi la mafia se la trova davvero di fronte quando entra nella Mazzini Society.
Il caso Tresca
La Mazzini Society, fondata da Gaetano Salvemini si costituì nel 1939 a New York. Ne furono promotori un gruppo di repubblicani appartenenti a Giustizia e Libertà e tra i militanti si possono citare Lionello Venturi, Randolfo Pacciardi, Michele Cantarella, Aldo Garosci, Carlo Sforza, Alberto Tarchiani, Max Ascoli, Roberto Bolaffio, Renato Poggi e Giuseppe Antonio Borgese.
Quale obiettivi aveva l’organizzazione italo-americana? Partendo da posizioni unitariamente anticomuniste e antifasciste, vi erano delel divisioni interne: per Max Ascoli, intimamente legato al governo federale, l’associazione fu un mezzo propagandistico della politica roosveltiana tra gli italo-americani, per Carlo Sforza invece la "Mazzini" era vista come un mezzo per giungere poi alla nascita di un Consiglio nazionale e di un’unità di combattimento che affiancasse i nuovi alleati nella campagna di liberazione dell’Italia.
Uno degli esponenti più importanti di quest’organizzazione fu comunque l’anarchico Carlo Tresca, promotore soprattutto della costituzione di "comitati antifascisti" (Comitati della Vittoria) interni alla Mazzini Society, che secondo alcuni avrebbero dovuto funzionare per agevolare la imminente caduta del fascismo e preparare il futuro senza la dittatura del "Duce". Tresca era favorevole all’entrata dei comunisti come Vittorio Vidali (inizalmente era contrario ma cambiò idea solo sul finire del 1942), con cui si era anche duramente scontrato in passato, ma era ostile agli antifascisti dell’ultima ora, come Generoso Pope (editore di giornali italo-americani, rooslveltiano e fascista poi pubblicamente e "ufficialmente" allontanatosi dal regime), che provavano ad entrare nei "comitati". Dalle pagine del suo giornale, Il Martello, Tresca portò avanti una campagna contro Generoso Pope e i fascisti camuffatti da antifascisti per convenienza e per provocazione.
In antitesi al "gruppo di Tresca" vi era quello capeggiato da Vanni Montana (vero nome Giovanni Buscemi, ex spia dell’OVRA fascista e poi futuro agente OSS [4]) e Luigi Antonini, personaggi alquanto ambigui, ostile ai comunisti ma non ai personaggi come Pope. Per lungo tempo la costituzione dei "comitati antifascisti" portò allo sviluppo di veri e propri conflitti ideologici all’interno della Mazzini Society e che si trascinarono sino all’uccisione di Carlo Tresca.
L’omicidio dell’anarchico Tresca
Originario di Sulmona, Carlo Tresca[5] venne ucciso la notte dell’11 gennaio del ’43, mentre si trovava in compagnia di Giuseppe Calabi, entrambi esponenti della Mazzini Society. Quella sera i due avevano atteso all’uscita della redazione de Il Martello di quattro collaboratori (tra cui Vanni Montana, segretario di Luigi Antonini, e Giovanni Sala) militanti come Tresca del comitato di agitazione antifascista della Mazzini Society di New York impegnati nella strutturazione dei "comitati della vittoria" che nascevano fra le comunità italiane in USA. Tali comitati ipotizzavano la nascita di un governo provvisorio in esilio, poiché credevano che la caduta del fascismo fosse prossima e inevitabile. Saltato all’appuntamento, poiché i quattro uomini non si presentarono, i due si apprestarono ad attraversare la strada quando Tresca fu colpito mortalmente da due colpi di pistola sparati da un killer appostato al buio.
Tresca fu tradito?
Alcuni dettagli che gettano sospetti su altri appartenenti alla Mazzini Society: Tresca e Calabi il giorno dell’assassinio avevano appuntamento con importanti dirigenti sindacali: Vanni Montana - ex-fascista dell’OVRA, poi agente OSS e in quel momento anche segretario di Luigi Antonini, il presidente dell’Italian-American Labor Council - e Giovanni Sala, dell’Amalgamated Clothing Workers of America. Luigi Antonini era uno dei propugnatori dell’ingresso di Generoso Pope e di antifascisti da burletta riciclati nei "comitati antifascisti", in contrasto irriducibile con la "linea di Tresca" sull’unità del fronte antifascista portata avanti dal gruppo che faceva capo all’anarchico di Sulmona. Inoltre sia Luigi Antonini che Vanni Montana avevano conoscenze fra i noti capibastone mafiosi e negli alti ambienti istituzionali americani: quindi si prospetterebbe il sospetto, o comunque non sarebbe assurdo ipotizzarlo, di un complotto nato e sviluppatosi anche tra i membri della Mazzini Society.
Un capro espiatorio: i comunisti
Alla morte di Tresca, il gruppo degli ex fascisti guidati da Pope e quello di Antonini e Montana della Mazzini Society, indicarono senza mezzi termini Vidali come il responsabile dell’assassinio. I comunisti invece, sostenuti dal giornale L’Unità del Popolo, accusarono i fascisti e soprattutto Antonini (colui che all’interno della Mazzini Society era ostile all’entrata dei comunisti ma non degli ex-fascisti) di un complotto volto a spezzare l’unità antifascista, suggerendo che l’uccisione di Tresca facesse parte di una complessa battaglia politico-ideologica volta ad impedire la convergenza tra le forze liberaldemocratiche e il movimento comunista.
