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Per ringraziare tutti i fratelli di Antonio...
Publie le giovedì 23 febbraio 2006 par Open-Publishing1 commento
...imparare a morire, significa disimparare a servire...
M. Montaigne
scriviamo queste due righe per ringraziare tutti coloro che si sono stretti intorno ad antonio, ai suoi cari e ai suoi compagni, in questi giorni di profondo dolore:
e’ passato un po’ di tempo, troppo poco...
un mese all’incirca dalla morte di Antonio. Da quel saluto collettivo che gli abbiamo dato direttamente dalla sua casa, dal suo spazio sociale, dal suo rifugio. Abbiamo dato vita ad una manifestazione pubblica del nostro dolore, abbiamo reso palpabile i nostri umani e profondi limiti di uomini e donne di fronte al dolore della finitezza umana.
Abbiamo incrociato molti sguardi in quell’ex cinodromo che per qualche ora e’ sembrato sospeso dentro un alone magico ed irriproducibile. Ci siamo stretti in tanti intorno ad Antonio senza convenevoli e senza molta retorica.
"...una cosa cosi’ si fa’ per i vivi e non solo per il morto..." e forse e’ proprio cosi’.
vivi ma piu’ fragili poiche’ ancora tremendamente presi da gioia, pianto, riso, dolore, passione e miserie di questo mondo. Gli abbiamo dato un saluto enorme di profonda partecipazione insieme a tutte quelle compagne e a quei compagni che hanno voluto abbracciarlo senza rinunciare, nel produrre rito e simbolo, ai propri riferimenti culturali e politici. Abbiamo anche in questa occasione noi tutti tentato di affermare forme di vita altre rispetto a questo modello di societa’ della guerra globale che rifiutiamo in ogni suo aspetto. Anche li’ abbiamo chiuso il potere in un angolo, nessuno e’ venuto a celebrare la morte di Antonio. Non abbiamo avuto bisogno di chi ci somministrasse il rito attraverso forme laiche o ecclesiastiche di potere.
Eravamo un cerchio ed anche Antonio ne faceva parte. Un cerchio di uomini e donne che non vogliono soccombere allo stato di cose presenti. Eravamo diverse generazioni a ricordare un ragazzo dalla storia molto particolare di questa italietta di magistrati zelanti e carceri speciali. Antonio era nato dentro una di queste carceri, figlio di militanti rivoluzionari che hanno pagato insieme ad altre migliaia di compagni la vendetta dello stato contro l’emergenza sociale e sovversiva di quegli anni. Una storia particolare che ha reso un clima unico intorno alla vita di Antonio cosi’ difficile e particolare.
Una storia fatta di movimento, passioni, lotte, e tarde ore la notte. Una storia di vita coraggiosa e forse piu’ vissuta di tante altre indecise e superficiali. Antonio era estremamente generoso, ma soprattutto umano, oltre il bene ed il male, era pieno di contraddizioni, come ognuno di noi e non le nascondeva. Le porgeva con grande sincerita’ senza sfuggire le sue insicurezze, senza ammantarsi mai di chissa’ quale sovraumana dote, ma sempre affrontando la realta’ dentro quell’umano crinale di contarddizione e di limite.
E Antonio e’ morto lavorando e questo per noi dice molto. L’amore per lui diventa rabbia e desiderio di trasformazione. Antonio e’ morto svolgendo un pericoloso lavoro. come tanti altri ce ne sono. Faceva il pony a lunga percorrenza e tra una stressante chiamata e l’altra ha fatto un incidente mortale. Antonio e’ morto sul lavoro come all’incirca un migliaio di persone l’anno. e cosi’ la fredda statistica ha aggiunto il nome di un nostro fratello... e a questa mortifera consolazione non ci vogliamo piegare e rassegnare. Ora vogliamo trovare la forza che ancora ci sfugge per andare avanti, ma con quell’ enorme consapevolezza che sebbene pesi come un macigno puo’ darci essa solamente l’energia necessaria per affrontare aldila’ delle parole, la quotidianita’ nella sua complessita’.
