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Promesse di ieri e di oggi

Publie le giovedì 16 marzo 2006 par Open-Publishing
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Uno dei punti più rilevanti del "Contratto con gli italiani" stipulato cinque anni fa dal premier prevedeva "l’innalzamento delle pensioni minime ad almeno un milione al mese", ovvero a 516 euro.

Oggi il centrodestra rilancia, e propone di portare le pensioni più basse, nella prossima legislatura, a 800 euro mensili. Vediamo se l’impegno preso nel 2001 è stato rispettato, e se la nuova promessa è realizzabile.

L’impegno del Contratto con gli italiani

Cinque anni fa nel nostro paese vi erano circa sei milioni di pensionati che percepivano importi inferiori ai 516 euro mensili. Di questi, solo 1,6 milioni hanno beneficiato dell’aumento deliberato dal Governo di centrodestra con la Finanziaria del 2002. (1)

Per ottenere l’aumento, infatti, non è sufficiente percepire una pensione bassa, bisogna anche avere almeno settanta anni e disporre di un reddito familiare inferiore a determinate soglie, che tengono conto anche del reddito dell’eventuale coniuge, e di altri redditi diversi dalle pensioni (come gli interessi sui depositi postali o su titoli di Stato). Nel 2002, ad esempio, una coppia non doveva avere reddito superiore a 866 euro, cioè il 68 per cento in più del reddito di una persona sola. Nel valutare la condizione economica dei potenziali beneficiari, nessuna differenza è prevista tra chi vive in una casa di sua proprietà e chi invece deve pagare l’affitto.

A causa dell’indicizzazione automatica delle pensioni al costo della vita, nel corso degli anni il numero dei beneficiari della maggiorazione si è via via ridotto, tanto che già nel 2004, secondo stime della commissione povertà del ministero del Welfare, sono scesi a circa 1,4 milioni, cioè il 9 per cento del totale dei pensionati. Per gli under settanta, la maggiorazione era (ed è) riconosciuta solo in presenza di un cospicuo numero di anni di versamenti contributivi.

In conclusione, oggi, nel 2006, si può stimare, con la recente indagine Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie, che vi siano ancora 4,4 milioni di persone con pensione inferiore ai 550 euro. (2)

La promessa del 2001 è stata quindi rispettata? Nella sua versione più estensiva (portare a 516 euro tutte le pensioni inferiori a quella cifra) ovviamente no, ma la stessa Casa delle libertà è stata molto cauta nel precisare, fin dall’inizio, che l’incremento avrebbe riguardato solo una quota dei pensionati con redditi bassi.
Nella sua versione più restrittiva (garantire un reddito complessivo di 516 euro mensili ai pensionati poveri soli, e di 866 euro alle coppie), invece, la promessa è stata mantenuta. Ma rispettarla era facilissimo. Per farlo, è stata sufficiente una spesa di circa 900 milioni di euro, una cifra molto modesta se comparata agli ordini di grandezza tipici delle manovre annuali di finanza pubblica. (3)

Ci si è quindi trovati di fronte a un semplice adeguamento dei redditi dei pensionati più poveri e non a una grande e innovativa conquista sociale.

La nuova promessa

Nonostante in questa legislatura l’obiettivo dell’aumento di tutte le pensioni alla fatidica soglia del milione di lire al mese non sia stato raggiunto, il programma della Casa delle libertà rilancia in grande stile, promettendo l’incremento a 800 euro delle minime .

La promessa, se presa alla lettera, e cioè nella sua versione più generosa, non è realistica.

Si consideri innanzitutto che la pensione media, calcolata con riferimento a tutti i pensionati, è di circa 860 euro al mese, e che circa il 53 per cento di essi percepisce un assegno mensile inferiore agli 800 euro.

Si può allora notare che la proposta della Casa delle libertà si scontra con due problemi principali.

Il primo riguarda il livello molto elevato a cui si pensa di portare le pensioni più basse. Poiché si tratta di un valore vicino a quello della media delle pensioni, molti italiani raggiungono questo livello dopo una vita di lavoro e di versamenti contributivi. Si creerebbe così una evidente iniquità: si troverebbero a godere di un assegno di analoga entità soggetti che per raggiungere la pensione hanno dovuto versare anni di contributi, e soggetti che invece hanno versato poco o nulla.

Il secondo problema consiste nel fatto che, a differenza della precedente, questa nuova promessa costa molto. Aumentare tutte le pensioni a 800 euro costerebbe infatti circa 30 miliardi, quasi tre punti di Pil. Come cinque anni fa, al di là delle enunciazioni generiche contenute nel programma, il centrodestra ha in mente anche oggi un incremento molto più mirato e condizionato. Se, come sembra emergere dalle dichiarazioni di alcuni esponenti del Governo, l’aumento fosse riservato solo agli ultrasettantenni, si può stimare che la spesa necessaria per portare a 800 euro mensili tutte le pensioni inferiori a questo livello per una persona sola (e a 1.344 euro al mese per una coppia, se si vuole conservare lo stesso rapporto di oggi tra i redditi delle famiglie con una e due persone) si aggiri attorno ai 9,5 miliardi di euro.

Ma è difficile pensare che solo gli ultrasettantenni beneficerebbero dell’aumento, perché troppo drastico sarebbe lo scalino tra chi ha meno o più di settanta anni. Se quindi estendiamo il beneficio anche ai pensionati poveri under settanta, il costo aumenta a circa 15 miliardi, più di un punto di Pil. Una promessa almeno dieci volte più impegnativa di quella fatta cinque anni fa.

(1) Fonte: Rapporto annuale Istat 2003, pag. 380.

(2) Vedi anche il recente rapporto Istat "I beneficiari delle prestazioni pensionistiche nel 2004", febbraio 2006, tab. 6.

