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Piano del governo su Alitalia;profitti ai privati , perdite al pubblico
Publie le giovedì 28 agosto 2008 par Open-Publishing2 commenti
"Libero mercato":chi paga?
Utilcapitalismo e socialperditismo;ecco il nuovo geniale ibrido fra i 2 sistemi sociali dell’Occidente moderno attuato dal governo Berlusconi.
Paradigmatica la vicenda Alitalia.Le perdite e gli oneri andranno ad una "bad company"(compagnia cattiva/balorda,bel nome..) che sarà sostenuta da noi essendo al 100% del Tesoro.
Ripuliti dal fardello dei debiti/costi e dei lavoratori in esubero,i profitti andranno ad un gruppo di coraggiosi miliardari italiani amanti del rischio (zero),come ogni buon imprenditore.I nomi sono illustri;Colaninno,Benetton,Gavio,Marcegaglia,Caltagirone,Tronchetti-provera,BancaIntesa.Molti di questi con un investimento sotto i 20 milioni di euro.
Con qualche milioncino si troveranno quasi in omaggio la loro bella compagnia aerea,mentre noi tutti ci troveremo sulle spalle il ripianamento dei debiti con un’estensione del decreto Marzano,quello scritto per salvare Parmalat.I circa 7.000 dipendenti in esubero verrano smistati verso Poste,Catasto ,ma ancora non è chiaro in che modi e a che condizioni.Gli azionisti picccoli rassicurati per ora solo a parole.
Praticamente,si azzerano al massimo possibile i rischi e i costi scaricandoli a spese nostre e poi si regala il gioiellino ripulito agli amici "capitani d’impresa".
Sistema socialista quando si devono scaricare i debiti agli altri e sistema capitalista quando si devono incassare i soldi per sè.Amen.
Messaggi
1. Piano del governo su Alitalia;profitti ai privati , perdite al pubblico, 28 agosto 2008, 13:06, di SdL intercategoriale
comunicato stampa
se il Piano e’ quello che emerge dalla stampa
ci chiediamo chi possa averlo partorito
Dichiarazione di Fabrizio Tomaselli
Coordinatore nazionale SdL intercategoriale
Non siamo soliti fare dichiarazioni sulle “indiscrezioni” di stampa, ma ciò che emerge sul Piano Alitalia ci porta a due semplici considerazioni, una di carattere industriale, l’altra prettamente sindacale.
1) Ci chiediamo chi ha potuto pensare che un Piano che si basa sul forte ridimensionamento della flotta e sulla concentrazione sui voli nazionali, possa avere realmente successo. Industrialmente questa scelta porta alla chiusura entro poco tempo perché è ormai risaputo che il settore con il quale è possibile rendere redditizia una compagnia aerea, che non sia una low cost, è soltanto quello intercontinentale che ha costi unitari più bassi ed è soggetta a minore concorrenza. Se a questo si aggiunge che si opererebbe una riduzione fortissima degli aerei e dei voli nazionali/internazionali, a tutto vantaggio dei competitori, non si comprende bene che tipo di filosofia economica ed aereonautica abbia seguito l’estensore di questo “Piano”.
2) Tutto ciò ha come conseguenza una riduzione enorme del personale, con tagli e fuoriuscite che non possono essere gestite con ammortizzatori sociali e non possono neanche essere comprese dal punto di vista dell’efficienza dell’azienda. Condizioni che per tutte le categorie presenti in Alitalia non possono essere accettate sia per gli esuberi complessivi quantificati, sia per le condizioni di lavoro e contrattuali che si preannunciano, sia per l’espulsione di migliaia di precari.
Confermiamo la nostra disponibilità a trattare, ma gli impegni pubblici presi dal Governo in questi mesi sono ben diversi da quelli che sembrerebbero emergere dal piano predisposto dai “tecnici” di Banca Intesa. E’ quindi evidente che se il Piano contenesse le “indiscrezioni” uscite oggi sulla stampa, la risposta del sindacato e dei lavoratori sarà durissima.
Nessuno pensi comunque di poter mettere 20.000 lavoratori con le spalle al muro con tempi ristretti e ricatti politici e mediatici come abbiamo già assistito nel passato, perché la reazione sindacale sarebbe ancor più forte.