Ora siamo solo sicuri che ci aiutera’ quell’alchimia che abbiamo nei nostri corpi, quell’alchimia che trasforma l’amore in rabbia e il rispetto in azione. Ora sentiamo piu’ forte di prima quella spinta propulsiva che per tanto tempo abbiamo condiviso con antonio. Ora a partire anche da come e’ morto, vogliamo saper rilanciare con quella lucidita’ che ancora ci manca, la capacita’ di riannodare le fila di un ragionamento che vogliamo continuare a tessere in questa metropoli di solitidini.
mandiamo un abbraccio forte a franca e a paolo, cosi’ come a tutte le compagne e i compagni che abbiamo incrociato in questi giorni.
quelli di Acrobax...
Messaggi
1. > Per ringraziare tutti i fratelli di Antonio... , 23 febbraio 2006, 22:13
Ricordi
by un’acrobata
Il dolore e la disperazione per la tua morte inaccettabile stanno lentamente sfumando…lentamente. Affievoliti anche dal meraviglioso saluto che tutt@ noi che ti abbiamo conosciuto ci siamo regalati con fatica, stretti gli uni agli altri e intorno a te, a centinaia. Non scorderò mai quel calore, quel corale “ciao Antò” disperato, furioso, spaventato…
I giorni passano, scanditi da una quotidianità pressante, dai ritmi inappellabili che ci impongono di continuare a vivere, sognare, lottare… La rabbia per la tua morte però è rimasta, e aumenta giorno dopo giorno insieme alla devastante consapevolezza che non rivedremo mai più quel sorriso, quegli occhi blu, che non sentiremo più quella voce tremante, per tanti di noi fonte di risate e riflessioni…
Quante lacrime solitarie, quanti pianti collettivi, abbracci, baci, carezze.... quante poche parole, quante belle parole, quante verità soggettive...rimbombano nel vuoto che hai lasciato tra di noi.
Sto scoprendo nascere in me una nuova forma di dolore da coltivare… un dolore che si nutre di
tempo, di elaborazione, di cose da fare, del mondo da cambiare... sono giorni di rabbia intensa in cui mi capita di sfogarmi nei modi più assurdi, insensati o sensati che siano... giorni in cui le domande si moltiplicano alla ricerca di un senso perduto che nessuno di noi troverà mai...
Sono giorni difficili perchè mi vieni in mente continuamente, in cui i ricordi mi riempiono la bocca di parole, che esprimo e trattengo o racconto a me stessa... e me li racconto e li giro e li cerco nelle fughe del pensiero... questi ricordi, per il timore di perderli nei meandri della quotidianità, per la consapevolezza di non voler sfuggire il dolore facendo finta di nulla per sopravvivere, per la stupida e insensata paura di non poter raccontare domani chi eri…. Antò...
Antonio e i suoi ideali puri
Antonio e la serigrafia che non c’è
Antonio col volto coperto in prima fila
Antonio e le pareti da stuccare
Antonio bimbo nelle carceri di massima sicurezza con la madre Franca
Antonio detto “er pesca” perché da napoletano a napoli è stato capace di farsi fregare come un pollo
Antonio da cercare nell’oceano delle manifestazioni
Antonio stralunato, coraggioso, contraddittorio
Antonio col Karategi
Antonio antifascista e partigiano
Antonio che difende le case occupate col cuore e col corpo
Antonio “er napoletano” perché per tant@ di noi era anche questo…
Antonio tifoso ultra’ della Roma sugli spalti dell’Olimpico coi Fedayn
Antonio con la telecamera o la macchina fotografica in mano, a raccogliere brandelli di vita in movimento attraverso un obiettivo.
Antonio con le sue passioni assolute, perché era evidente che per lui una qualsiasi scelta, un’amicizia, la militanza, lo sport, la musica… erano totali, anche se magari discontinue.
Antonio così umano e generoso.
