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Precari d’Italia : La Sinistra Ds e molti esponenti della società civile...
Publie le mercoledì 28 dicembre 2005 par Open-PublishingPrecari d’Italia : La Sinistra Ds e molti esponenti della società civile impegnati in
un’iniziativa popolare per la modifica del codice civile
de Gianni Zagato*
Precario, se il latino non ci inganna, viene da prex, precis. Il
lavoro come preghiera, come supplica, come grazia ricevuta sia pure
a scadenza, appunto e su cui costruire non solo un bilancio
familiare, ma addirittura un’esistenza, sebbene permanentemente
incompiuta. Migliaia di esistenze, milioni nell’epoca della
globalizzazione pensata ed esportata dall’Occidente.
Anche se precario non vuol dire ancora lavoro, vuol dire posto,
incerto, insicuro, proteso verso un cambiamento spesso istantaneo,
verso uno spostamento immediato, tendenzialmente volto al peggio.
Il lavoratore precario è e sarà un lavoratore incompiuto, incompleto. La
precarietà nata come modello riorganizzativo del processo produttivo
è già diventa modello culturale, esistenziale, stile di vita.
L’esistenza viene ben presto ridisegnata in tutta la sua contingenza
e la vita stessa della persona ne viene modificata nella psiche,
nella relazione di coppia, nella dimensione comunitaria. Il profitto
persegue i suoi illimitati obiettivi frantumando e scomponendo
vincoli umani e sociali, modificatisi certo nel tempo ma mai, fino ad
ora, stravolti. Non è soltanto il lavoro che cambia. Cambia
l’antropologia, come dire il rapporto storicamente determinato tra
l’uomo e la sua genesi. Qualcosa di mai visto.
Ci è stato spiegato, nel corso di questi anni, che la precarietà può
essere considerata come una forma alterata, ma correggibile, di un
fenomeno nuovo recante con sé svariate potenzialità produttive e
sociali: la flessibilità. Se la precarietà, la forma di lavoro a
tempo parziale, determinato nel tempo, viene percepita e vissuta in
termini negativi, se il concetto che meglio di ogni altro la
definisce è quello di sottrazione, di qualcosa che viene tolto al
soggetto, la flessibilità - ci viene detto va vista e considerata
in altro modo. La flessibilità amplia le opportunità della singola
persona, sviluppa versatilità, costruisce interazione tra tempo di
lavoro e tempo di vita. Ecco allora che dobbiamo vedere la
flessibilità come un valore e la precarietà come una degenerazione
che però si può correggere, arginare.
Niente di più sbagliato,
abbiamo sempre pensato e continuiamo a pensare. Perché se la
flessibilità diventa modello non tanto e non solo occupazionale e
produttivo, ma modello di vita e culturale, allora essa non è più
regolamentabile per legge. Essa finisce per contrapporsi non già
semplicemente al lavoro stabile, ma prima ancora al lavoro
regolamentato. E quindi in gioco c’è il salario, ma non solo. C’è la
continuità di esperienza e di pratica lavorativa, ma non solo. Ci
sono i diritti presenti e futuri. Alla fine di questa lunga catena
c’è qualcosa che si chiama dignità umana. Precarietà e flessibilità,
partendo dal lavoro, l’hanno messa in discussione. Qualcosa di mai
visto, appunto.
Perché mentre l’origine di quella catena sta nel cuore del processo
lavorativo contemporaneo, l’ultimo anello giunge a toccare l’orologio
biologico di ciascuno di noi. L’orologio attraverso cui l’Occidente
ha pensato il lavoro moderno negli ultimi tre secoli oggi si blocca e
le sue lancette iniziano a segnare un altro tempo.
Ma, cosa fa la politica, cosa può fare e cosa vuole fare. Da queste
domande bisogna partire. La sinistra Ds ci prova e non da oggi.
Abbiamo intavolato la questione nel punto più alto della vita
democratica di un partito, il congresso. Oggi prendiamo la strada di
una legge di iniziativa popolare che coinvolga i precari, le
famiglie, le persone che hanno già un lavoro fisso e a tempo
indeterminato.
Lo facciamo per modificare il codice civile affinché si garantisca ai
lavoratori il riconoscimento di due soli possibili ruoli, quello di
lavoratori economicamente dipendenti e quello di autonomi. Per
responsabilizzare di più le imprese verso veri e propri obblighi di
assunzione in caso di reiterazione di contratto. Perché si elimini la
precarizzazione nella pubblica amministrazione. Perché si cancelli,
semplicemente e completamente la legge 30, che apre la strada alla
precarietà diffusa e generalizzata. Il Comitato "precariare stanca"
(www.precariarestanca.it) si costituirà a giorni presso la Corte di
Cassazione. Lo presiederà Stefano Rodotà e sarà composto da giovani
precari dell’informazione, della sanità e della ricerca, oltre che da
Fabio Mussi, Gloria Buffo, Giovanni Berlinguer, Paolo Leon, Luciano
Gallino, Don Ciotti, Paolo Beni, alcuni sindacalisti tra cui Paolo
Nerozzi - Betty Leone e Massimo Ghini. Raccoglieremo le firme a
partire da gennaio e per sei mesi terremo una corda tesa nel paese,
affinché poi sia il Parlamento a invertire la rotta.
*Responsabile organizzazione Sinistra Ds