Home > Primarie PD -Sono un’esperienza di democrazia diretta?
Primarie PD -Sono un’esperienza di democrazia diretta?
Publie le lunedì 26 ottobre 2009 par Open-Publishing5 commenti
Davvero le primarie del Pd sono un’esperienza di democrazia diretta? Con una fraseologia ultrademocratica (la trita retorica del «decidi tu», il flebile mito della generazione internet come rivoluzionaria novità contro gli ammuffiti militanti) si sta in realtà celebrando il rito triste che annuncia il trionfo di partiti elettorali a spiccata dominanza mediatica. Solo grazie alla completa corruzione semantica delle parole che da tempo deforma il dibattito pubblico, è possibile spacciare per democrazia diretta quella che a tutti gli effetti è solo una manifestazione di politica opaca che archivia il vetusto partito degli iscritti e impone una carnevalata a uso e consumo dei media.
Le primarie del Pd sono lo spirito di questo (brutto) tempo per cui non ha più senso essere «parte» e occorre diluire ogni appartenenza nel mare indistinto di una opinione pubblica che fa la coda nei gazebo e poi irretita sparisce per sempre dallo spazio pubblico.
Le primarie non sono affatto un rilancio della partecipazione politica che sollecita il ritorno di soggetti che discutono con passione e mutano opinioni dopo il confronto aspro. Piuttosto esse sono un ulteriore momento del declino politico italiano che assegna a un elettore irrelato il compito di tifare nel gioco competitivo che restringe la grande funzione storica dei partiti a quella minimale di esprimere un capo. La logica che le ispira è più quella della delega assoluta che non quella della partecipazione consapevole di molti a definire un progetto di società. Le primarie nascono infatti dall’idea che, per quanto riguardi i soggetti politici strutturati, la partecipazione non avvenga dentro i canali di partito, intesi quali durevoli luoghi di identità e di appartenenza (secondo lo spirito dell’articolo 49 della Costituzione), ma si insinui a intermittenza dal di fuori e dietro forti sollecitazioni mediatiche. Quando il partito non ha più confini organizzativi solidi diventa così aleatorio da disperdersi nella leggerezza dell’opinione pubblica che cancella differenze, conflitti. Se in luogo degli iscritti decidono gli elettori, non cresce la democrazia diretta ma il populismo oggi trionfante. Che dopo il militante e l’iscritto sia giunto ormai il tempo dell’elettore sembra essere nel senso delle (brutte) cose di oggi, ma i partiti non sono stati creati solo per seguire la corrente dominante.
Il maggior partito d’opposizione ha già svolto un congresso al quale ha partecipato circa mezzo milione di iscritti. Un evento politico di tutto rispetto nelle sue dimensioni (al traumatico congresso che portò allo scioglimento del Pci presero parte circa 300 mila iscritti). Sul versante qualitativo uno scenario inquietante: ovunque le sale quasi deserte nel momento del dibattito e della presentazione delle mozioni si sono magicamente riempite all’atto del voto. Sono gli inconvenienti dei partiti cartello, ossia di formazioni flaccide in cui declina l’iscritto che si mobilita per incentivi simbolico-identitari e si afferma il cacciatore di status e di benefici materiali elargiti dalle cariche elettive che controllano le risorse pubbliche. Non saranno certo le primarie il correttivo di questo essiccamento valoriale e funzionale dei partiti, divenuti spettrali oligarchie attorniate da media e clientele.
Occorrerebbero un’ideologia attorno a fini non negoziabili, una cultura politica a ridosso di una idea di democrazia e un radicamento negli interessi sociali della postmodernità, non certo una estemporanea fioritura di gazebo. Le primarie sono invece il ritrovato di un partito molto liquido che talvolta appare come un docile braccio collaterale di agenzie mediatiche in grado di dettare la linea, di indicare la leadership più gradita. Dopo che gli iscritti hanno mostrato di non apprezzare affatto il loro segretario in carica, la parola passa agli elettori che potrebbero imporre agli iscritti di conservare comunque un leader che non è di loro gradimento. Non solo sono possibili infiltrazioni esterne (persino negli Usa la destra si è mobilitata nelle primarie aperte per sostenere la Clinton contro l’ascesa di Obama), ma il peso preponderante nella selezione della leadership è assunto dai media che sono più influenti degli stessi dirigenti nelle opzioni degli elettori estranei alle vicende organizzative.
Scagliare gli elettori contro gli iscritti rientra in un populismo pervasivo che odia la funzione parziale e identitaria dei partiti. In una democrazia rappresentativa il partito politico è appunto solo una parte, e non l’intero. Proprio per questo il metodo democratico nella vita dei partiti riguarda gli iscritti, i militanti, quanti cioè si riconoscono in una appartenenza comune (fino ad accollarsene la responsabilità in termini di contributi finanziari e di azione quotidiana) e non certo gli elettori indifferenziati. Affidare agli elettori in quanto tali (e in più senza leggi, procedure certe) il compito di nominare il segretario di un partito (che non svolge peraltro una funzione istituzionale ma un compito organizzativo di raccordo tra parti di società e potere) non è affatto una epifania della democrazia diretta.