Roma, 28 agosto 2008
1. Piano del governo su Alitalia;profitti ai privati , perdite al pubblico, 29 agosto 2008, 11:03
DELL’ARABA FENICE E DI ALTRI OGGETTI IMMAGINARI
di Andrea Boitani e Carlo Scarpa 27.08.2008
I contorni del nuovo piano Alitalia non sono ancora del tutto chiari, ma i profili di fondo suscitano più di un interrogativo. I partecipanti alla cordata chiedono al governo una sorta di deroga antitrust per riprendere il controllo del mercato italiano. Ma dov’è il rilevante interesse generale dell’economia nazionale che dovrebbe giustificarla? Molto più evidente è l’interesse privato dei nuovi acquirenti. E cosa sarà dei debiti della compagnia accollati alla bad company? Si prospetta l’ennesima socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti (sperati).
La pausa agostana ha fatto maturare la cordata italiana per il “salvataggio” di Alitalia. La composizione della cordata non è ancora del tutto definita, ma è scontata la presenza “forte” di Roberto Colaninno, che in luglio aveva dichiarato la sua indisponibilità in mancanza di un forte partner straniero. Se nel frattempo il partner si è manifestato con ragionevole certezza non è dato sapere, ma c’è da sperarlo. Le notizie di un nuovo interessamento di Air France-Klm si sono fatte insistenti. Del resto, per i manager del gruppo franco-olandese si tratterebbe di un affare migliore e con meno rischi di quello che si erano impegnati a concludere nello scorso marzo: niente debiti di cui farsi carico e nessun esubero da gestire, dal momento che gran parte dei primi (si dice oltre un miliardo di euro) e tutti i secondi (tra i 5000 e i 7000) verrebbero lasciati alla bad company. Inoltre, il piano “fenice” (non si sa se “araba” o meno) prevede la ripresa di controllo del mercato italiano, grazie all’acquisizione degli aerei e degli slot di Air One da parte della newco di Alitalia. Il ritorno al dominio del mercato aereo italiano viene da qualcuno presentato come necessario a contrattare con il possibile partner straniero da una posizione di minor debolezza. Va ricordato, tuttavia, che l’offerta Air France-Klm dello scorso marzo - sonoramente bocciata dai sindacati e dall’allora candidato premier Berlusconi in campagna elettorale - non prevedeva di imporre la rimonopolizzazione delle rotte interne e, in particolare, della Milano Linate - Roma Fiumicino, che è una delle più importanti d’Europa per volumi di traffico e sulla quale Alitalia e Air One, insieme, detengono quasi il 100 per cento del mercato.
Sebbene i contorni dell’operazione non siano ancora del tutto chiari, i profili di fondo si prestano a qualche riflessione e suscitano più di un interrogativo.
LA QUESTIONE ANTITRUST
È ormai certo che i partecipanti alla cordata richiedano al governo una “deroga antitrust”, proprio per conseguire il completo dominio del mercato interno. Il che significa ricorso all’articolo 25 della legge 287/90. Il primo comma di tale articolo recita: “Il Consiglio dei ministri, […] determina in linea generale e preventiva i criteri in base ai quali l’Autorità può eccezionalmente autorizzare, per rilevanti interessi generali dell’economia nazionale nell’ambito dell’integrazione europea, operazioni di concentrazione vietate ai sensi dell’articolo 6, sempreché esse non comportino la eliminazione della concorrenza dal mercato o restrizioni alla concorrenza non strettamente giustificate dagli interessi generali predetti. In tali casi, l’Autorità prescrive comunque le misure necessarie per il ristabilimento di condizioni di piena concorrenza entro un termine prefissato”.
Va anzitutto rilevato che, dall’approvazione della legge che ha istituito l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nessun governo ha fatto ricorso all’articolo 25. Non è mai stata rinvenuta, quindi, la necessità di proteggere “rilevanti interessi generali dell’economia nazionale” dall’azione di tutela della concorrenza. È lecito dubitare che sia un rilevante interesse generale dell’economia nazionale consentire alla nuova Alitalia di riconquistare una posizione dominante sulle rotte nazionali e il monopolio sulla tratta Milano Linate - Roma Fiumicino, anche se ovviamente sarebbe un rilevante interesse privato dei nuovi acquirenti. Ed è tutto da vedere se la garanzia (teorica) di qualche volo diretto col resto del mondo, che la cordata italiana dovrebbe assicurare, più che compensi il sacrificio dei consumatori (per i più salati prezzi sulle rotte interne).
