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Professore parli

Publie le giovedì 13 gennaio 2005 par Open-Publishing

di ROSSANA ROSSANDA

Romano Prodi ha avuto ragione di tenersi lontano dalla defatigante zuffa sulle liste - o mi dai tot posti o me ne vado, tipo Mastella - e a ostinarsi nella verifica su chi può contare sia per andare nello scontro elettorale sia, se vince, per andare al governo. E’ comprensibile che dopo lo scacco del 1998 esiga chiarezza. Come non è difficile capire che dalle elezioni europee in poi una parte consistente della Margherita (ma non solo della Margherita) ha altre ambizioni dalle sue: mira a scomporre, entro queste elezioni o anche mettendo in conto di perderle, l’attuale scenario della Casa delle libertà, sottraendole la Udc e una parte degli uomini di provenienza cattolica in Forza Italia. E nel medesimo tempo mira a ridimensionare la forza dei Ds, separandoli dalla loro sinistra interna, da Rifondazione e dalla spinta della maggior parte del sindacato e dei movimenti sociali che filtra attraverso di esse.

Il punto «Rifondazione no» è stato accennato a proposito di una scelta sull’antitrust, da Mario Monti che, scartato dalla Commissione Europea dall’attuale governo è stato vagheggiato da qualcuno come leader al posto di Prodi. Ma il tema è largamente predicato da Il Riformista sulla base della posizione di Michele Salvati. L’ipotesi non è inconsistente: Berlusconi, che pareva inossidabile fino a due settimane fa, è stato di colpo indebolito dalla strategia di alcuni governatori, come Formigoni e Storace, che hanno messo in causa il suo far deserto attorno a sé per essere il solo padrone a bordo.

Non lo è più. E questo mette in pericolo il suo rapporto con la Lega. Quanto all’altro versante, la primazia dei Ds sarebbe realmente ridimensionata dal separarsi dalla sia pur divisa spinta dei lavoratori e del paese. Ne verrebbe fuori una coalizione molto spostata al centro, molto simile al partito democratico che, secondo alcune voci anche del nostro giornale, somiglierebbe a quello ventilato da Walter Veltroni.

E’ a questa manovra che il professore ha messo un argine: nella sua visione dichiaratamente bipolare egli si propone realmente come leader d’una coalizione che va dalla Margherita a Rifondazione, senza esclusione alcuna. E intende con essa vincere la Casa delle libertà adesso, non dopodomani, avendo presente più di altri i guasti che Berlusconi ha già fatto; ancora cinque anni e consegnerebbe un paese ribaltato, è la sua ambizione e la dichiara.

E’ vero che così facendo Romano Prodi si assume, come del resto Fausto Bertinotti, il compito di andare a una mediazione difficile all’interno della coalizione che difende (e non solo come cattolico di fronte a una radicalità laica, per esempio nel caso della procreazione assistita). La sua visione del futuro è quella della Costituzione europea, in gran parte sua figlia: con le sinistre condivide un’idea pulita di democrazia, di divisione dei poteri, di primato della legge, di libertà dell’informazione, insomma un sistema politico che pone alcuni limiti al potere illimitato della proprietà. Ma è anche vero che è diverso il modello sociale suo da quello di Rifondazione, di una parte dei Ds, di gran parte del sindacato e dei movimenti - insomma di quel popolo del 13,5 per cento di voti alle europee che si riunirà attorno a noi sabato prossimo e l’indomani attorno ad alcune riviste, e che punta al primato dei diritti del lavoro rispetto alla competitività, ai vincoli di Maastricht e alla libertà di movimento dei capitali.

E’ una sfida di non poco conto, che non ha nulla a che vedere con la litigiosità abituale nella scena politica. E’ una sfida anche per la sinistra della sinistra, che è grande ma non è maggioritaria, che si sente sotto rappresentata ed è stata assai scottata dai governi di centrosinistra dal 1996 al 2001. Il professor Prodi farà bene a dire con chiarezza al paese qual è la posta in gioco nella sua lotta, e le scelte che essa impone - il berlusconismo ha dietro di sé un blocco di forze proprietarie ma ha scavato a fondo anche nella gente semplice. E le sinistre faranno bene a dismettere una divisione sul metodo (nel governo o no) per entrare nel merito, che significa enunciare non solo quel che si vorrebbe ma come e con chi, cosa che pochi hanno fatto. Non va dimenticato che il punto uno della lotta alla Casa delle libertà è la riconquista dei cittadini alla partecipazione politica. Ma per questo essi debbono avere davanti delle scelte chiaramente enunciate invece che documenti comprensibili soltanto per chi li scrive.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/12-Gennaio-2005/art17.html