Le primarie del 25 ottobre, al di là delle ansiogene aspettative di rivincita che le animano, non sono un buon segnale per la democrazia. Chi ha perso in maniera così trasparente la fiducia degli iscritti (dei suoi iscritti) potrebbe in teoria riacquistare i gradi di comando grazie al voto di elettori indistinti. Ma davvero il popolo delle primarie può imporre agli iscritti di tenersi per forza un leader sconfitto in un regolare confronto congressuale? Anche se le primarie confermeranno le risultanze congressuali, il problema spinoso della loro funzione deviante resta. Partiti ridotti a mere macchine elettorali sono l’esatto contrario dell’affresco dell’articolo 49 della Costituzione, che disegna il ruolo dei soggetti della mediazione collocandoli con un piede nella società e con un altro nelle istituzioni della rappresentanza. Ma anche per la carta, come per i partiti, non corrono tempi buoni.
Michele Prospero
Messaggi
1. Primarie PD -Sono un’esperienza di democrazia diretta? , 26 ottobre 2009, 09:53
Quella delle primarie sembra anche a me una iniziativa populista, che serve solo a dare agli elettori l’illusione di contare qualcosa, mentre in realtà i tre milioni di votanti non avranno successivamente più alcuna possibilità di fare sentire la loro voce !!
La ristretta oligarchia di partito continuerà a fare i propri interessi di bottega in un ottica consociativistica e contrattando con la maggioranza di governo una propria fetta di potere, in cambio di una opposizione finta e di facciata !!
MaxVinella
1. Primarie PD -Sono un’esperienza di democrazia diretta? , 26 ottobre 2009, 10:05, di pasquino
L’Utilizzatore finale aveva informato il frequentatore di trans e così lo teneva bene in pugno, per i testicoli.
A cosa serviranno mai le primarie?
2. Primarie PD -Sono un’esperienza di democrazia diretta? , 26 ottobre 2009, 13:44, di viviana
A criticare ci vuol poco. Populiste o non populiste, oltre le primarie non si vede nient’altro. E c’è chi non ha nemmeno quelle.
Ora, mezzo paese sta con Berlusconi, mezzo contro.
Di quel mezzo che non sta con Berlusconi, mezzo sta con Bersani/D’Alema, mezzo contro.
Poi ci sono quelli che avendo due piedi se ne staccano uno per camminare meglio. Rizzo si separa da Diliberto per fondare un partito nuovo: Comunisti sinistra popolare. Sono già fuori dal parlamento, non so a quale altro fuori aspirino.
E dunque, quante sinistre abbiamo?
Rifondazione Comunista,
il Partito dei Comunisti Italiani,
il Movimento per la Sinistra,
la Federazione dei Verdi,
Sinistra Democratica.
Cinque partiti facenti parte della Sinistra radicale.
Poi il Partito Comunista dei Lavoratori
e Sinistra Critica.
Ora abbiamo anche Comunisti sinistra popolare.
Sfido una qualunque persona fermata a caso per strada a dirmi chi sono i segretari di tutte queste sinistre e che differenze abbiano.
viviana
3. Primarie PD -Sono un’esperienza di democrazia diretta? , 26 ottobre 2009, 14:35
Il Movimento per la Sinistra e Sinistra Democratica sono ormai la stessa cosa - Sinistra e Libertà - e visto che ha vinto Bersani che era l’opzione che preverivano, non è escluso che vadano presto a fare la "sinistra" interna al PD.
Ed anche Rifondazione d i Comunisti Italiani sono in via di unificazione o comunque di "federazione" tra di loro.
Comunque, al di là di queste precisazioni di poco conto, non è il frazionamento a preoccuparmi.
Se usciamo da una logica meramente elettoralistica, negli anni settanta i gruppi extraparlamentari di sinistra erano molti di più.
E questo non ha impedito che da quel mondo composito, multiforme ed anche rissoso al suo interno, uscisse fuori una spinta al cambiamento unica al mondo, l’Italia è stato l’unico posto sul globo terrestre dove il 1968 "globale" è durato un decennio.
Quello invece che mi preoccupa è l’assenza totale, in tutto questo attuale arcipelago, di una linea politica credibile e praticabile.
Per cui capita fatalmente che le numerose lotte sociali che pure sono in essere in Italia in gran numero e ricchezza sono però al 99% del tutto indipendenti da questi partitelli.
Ma naturalmente queste lotte sono ancora più indipendenti ( ed a volte anche apertamente ostili) soprattutto al PD.
Che anzi spesso è nemico giurato di ogni lotta e/o movimento non meno del centrodestra.
Per cui, la vedo buia .....
Raf
4. Primarie PD -Sono un’esperienza di democrazia diretta? , 26 ottobre 2009, 16:17
Cara Viviana, se si vuol spacciare per partecipazione e democrazia interna prendere parte ad uno stanco rito elettorale dall’esito scontato ed oltre il quale come affermi Tu stessa "non si vede nient’altro", occorre essere anche consapevoli che ormai la democrazia è morta e defunta e che ci si accontenta di un suo triste simulacro , di cui la destra, con forse meno ipocrisia, non sente nemmeno il bisogno !!
Sul fatto poi che l’antidoto a tutto questo possa essere frenare od impedire il processo di proliferazione delle "sinistre", posso essere anche d’accordo, ma ormai tutto questo non riguarda più il PD, che è ormai un partito centrista, che aspira solo a sostituire il proprio sistema di potere a quello berluskoniano per portare avanti politiche sostanzialmente analoghe !!
MaxVinella