D’altronde anche il giudice istruttore Louis Pagnucco mirò ad incriminare il comunista Vittorio Vidali, il leggendario Comandante Carlos delle Brigate Internazionali, dell’assassinio di Carlo Tresca. Vidali fu indicato anche come l’assassino di Trotzkij, ma i fatti dimostrarono ampiamente che anche con quella vicenda non c’entrava nulla.
"Già più di venti anni fa, il giornalista Furio Morroni, allora redattore del Progresso Italo-Americano annunciò di aver compiuto ricerche pazienti negli archivi e nelle biblioteche di New York e tra i dossier del Federal bureau of investigation, esaminando i carteggi tra le autorità americane e il governo fascista e le indagini sul caso Vidali e dichiarava: «Sono riuscito a trovare le prove che non solo Vidali non c’entra nulla nel delitto Tresca, ma che l’omicida, killer prezzolato, fu proprio Carmine Galante» (Panorama, 6 aprile 1981). Secondo Morroni, Vidali non era a New York al tempo dell’assassinio di Tresca e una lettera con documentazione fotografica che sosteneva il suo alibi era stata fatta sparire dall’istruttoria, ma Edgar Hoover, il potente capo del FBI aveva indirizzato le indagini su Vidali, utilizzando il sindacato dei sarti, in particolare un certo Vanni Montana, segretario di Luigi Antonini."[6]
La verità: movente e colpevoli
« E qualche volta deve morire anche l’innocente. "E da quando ci preoccupiamo della gente al di fuori del nostro mondo?" Joseph Bonanno rimbrotta un gregario che ordisce l’omicidio particolarmente odioso di un giornalista antifascista militante, Carlo Tresca, nel 1943. "Vuoi che questa famiglia permetta che si agisca come comuni criminali?" Però Tresca viene ucciso. "Fu il momento più difficile della mia vita di padrino" lamenta. Così difficile, a quanto pare, che non poté menzionare l’episodio, o Tresca, nella sua autobiografia. Neppure il film lascia intendere che l’omicidio fu largamente attribuito a Galante. » (Tratto dal libro di Joseph Bonanno[7])
Seppur il caso Tresca sia ufficialmente irrisolto, i risultati di diverse indagini parallele a quelle ufficiali, conversero nel sostenere che si trattò di un complotto mafioso e fascista: il giorno dopo il delitto era stato arrestato Carmine Galante, uomo del clan di Vito Genovese, che alcuni testimoni avevano visto poco prima del delitto a bordo di un auto praticamente identica a quella usata dagli assassini e poi abbandonata. Galante rimase in galera fino al dicembre del 1944, quando "improvvisamente" qualcuno gli trovò un alibi. Prima di allora, alcuni mafiosi pentiti indicarono Frank Galante e Carmine Garofalo gli esecutori materiali e Vito Genovese quale mandante su espressa richiesta di alcuni gerarchi fascisti infastidate dalla lotta antifascista di Tresca e della sua denuncia contro l’infiltrato Generoso Pope.
Tutti gli implicati nell’omicidio di Tresca, li ritroviamo agire impunemente nel primo secondo dopo guerra in Sicilia in stretta collaborazione con angloamericani, fascisti, poliziotti ed ex torturatori al servizio del fascismo nel nord est italiano e nella zona di confine. Mai condannati, agirono in chiave antioproletaria e proprio la Mazziny society, di cui Carlo Tresca era uno degli esponenti più ascoltati, sarebbe stata per loro un buon trampolino di lancio per gli intrecci eversivi antiproletari di cui la Sicilia fu epicentro in quel periodo.
L’intuizione di Taddei
Ezio Taddei, anarchico e scrittore che negli USA visse un lungo periodo di amicizia e collaborazione con Carlo Tresca, accusò pubblicamente la mafia italo-americana e i fascisti della morte del direttore de Il Martello. Oltre a presentarsi spontaneamente alla magistratura, in seguito scrisse un libro [8] sul caso Tresca, in cui affermò senza esitazioni che "i responsabili del delitto, secondo le ammissioni di un agente dell’Ufficio Narcotici, erano due boss della mafia, Frank Garofalo[9] e Carmine Galante[10], latitanti da anni".
Per Taddei, a quanto afferma la sorella[11], gli esecutori materiali furono quindi Galante (successivamente capobastone di Joseph Bonanno[12]) e Garofalo, che nel seguito fece una "onoratissima" carriera di mafioso al ritorno in Italia nel dopoguerra [13], avrebbero agito direttamente su mandato di Generoso Pope e altri mafiosi come lui. (Riguardo al mandante, esiste quindi una discordanza tra la versione di Ezio Taddei e quella più Mauro Canali, che invece indica Vito Genovese, tuttavia ciò non sminuisce per nulla l’intuizione di Taddei, anche perché egli fu il primo a denunciare questo complotto, senza peraltro poter visionare al documento ufficiale).
