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Prc, la carica de L’Ernesto

Publie le mercoledì 16 aprile 2008 par Open-Publishing
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di Marzia Bonacci

Oggi la componente minoritaria ha organizzato una conferenza stampa in cui ha richiesto le dimissioni della segreteria ed un congresso democratico. Visto il risultato elettorale, bisogna ripartire da Rifondazione comunista e porre fine alla Sa bocciata dalle urne. Esclusa anche l’ipotesi della federazione. Giordano e la segreteria si presenta dimissionaria al comitato politico nazionale

Ad appena due giorni da disastroso risultato elettorale, anche in casa Prc appaiono le prime crepe. "saltata" la direzione del partito prevista in un primo tempo per venerdì, la segreteria di Rifondazione Comunista si presenterà dimissionaria al comitato politico nazionale convocato per sabato e domenica. Si tratta, spiegano da viale del Policlinico, di un atto dovuto in vista del congresso. Franco Giordano dovrebbe comunicare la decisione direttamente al compitato politico nazionale, il parlamentino del Prc.

Le dimissioni sono dunque un gesto "ovvio e sacrosanto, che sarebbe arrivato comunque", spiegano fonti della maggioranza di Prc: "Non è una decisione presa all’improvviso". Ma certo le richieste pressanti che sono arrivate dalla minoranza del partito, così come la sfida lanciata da Paolo Ferrero a Franco Giordano, hanno indotto il segretario a comunicare in anticipo la decisione. E con l’occasione, qualche sassolino dalla scarpa, gli uomini di Giordano se lo levano, nei confronti di Ferrero: "Il risultato negativo alle elezioni è senza dubbio frutto dell’esperienza di governo. Di questo è senz’altro responsabile il segretario, ma magari anche il capo delegazione al governo dovrebbe assumersi le sue responsabilità", è la stoccata a Ferrero, unico ministro di Rifondazione. "Che peraltro - osservano ancora gli uomini della maggioranza - è quello che ci ha fatto votare il dl sicurezza. Questo non toglie nulla alle responsabilità della segreteria, ma le responsabilità sono diffuse, di tutte il gruppo dirigente che ha condiviso la scelta del governo Prodi".

Le minoranze interne del Prc attaccano, e lo fanno a testa bassa per chiedere l’azzeramento dei vertici del partito, per favorire il ritorno ad un passato nobile, quello di un cammino politico iniziato in risposta critica alla Bolognina di Occhetto, per salvare Rifondazione e il comunismo, mettendo finalmente da parte il processo unitario bocciato nelle urne dal popolo della sinistra e ostinatamente perseguito dalla leadership. Questo è il filo conduttore della conferenza stampa tenutasi oggi a Montecitorio e organizzata dall’area critica de L’Ernesto.

Schierato davanti a giornalisti e microfoni c’è tutto lo stato maggiore della componente: Fosco Giannini, Gianluigi Pegolo, Leonardo Masella. Il loro è un richiamo ai vertici perché si facciano da parte riconoscendo i propri errori. "Sabato presenteremo una mozione per farla votare al Parlamentino, ma se loro hanno un briciolo di dignità lo facciano prima", spiegano i tre esponenti riferendosi alle dimissioni di Giordano e della sua segreteria. Non farsi da parte significherebbe infatti peccare di tracotanza verso "una vera rivolta", annunciano i referenti de L’Ernesto, un malessere "che monta in tutta Italia tra gli iscritti di Rifondazione". Masella, capogruppo in Emilia Romagna, afferma di conoscerlo bene questo clima di sfiducia e di rancore verso i generali del partito: "da noi è così- sottolinea- e mi risulta che sia così anche nel resto d’Italia. Tutti vogliono le dimissioni del gruppo dirigente nazionale. Perchè se Giordano prendeva ordini da Bertinotti, intorno a sè aveva una corte dei miracoli, un’accolita di ’yes man’ che sono corresponsabili della catastrofe".

Tocca a Pegolo snocciolare i numeri che fotografano come la prospettiva unitaria cavalcata dai vertici si sia rivelata fallimentare, oltre a polemizzare con questi stessi per l’incapacità di un mea culpa radicale. A scanso di equivoci, Pegolo chiarisce subito che questa debacle "non può essere spiegata solo con la delusione del governo Prodi e con il voto utile", come dimostra la sopravvivenza "di altre forze come l’Udc". La sconfitta, continua, è da ricondurre alla "debolezza del progetto della Sinistra Arcobaleno, che non ha appeal nel nostro Paese" e che ci ha portati a perdere "l’8 per cento e a passare da 150 parlamentari a zero". Di fronte a questa tragedia, prosegue Pegolo, "Bertinotti dice: mi dimetto. Ma da cosa? Lui non ha incarichi formali. E’ la segreteria che deve andare a casa". Dunque non ci sono rinvi a giudizio per nessuno, la condanna politica è già stata emanata. Verso Giordano, ma anche e soprattutto verso Bertinotti, colpevole di aver diffuso "un’infezione di pensiero debole che ha sfaldato il nostro partito riducendolo ad un’entita mediatica". Proprio lui, afferma Giannini, che prima "ha distrutto il Pci" ed è ora "è riuscito a distruggere anche la sinistra italiana".

