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Per la pace in Darfur

Publie le lunedì 9 luglio 2007 par Open-Publishing

de Vittorio Agnoletto

L’Assemblea Ue-Acp (Paesi di Africa, Caraibi, Pacifico) ha approvato una risoluzione molto importante
per il Darfur. Dopo il sì del Sudan a una forza di interposizione che protegga i civili, composta
da caschi blu e da truppe dell’Unione africana, l’Europa chiede a tutte le parti coinvolte il cessate il
fuoco. E al governo di Khartum di riconoscere la Corte Penale Internazionale, che dovrà giudicare i
responsabili dei massacri.

L’Europa si muove per il Darfur. Un primo, concreto, progresso è stato raggiunto pochi giorni fa
all’assemblea paritetica Ue-Acp (le ex colonie dell’area Africa, Caraibi, Pacifico), che si è svolta a
Wiesbaden, in Germania. Si tratta di una risoluzione comune finalizzata a proteggere in primo luogo
i civili, per porre fine al massacro del quale è vittima da tempo la popolazione del Darfur. Il successo
di tale risoluzione sta anzi tutto nel coinvolgimento del Sudan: per la prima volta anche lo
Stato africano ha firmato il testo della mozione.

Che cosa abbiamo ottenuto? Il governo sudanese ha finalmente accettato di passare da una forza
di interposizione composta solo dall’Unione Africana (Ua) a una forza congiunta, formata da Ue e
da truppe dell’Onu. Sarebbe stata auspicabile la presenza esclusiva dei caschi blu, ma il compromesso
raggiunto è già un passo avanti significativo.

Il documento congiunto contiene anche un esplicito richiamo al ruolo della Cina nei negoziati, visti
gli enormi interessi commerciali di Pechino in Sudan.
Inoltre, l’assemblea paritetica ha chiesto a tutte le parti in causa di impedire il reclutamento di
bambini soldato e ha lanciato un appello al governo del Sudan affinchè protegga i minori orfani e
abbandonati, come previsto dalle convenzioni internazionali.

Ancora. Il testo ratificato a Wiesbaden include la richiesta di cessare ogni importazione di armi nelle
zone del conflitto e chiede al governo sudanese e alla comunità internazionale di garantire gli
aiuti umanitari.
Riguardo al disarmo, si sollecita il Sudan a deporre le armi e a farle deporre a tutte le milizie coinvolte,
compresi i Janjaweed, i miliziani filogovernativi coinvolti nel conflitto nella regione del Darfur.

Ue e Acp auspicano poi l’unità dei gruppi ribelli, un invito piuttosto insolito, che equivale ad un riconoscimento
politico della loro lotta.

Infine, il documento conclusivo si appella al Sudan affinchè riconosca la Corte Penale Internazionale,
deputata a giudicare crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Perché quella dovrà essere
la sede in cui definire le responsabilità di un massacro che dura dal 2003: 400mila morti vuol dire
essere di fronte a un genocidio.