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Primarie senza primarie?

Publie le giovedì 14 ottobre 2004 par Open-Publishing

di Piero Sansonetti

Le "elezioni primarie" sono state inventate in America per ridurre il distacco tra politica e cittadini. Cioè per aumentare il livello della partecipazione, e dunque la qualità della democrazia. In un sistema elettorale bipartitico e fortemente maggioritario, come è quello americano, le primarie sono inevitabili: se la scelta dei candidati alle cariche elettive spettasse soli agli stati maggiori dei partiti, la democrazia rappresentativa resterebbe priva di sostanza. Le primarie in America non riguardano solo la scelta del candidato alla presidenza. Riguardano tutti i livelli delle istituzioni elettive: vengono scelti con le primarie i candidati sindaco, i candidati sceriffo, i candidati consiglieri comunali o deputati o senatori. Le primarie sono organizzate dai partiti e coinvolgono gli elettori dei partiti. Sono il momento più importante di rapporto diretto tra il singolo elettore e il partito.

Le primarie sono state pensate in un sistema bipartitico e sono funzionali a un sistema bipartitico. E’ evidente che in un sistema politico dove a fronteggiarsi non sono due singoli partiti ma sono due coalizioni elettorali, le primarie funzionano molto meno. Perdono di senso. Bisogna cercare dei sistemi diversi di partecipazione. Per questo semplice motivo: o i partiti si impegnano nelle primarie, e allora il risultato è scontato: a ogni livello vincerà il candidato che appartiene al partito più forte, e gli altri partiti, i meno forti, rapidamente scompariranno riproducendo il sistema bipartitico. Oppure ci sarà un accordo preventivo tra i partiti della coalizione, e una scelta oculata dei candidati, che soddisfi sia i rapporti di forza tra i partiti sia la possibilità di raccogliere più voti (tenendo conto della necessità di scegliere personaggi che possano essere appetibili anche per gli elettori dell’altro schieramento). Ma in questo modo le primarie diventano una finzione, e cioè tagliano fuori gli elettori e si fanno gioco del loro potere e della loro partecipazione.

Purtroppo in Italia, da parecchi anni, abbiamo preso questa abitudine: guardare al mondo anglosassone come un mondo politicamente perfetto, dove tutto funziona al meglio, e dunque un mondo da copiare per migliorare la nostra civiltà politica. Gli abbiamo copiato il sistema elettorale, rinunciando al proporzionale (che aveva molti vantaggi e garantiva un grado molto più alto di rappresentanza e dunque di democrazia), gli abbiamo copiato la voglia di presidenzialismo e il premierato, gli abbiamo copiato il leaderismo, la personalizzazione della politica e la sua trasformazione in spettacolo. Tutto questo con pessimi risultati: non solo perché il mondo anglosassone è molto meno perfetto di quel che si dice, ma anche perché comunque i sistemi istituzionali nascono nelle tradizioni e nelle culture dei popoli, e non sono esportabili facilmente.

Comunque anche in America, dove pure hanno un senso, le primarie sono in crisi. Specie le primarie per la scelta del candidato presidente. Non sono più quel terreno di scontro tra linee e idee politiche diverse che furono nel passato. E quindi in gran parte il loro esito viene deciso dagli stati maggiori dei partiti. Quest’anno le primarie democratiche quasi non si sono svolte. Dopo la prima tornata (quella del New Hampshire, che ha riguardato poche migliaia di elettori) è stata decretata la vittoria di John Kerry, e l’unico avversario che è rimasto in gara (per poche settimane) e cioè Edwards, è stato poi scelto da Kerry come vicepresidente. Forse le ultime primarie presidenziali americane che ebbero un forte senso politico furono quelle del 1968 (36 anni fa), quando si fronteggiarono, nel partito democratico, la linea "guerrista" di Hubert Humphrey (il vicepresidente in carica, cioè il vice di Lyndon Johnson) e la posizione fortemente pacifista di Bob Kennedy e di Eugene McCarthy. Si sa come finirono quelle primarie: a pistolettate. Le stava vincendo Kennedy ma fu ucciso nel giorno del voto in California. Da allora non si ricordano più grandi battaglie politiche, e le burocrazie del partito hanno avuto un ruolo assai più pesante delle idee.

Se comunque vogliamo farle ugualmente, queste primarie, qui in Italia, perché ci sentiamo in colpa verso gli elettori che il sistema maggioritario, da almeno 10 anni, ha privato di quasi ogni potere, allora facciamole nel modo migliore possibile. E’ impensabile che a decidere chi saranno i concorrenti sia chiamata la conferenza dei partiti della coalizione; è impensabile una norma che stabilisca che per candidarsi occorre avere il sostegno di uno, o due, o addirittura tre partiti; ed è ancora più impensabile decidere che le primarie siano a candidato unico. Gli elettori, se vengono chiamati in causa e invitati a partecipare alla scelta del leader, debbono essere trattati con un minimo di rispetto. Non si può dir loro: scegli tu, ma scegli la persona che ti dico io. Vi pare?

http://www.liberazione.it/giornale/041014/LB12D6BF.asp