L’indagine di Mauro Canali
Lo storico Mauro Canali, potendo aver a disposizione la documentazione desecretata dell’OSS, poi CIA, é pervenuto alla conclusione che gli investigatori americani avessero subito individuato la giusta pista per individuare gli assassini di Tresca, ovvero Carmine Galante e Frank Garofalo che agirono su ordine di Vito Genovese, e non di Pope (come invece affermava Taddei)[11], in quel momento in Italia e con ottimi rapporti sia con Mussolini che con le alte sfere fasciste che guidarono l’operazione. Canali giunse invece alla conclusione che Pope fu la causa dell’assassinio di Tresca, che lo aveva denunciato come fascista e falso antifascista infiltrato, ma non direttamente il mandante. Quindi Genovese sarebbe stato l’organizzatore dell’omicidio dell’anarchico Carlo Tresca[14] che prese a denunciare senza timore gli antifascisti dell’ultima ora, ricevendo, secondo alcuni, una ricompensa di 500.000 dollari.
Messaggi
1. Per chi la mafia l’ha combattuta davvero. In ricordo di Carlo Tresca, 7 settembre 2009, 21:37, di Nando
Grazie Marco per l’ottimo servizio,effettivamente Carlo Tresca ha combattuto la mafia ed è stato ’prermiato’ rimettendoci la vita. Purtroppo succede sempre così per chi vuole combattere la mafia e le ingiustizie. Spero che molte persone incominciano a capire che il vero cancro della società italiana e non sono gli intrecci connivenze e collisioni tra una buona parte delle istituzioni della mafia e del sistema economico-finanziario che appunto tutti insieme formano il capitalismo cioè la rovina,la povertà, le guerre, la criminalità e la devastazione ambientale.
1. Per chi la mafia l’ha combattuta davvero. In ricordo di Carlo Tresca, 7 settembre 2009, 21:54
L’aspetto veramente significativo di questo articolo di memoria è che pressochè tutti i nomi citati saranno poi ricorrenti in vicende successive.
C’è addirittura un futuro capo della Cia, Hoover, ma soprattutto ci sono tutti i principali mafiosi che permetteranno, solo qualche mese dopo, alle truppe americane di sbarcare in Sicilia senza quasi colpo ferire ...
In cambio del dominio, in funzione anticomunista, garantito dagli stessi Usa, di Cosa Nostra in Sicilia ...
Qualcosa di cui ancora oggi stiamo pesantemente pagando le conseguenze ....
Compagni come Tresca sono stati uccisi per permettere questo stato di cose ....
K.
P.S. Vidali con l’assassinio di Tresca ( ed anche con quello di Trotzky) non c’entrava sicuramente niente ma certo la montatura contro di lui era stata messa in piedi anche perchè la sua fama di giustiziere di anarchici ( tanto per citarne uno, Camillo Berneri) e di trotzkisti durante la guerra di Spagna la poteva rendere certamente un pò credibile ....
2. Per chi la mafia l’ha combattuta davvero. In ricordo di Carlo Tresca, 8 settembre 2009, 16:25, di Lupo Rosso
fermo restando che Vittorio Vidali , seppur uomo ed antifascista eccezionale , era accerrimo nemico degli anarchici non vi son prove dirette della sua implicazione negli assassini dei compagni Nin del POUM e Berneri certo sapeva quel che si prospettava ma invece di fermarci a Vidali figura di " secondo " piano perche’ non arriviamo agli inizi ovvero a cosa faceva Togliatti in Spagna !?
3. Per chi la mafia l’ha combattuta davvero. In ricordo di Carlo Tresca, 8 settembre 2009, 16:30
Togliatti in Spagna era il diretto superiore di Vidali.
Se Vidali "non poteva non sapere" figuriamoci Togliatti ...
Io ho citato solo Vidali perchè c’entrava direttamente con l’articolo iniziale mentre Togliatti no ....
Raf
4. Per chi la mafia l’ha combattuta davvero. In ricordo di Carlo Tresca, 10 settembre 2009, 13:01, di Lupo Rosso
tornando al compagno Tresca vi sono una serie di articoli che sarebbe meglio conoscere per inquadrare e comprendere i successivi sviluppi
sui rapporti generali mafia fascismo
http://ita.anarchopedia.org/mafia_e_fascismo
sul proseguio dopo lo sbarco alleato convegno tenuto dai maggiori esperti di storia attuale siciliana
http://ita.anarchopedia.org/Convegno_di_Palermo:_rapporti_tra_istituzioni,_fascismo_e_criminalit%C3%A0
il comportamento degli organi di repressione dello stato
http://ita.anarchopedia.org/Il_secondo_dopo-guerra_in_Italia:_corpi_di_polizia_e_repressione_della_lotta_antifascista
i caduti in piazza durante le rivolte del dopoguerra
http://ita.anarchopedia.org/Cronologia_delle_rivolte_e_dei_morti_dalla_caduta_del_fascismo_ai_giorni_nostri