Ricordo il viaggio verso la Val Susa, in treno, a giocare coi compagni di Napoli, a gridare cori gli uni “contro” gli altri… “Napoletani zingari!!!” E te schierato con la tua napoletanità…quanto abbiamo riso mentre come gli scemi ci spintonavamo nei corridoi del treno, mentre ci facevamo i cariconi in 50 cm di spazio e ridevamo, ridevamo… Come fosse un gioco, un rito di sfogo prima di affrontare la lotta della Val Susa, pronti a tutto, in un territorio sconosciuto e aspro che fù dei partigiani e che ora nel 2005 ci troviamo a difendere ancora… Ricordo il fiume di gente a Venaus nel quale, come sempre da acrobati, ci siamo sciolti… per perderci, cercando di esserci durante le cariche della polizia infame… per poi ritrovarci nella valle di Venaus, col volto coperto e la neve che soffice e lenta scendeva mentre a migliaia pressavamo sulle recinzioni del cantiere per riprenderci con i valsusini quello che codardamente i poteri forti avevano provato a strappare alla determinazione della società in rivolta… Faceva freddo, Antò, ma quanto calore abbiamo ricevuto e dato quel giorno… Quanta rabbia, ancora una volta, l’ennesima volta, condivisa… nella neve nel sole nella pioggia… E poi il ritorno a Bussoleno, seduti in un bar a bere un finto vin brulè e a scazzarci e confrontarci con l’atteggiamento da tenere con gli altri che volevano ripartire per Roma senza di noi… Tu generoso, forse rassegnato, certamente stufo di dover riaffermare ancora, sempre tra compagni, la necessità di comportamenti chiari e corretti, io inkazzosa come sempre, assolutamente non disposta a cedere, con la voglia di rimarcare sempre una scorrettezza anche se piccola… Quante volte anche dopo il 6 novembre ci siamo trovati in disaccordo su queste cose, e quanto mi stimolava questa diversità di approccio che, oltre che in te, ritrovavo soprattutto nei compagni più attempati… Ci ho sempre pensato molto a questo tuo essere insieme “antico”, come amorevolmente ero usa chiamarti, e “ggggiovane” come spesso ci capitava di autodefinirci per sottolineare la nostra rabbia e le nostre pretese di compagni del nuovo millennio….
Ricordo la sera di capodanno, tra amici a casa di Sandro, a mangiare e a brindare insieme al nuovo anno alle 10.00 perché poi dovevate andare a lavorare al Brancaleone a fare i buttafuori… lavoro di merda, con gli auricolari e i torcioni che mi raccontano che tu detestavi…ed io ci credo, perché la tua rabbia era vera e infatti la sfogavi altrove, nelle piazze, nelle strade, contro fasci e polizia… Non certo contro qualche pischello esaltato o pisto di alcool e droga… In questi casi bastano le mani, giusto Antò? Ti ricordo sorridente, felice insieme a Petra, insieme a noi… Adesso lo odio il 2006 Antò, perché ti ha portato via da tutti noi… senza un motivo, senza neanche il tempo di dirti ciao, di abbracciarti, di farti vivere oltre i tuoi 28 anni…
Ricordo la serata per Radio Onda Rossa, il 7 gennaio al cinodromo… anche se ci ho messo molto a ricordarmi quello di cui avevamo parlato perchè era un clima intimo e forse era la prima volta che mi trovavo così con te... Era tardi e ci siamo chiusi in camera tua a chiacchierare prima che tu, da amico generoso, mi accompagnassi con quel cazzo di scooterone all’occupazione di casal de Merode, dopo tre anni di Cinodromo, la mia nuova casa, la mia nuova sfida…. Abbiamo parlato di questo, di quanto sia importante rimettersi in gioco continuamente, e difficile… e tu mi ascoltavi… Ci si parlava bene con te, anche se solo di recente avevamo cominciato a discutere anche di noi, del nostro privato… Entrambi forse persone che non assimilano immediatamente l’essere compagni di lotta all’essere compagni di vita, entrambi bisognosi