Inoltre, l’articolo di legge citato parla di determinazione “in linea generale e preventiva” dei criteri che l’Autorità antitrust deve seguire… Ma un decreto legge ritagliato sulle esigenze presenti (e pressanti) della fenice-Alitalia potrebbe definirsi una decisione “in linea generale e preventiva” o, piuttosto, una decisione molto ad hoc? Infine c’è una questione molto pratica: quanto tempo ci vorrà perché la Commissione europea approvi (se lo farà) i criteri che il governo italiano deciderà di dettare all’Autorità antitrust? Non c’è il rischio che un vulnus grave alla tutela della concorrenza si riveli scarsamente utile nel breve periodo (che è proprio ciò che conta nella vicenda in esame)?
IL CERINO DELLA BAD COMPANY E ALTRI AIUTI
Vale forse la pena di ricordare che la maggior parte dei creditori di Alitalia sono soggetti privati. Viene perciò da chiedere come verranno tutelati dal rischio (assai concreto) di rimanere con il cerino in mano di una bad company destinata al fallimento. C’è da pensare che si sia progettato un pietoso intervento dello Stato. Del resto, quando una decisione della politica mette a rischio la posizione di privati creditori è la politica che deve tutelarli. Ma così ci troveremmo di fronte a un nuovo caso di aiuto di Stato, in quanto il sostegno pubblico alla bad company consentirebbe, di fatto, la separazione della good company-fenice e il suo risorgere dalle ceneri. E non sarebbe questa l’ennesima socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, attesi e sperati dai “convenuti in fenice”?
Inoltre, come ha ricordato Francesco Giavazzi, in occasione dell’ultimo aumento di capitale (2004), la Commissione europea aveva dato la sua autorizzazione dietro l’impegno del governo italiano di non permettere l’espansione di Alitalia sul mercato. In effetti, da allora la compagnia “di bandiera” non si è espansa e, anzi, si è ristretta a causa della sua condotta permanentemente disastrosa. Ma con l’incorporazione di Air One non si avrebbe una netta espansione di Alitalia? Cosa dirà la Commissione? Si può sperare che anche a Bruxelles siano disposti a “scurdarse ’o passato”, come così spesso accade in Italia? Rimane poi da definire la sorte del cosiddetto “prestito ponte” di 300 milioni, trasformato in capitale della vecchia Alitalia con decreto governativo, ma su cui pende ancora il giudizio della Commissione, che ne potrebbe imporre la restituzione nel caso (verosimile) che lo giudichi un aiuto di stato. E, nel caso, chi dovrebbe restituirlo: la bad company avviata al fallimento e a carico dello Stato o la fenice, che ne sarebbe stata il reale beneficiario, avendo grazie ad esso potuto sopravvivere sotto la cenere?
IL GIRO DEI DEBITI
Chiarito che i debiti attuali di Alitalia rimarranno sul collo della bad company, e quindi, presumibilmente, dei contribuenti italiani (almeno pro-quota), sembra che l’operazione “fenice” serva anche a consentire a Carlo Toto, azionista di controllo di Air One, di far fronte ai suoi rilevanti debiti finanziari. Debiti che non si può certo escludere siano in parte cospicua nei confronti di Banca Intesa San Paolo, che ha in custodia le azioni di Air One e che da tempo fiancheggia e sostiene la più importante compagnia aerea privata italiana nel tentativo di acquisire Alitalia. Viene il sospetto che, con la vendita dei più importanti assets di Air One alla fenice-Alitalia, Banca Intesa San Paolo abbia trovato un modo brillante di rientrare almeno un po’ dei suoi crediti nei confronti di Toto.
Nel complesso, le perplessità non sono poche. In attesa che vengano fugate, ricordiamo quanto dell’araba fenice il librettista Lorenzo Da Ponte fa dire a Don Alfonso nel Così fan tutte di Mozart: “la fede delle femmine è come l’araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, cosa sia nessun lo sa”. Sarebbe bello poter dire, parafrasando gli innamorati di Mozart-Da Ponte: “la fenice è l’Alitalia”. Ma, nell’opera, è il fiducioso slancio degli innamorati a essere smentito, non lo scetticismo di Don Alfonso.
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000548.html