Perciò, tutti a casa. E con loro anche la casa rossa, perché è "incredibile" che "Bertinotti ed il segretario si ostinano a parlare di accelerazione verso il partito unico", quando "l’esito elettorale ne decreta la fine", dicono ad una voce solo i componenti della minoranza.

Il cammino da intraprendere deve essere un altro: azzeramento della segreteria e della Sa, e subito il congresso per la rifondazione di Rifondazione. "Non bisogna procedere al superamento del Prc, ma ricostruire una forza comunista significativa", spiega Pegolo. Un chiudere la porta anche ad una terza possibilita, quella rappresentata da Paolo Ferrero e Giovanni Russo Spena che chiedono la federazione. In questo senso il più radicale della componente è Giannini, più possibilista Pegolo: "ci sono sono due ipotesi in campo- spiega il senatore uscente- o il Partito comunista o la Sinistra Arcobeleno. Non c’è spazio per mediazioni e terzini". E Mosella rincara affermando che "la federazione è una toppa peggio del buco" perché "almeno in Bertinotti c’è una coerenza quando dice che vuole trasformare questa porcheria in un partito...".

Anche sul congresso L’Ernesto punta l’indice e minaccia: "vogliamo un’assemblea davvero democratica gestita da un organismo ad hoc. Non ci fidiamo- spiega Giannini- perché sappiamo che soprattutto nel Sud si sta facendo la compravendita delle tessere false, vendute a 3 o 4 euro. O addiruttura comprate a pacchetti".

Proprio Ferrero è sceso in campo per chiedere si la ripartenza dal Prc in un congresso immediato, ma anche per "poter ricominciare a lavorare a un processo di unità della sinistra". L’ex ministro teme che questa stessa sconfitta elettorale possa "aggravarsi per il processo di dissoluzione politica del gruppo dirigente della Sinistra Arcobaleno che si caratterizza, nei commenti post voto, per una babele di messaggi che vanno da chi vuole entrare nel Pd a chi vuole rilanciare il centrosinistra a chi vuole fare l’unità coi socialisti". Bocciate, per lui, anche le due ipotesi di un nuovo partito della sinistra che veda lo scioglimento di quelli esistenti e di una unità dei comunisti. "Se portate avanti - argomenta - otterrebbero l’esito di ridividere la sinistra su basi ideologiche". Molto meglio dunque una federazione, fatta salva l’autonomia e il profilo del Prc naturalmente.

Ad ascoltare la base tira più o meno la stessa aria di feroce critica. Oggi sia Il Manifesto che Liberazione hanno raccolto una serie di lettere ed e-mail di protesta che chiedono le teste della dirigenza della sinistra, ma anche quelle dei suoi organi di stampa. Un coro di "dovete andare a lavorare", di de profundis su "una sinistra morta e sepolta", passando per la critica all’ex segretario candidato premier, "una scelta sbagliata...perchè incapace di assumere una guida senza ricorrere a fraseggi trapassti e retorici", scrive qualcuno che ammette di aver votato Di Pietro. Attaccato anche il direttore del quotidiano del Prc, Piero Sansonetti. "Al titolo ’Punto e a capo’ (apertura di Liberazione il giorno dopo le elezioni, ndr) va aggiunto ’si cambia’. Questo vale per i responsabili del disastro e anche per Liberazione", scrive Aurelio Crippa, che aggiunge: "Bertinotti ha rassegnato le dimissioni da tutti gli incarichi. Cosa aspettano gli altri dirigenti, a partire dal direttore che ha reso questo giornale illegibile, ad imitarlo?". E al giornale diretto da Gabriele Polo non va meglio. "Caro ’Manifesto, mi dispiace dirlo, hai perso. Valentino Parlato ha perso, Rossana Rossanda ha perso. Il collettivo de Il Manifesto ha perso perché si è schierato, senza se e senza ma, con la Sinistra arcobaleno", scrive un lettore, mentre un altro consiglia "dopo i grandi dubbi degli ultimi mesi potete anche togliere la testatina (quotidiano comunista)".

http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=7288

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