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Per la morte di Giuseppe Casu (lettera aperta a Haidi Giuliani)
Publie le mercoledì 18 ottobre 2006 par Open-Publishingdi Francesco "baro" Barilli
Cara Haidi,
sono passati ormai tre anni da quando è nato il sito delle
"reti-invisibili", che faticosamente raccoglie la memoria di tanti omicidi
("di piazza", di stragi, nelle carceri) rimasti senza colpevoli, di tante
vittime che, oltre a vedersi negata giustizia, hanno spesso visto la propria
memoria infangata, da apparati dello stato o da media superficiali. Ma non
ti scrivo oggi per tracciare un bilancio, ai bilanci non sono portato,
preferisco guardare avanti. Ti scrivo per raccontarti una storia; per
raccontarla, però, uno sguardo al passato è necessario.
Se penso a cosa abbiamo fatto fino ad oggi mi addolora un pensiero. Tre anni
fa pensavo che sarebbe stato faticoso recuperare tutti i fatti arretrati. In
effetti quella dificoltà c’è, ma non mi spaventa, o non mi spaventa quanto
la constatazione che fino ad oggi ci siamo dovuti interessare anche a fatti
nuovi, che drammaticamente hanno riproposto le stesse "vecchie" dinamiche.
Non ti faccio nomi, li sai. Ogni volta abbiamo dovuto ripercorrere lo stesso
doloroso percorso: le lacrime, la rabbia, le menzogne, la distorsione dei
fatti o il silenzio sugli stessi, magari un’archiviazione...
Sai cosa mi ha sorpreso, in questi anni? Il numero di persone che mi hanno
scritto per denunciare a reti-invisibili fatti analoghi a quelli che
documentiamo sul sito. Gente che mi ha mandato materiali per vicende del
passato, certo, ma pure ragazzi che denunciano nuovi abusi, alcuni di questi
fortunatamente non sfociati in tragedie. E’ stato grazie a questa
mobilitazione spontanea che sono venuto a sapere di tante storie. L’ultima è
quella di Giuseppe Casu, una morte "piccola" (se mai una morte può essere
definita tale), ma emblematica. Una storia che faticosamente sta venendo
alla luce grazie al neonato "Comitato Verità e Giustizia per la morte del
signor Giuseppe Casu". Eccoti la vicenda, che ti riporto grazie alla
ricostruzione fatta dal Comitato.
Siamo in Sardegna, a Quartu, dove da qualche tempo l’amministrazione
comunale ha attivato una lotta contro i venditori ambulanti privi di
licenza. E’ proprio così, hai capito bene: la solita storia del "ripristino
della legalità".
Giuseppe Casu è uno di questi ambulanti. Vende frutta e verdura in una
piazza di Quartu. Suppongo minacci la legalità con zucchine
insurrezionaliste e peperoni sovversivi. Riceve numerosi verbali per la sua
attività; li paga tutti, tranne l’ultimo: un verbale di 5.000 euro che gli
viene contestato lo scorso 14 giugno. Il signor Casu reagisce energicamente
a quest’ultima contravvenzione, che deve apparirgli come una provocazione,
una prevaricazione cui non vuole sottomettersi... O forse un ultimo
avvertimento di qualcosa di peggiore che potrebbe accadergli.
Il giorno dopo, 15 giugno, secondo la ricostruzione del Comitato, Giuseppe
Casu viene affrontato violentemente da carabinieri e guardie municipali.
Viene caricato ammanettato su una barella e portato via: si tratta di un
ricovero coatto, tecnicamente definito Trattamento Sanitario Obbligatorio
(TSO).
Cara Haidi, ti salto i passaggi intermedi, che potrai leggere su
reti-invisibili o indymedia, grazie al documento redatto dal Comitato sorto
per chiedere giustizia per Giuseppe Casu. Ti basti sapere che il venditore
ambulante resterà per una settimana in un reparto psichiatrico, soggetto a
contenzione farmacologica (ossia somministrazione in dosi massicce di
psicofarmaci) e contenzione fisica (ossia legato mani e piedi al letto),
senza che le ferite riportate la mattina del 15 giugno siano curate, senza
preoccuparsi dell’aggravarsi delle sue condizioni. Morirà il 22 giugno.
Un successivo comunicato dell’ASL, emesso nell’ambito di un’inchiesta
interna conseguente anche le segnalazioni dei familiari, non parlerà di un
rapporto causa-effetto fra l’inumana degenza e il decesso, ma emetterà una
condanna morale durissima. Il comunicato dirà (fonte: La Nuova Sardegna del
27 settembre) che nel caso dell’ambulante "la contenzione e’ stata
effettuata per un periodo eccezionalmente lungo, senza interruzione ... non
si giustifica per un periodo cosi’ lungo e, in piu’, sommata alla
contenzione farmacologica. La commissione non lo ritiene accettabile sotto
il profilo clinico oltre che etico".
Sicuramente qualcuno, a questo punto, potrebbe obbiettare che questa vicenda
ci riempie d’indignazione, ma resta ben diversa dalla storia di Carlo, di
Aldro, di Fausto e Iaio, di Piero. Credo che a te, al contrario, non sfugga
l’emblematicità della morte di Giuseppe Casu. Una morte che ci ricorda che
la nostra società, per come è costituita, non si limita semplicemente a
produrre ingiustizia ed esclusione, ma E’ BASATA su ingiustizia e meccanismi
di esclusione. Le morti senza giustizia, le morti "dimenticate" sono la
punta di un iceberg che vanta una base sommersa, profonda, inesplorata. La
società semina un raccolto amaro: questi morti sono i suoi frutti.
Non mi interessa, dunque, se clinicamente esista o meno un nesso
causa-effetto fra il TSO subito sal signor Casu e la sua morte: quel nesso
esiste sul piano logico, sociale, politico.
Giuseppe Casu non c’è più, ma questa mia lettera vuole testimoniare non solo
la sua vita, ma pure la sua piccola-grande ribellione, la persecuzione cui è
stato sottoposto, le sue sofferenze finali. Non è molto, ma è quanto posso
fare.
Ti abbraccio
Francesco "baro" Barilli