di tempo per capire l’affinità oltre il confronto politico…. Recentemente eri apprensivo con me, come se mi dovessi proteggere dalle attenzioni degli uomini, adesso che ero sola dopo anni di un amore difficile da terminare… Eri protettivo e mi facevi ridere quando rimettevi in riga anche solo gli sguardi o i pensieri di qualcuno verso di me… In motorino, col freddo che ci tagliava la faccia, mi hai detto che stavi pensando di lasciare quel lavoro di merda, che forse era giunta l’ora di scrivere quella cazzo di tesi di laurea sul terzo cinema, ribelle, militante latinoamericano di cui avevamo parlato spesso, su cui ci eravamo scambiati libri e film… Antonio, l’unico in Italia ad aver letto un po’ della mia tesi di laurea sul cinema argentino della rivolta al neoliberismo…
Antò, sono sicura che se non fossi stato costretto a lavorare avresti fatto un sacco di cose… Con un reddito garantito in tasca avresti girato il mondo, avresti fatto il fotografo e il videomaker, avresti visto più spesso i tuoi amici, avresti suonato il basso (che eri costretto a suonare in orari improponibili con somma rabbia dei tuoi vicini di stanza, me compresa…), forse chissà non ti saresti laureato lo stesso… avresti dedicato ancora più tempo a sovvertire questo mondo ingiusto e sbagliato… Avresti fatto un sacco di cose e molte già le facevi, perché come tanti precari eri una persona attiva, pur nei ritagli di un tempo tiranno che sceglie per te e ti impone i campi in cui essere produttivo…
Antò sei morto mentre lavoravi… eri su quella strada verso Ostia non perché stavi andando a vedere il mare d’inverno, perché eri malinconico, o perché avevi voglia di solitudine o di urlare al cielo e al silenzio la tua rabbia o la tua gioia… sei morto perché il destino è stato infame e perché la vita ci impone ritmi di lavoro che non sono nostri, non sono umani, non sono sopportabili… Sei morto mentre aspettavi di sapere se la cassazione ti avrebbe condannato agli arresti domiciliari come rapinatore per la manifestazione del 6 novembre 2004, solo per aver preteso, con altre centinaia, migliaia di persone, uno sconto al supermercato e in libreria, perché COSTA TUTTO TROPPO… Ti avevo mandato un messaggio la mattina dell’incidente e ti ho anche mandato a ‘fanculo perché non mi rispondevi… Sei morto ammazzato dalla precarietà… ed io non posso e non voglio scordarlo… mai…
Questo vuoto enorme che sento è un vuoto collettivo, è una sedia vuota nel cerchio dell’assemblea, è una voce di meno ad arricchire i dibattiti, una stanza vuota nell’abitativo, un abbraccio mai dato, un sorriso negato, un compagno eccezionale che manca, come l’aria quando sei sott’acqua… In questi anni ho imparato cosa vuol dire essere compagni, e lo ho imparato nel fare, nel confronto, nell’azione, nell’elaborazione comune, nella ricerca di un linguaggio vero e includente, lo ho imparato vivendo e lottando, senza ideologia… E ora, con l’estremo dolore che mi porta la tua morte, lo so ancora di più che cosa significa essere compagni…quale ricchezza, quale forza, quale complessità, quale normale eccezionalità, quale respiro comune è racchiuso in questo modo di chiamarsi, in questo modo di vivere la vita…
Vorrei essere lucida, vorrei rilanciare, vorrei trasformare il presente, vorrei far rivivere il passato coltivandone la memoria…. Vorrei averti vicino Antò, fratello, compagno, amico…
Ti cercherò in ogni piega del futuro, in ogni corteo, in ogni momento di conflitto collettivo, ogni giorno… ti troverò in ogni volto coperto, in ogni barricata, in ogni emozione, in un angolo tuo nella mia mente e nel mio corpo… un angolo ottuso, esagerato, raro, caldo, contraddittorio, vivo come te…
Con rabbia e con amore