(3) Vedi anche il "Rapporto 2004 sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale" della commissione per l’esclusione sociale, pag. 92 e seguenti, disponibile nel sito del ministero del Welfare.

www.lavoce.info

Messaggi

  • PENSIONI:SINDACATI: IN 4 MILIONI ANCORA CON MENO DI 500 EURO AL MESE
    by ANSA

    NONOSTANTE PROMESSE ELETTORALI BERLUSCONI

    PENSIONI:SINDACATI, MANCATO AUMENTO MINIME NON E’ COLPA INPS
    CGIL-CISL-UIL, IN 4 MILIONI ANCORA CON MENO DI 500 EURO AL MESE
    (ANSA) - ROMA, 16 MAR - I SINDACATI DEI PENSIONATI NON "SI
    SONO FATTI INGANNARE DALLA ENNESIMA TROVATA ELETTORALE", OSSIA
    DALL’ ACCUSA CHE "IL MANCATO AUMENTO DELLE PENSIONI NON SIA NE’
    UNA COLPA DEL GOVERNO NE’ DELLA MAGGIORANZA PARLAMENTARE CHE FA
    LE LEGGI, MA DELL’ INPS".

    E’ QUANTO SOTTOLINEANO IN UNA NOTA CONGIUNTA I SINDACATI DEI
    PENSIONATI DI CGIL CISL E UIL (SPI, FNP E UILP) AFFERMANDO CHE
    LE ACCUSE RIPORTATA DAL PORTALE INTERNET DI FORZA ITALIA (IN
    BASE ALLE QUALI L’INPS NON HA APPLICATO LA LEGGE CHE PREVEDE
    L’AUMENTO AL FAMOSO MILIONE DI LIRE AL MESE) E’
    "SORPRENDENTE".

    I SINDACATI "RICORDANO AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO CHE IN
    ITALIA CI SONO CIRCA 4 MILIONI DI PERSONE CHE PERCEPISCONO
    PENSIONI AL DI SOTTO DI 500 EURO. PRENDERSELA CON L’INPS -
    CONTINUANO I SINDACATI NELLA NOTA - SUONA COME L’ENNESIMA BEFFA
    AI DANNI DEI PENSIONATI E SEMBRA VOLER SCARICARE SU ALTRI LA
    RESPONSABILITA’ DI AVER SCRITTO E VOLUTO UNA LEGGE INIQUA".

    QUANTO ALL’ULTERIORE INCREMENTO A 800 EURO AL MESE, BISOGNA
    ESSERE "PIU’ PRUDENTI NELLE PROMESSE", RILEVANO SPI, FNP E
    UILP, PERCHE’ "L’ULTERIORE INCREMENTO POTREBBE DETERMINARE
    ULTERIORI INGIUSTIZIE E, ANCHE QUESTA VOLTA, IL NUMERO DEI
    BENEFICIARI, UTILIZZANDO I CRITERI PRECEDENTEMENTE STABILITI,
    SAREBBE MOLTO PIU’ RIDOTTO RISPETTO ALLE ASPETTATIVE".

    "QUESTI METODI GROSSOLANI, NON SELETTIVI E INIQUI,DI
    SPARGERE A PIOGGIA MANCIATE DI DENARO - CONCLUDONO I SINDACATI -
    AGGRAVEREBBERO I PROBLEMI DI EQUILIBRIO TRA PENSIONI
    ASSISTENZIALI E PREVIDENZIALI, TERREMOTANDO ULTERIORMENTE LA
    STABILITA’ DEL SISTEMA DI SICUREZZA SOCIALE". (ANSA).

    16-MAR-06 14:43

  • Tassazione sul TFR

    Leggo oggi 16.03.2006 su La Repubblica a pag.9 l’articolo "Da Berlusconi diluvio di dati ma sbaglia sul fisco e scioperi".

    Concordo con quanto da Voi scritto ma noto che anche Voi dimenticate di ricordare il furto prerpretato ai danni dei lavoratori dipendenti per quanto attiene alla tassazione del TFR a seguito della Legge Tremonti dal 1.1.2003.

    I lavoratori dipendenti che hanno percepito il Tfr hanno pagato maggiori imposte del 5% in quanto la prima aliquota è passata dal 18 al 23%.

    Questo perchè, a differenza degli stipendi dove è stata introdotta la clausola di salvaguardia, per il TFR tale clausola non viene applicata, con la conseguenza che i soliti lavoratori dipendenti sono stati ancora una volta derubati nel più assoluto silenzio.

    Stiamo parlando di maggiori imposte per circa Euro 1.600.000.000,00 unmiliardoseicentomilioni circa 3 mila miliardi di vecchie lire per il periodo 1.1.2003 al 31.12.2005.

    Non si capisce perchè nessuno ricorda questa rapina alla faccia di chi ci racconta che ci hanno diminuito le tasse.

    Gian Claudio Lecchini

    • Riassumo in sintesi la vicenda del Tfr richiamata dall’ ultimo commento.

      Il Tfr (al netto delle somme che rappresentano redditi di capitale che sono tassate all’11% durante il periodo di accumulazione) è tassato, in quanto reddito a maturazione pluriennale con imposta separata e cioè non secondo le ordinarie regole Irpef

      La tassazone è liquidata, in prima istanza, dal datore di lavoro, tenendo conto delle aliquote del momento in cui il Tfr matura.

      Con la riforma del primo scaglione Irpef l’aliquota di base è stata aumentata dal 18 al 23%. Questo aumento si è anche accompagnato all’introduzione della deduzione nota come no tax area e quindi non ha comportato un aggravio per l’Irpef ordinaria. Per la tassazione del tfr si, perchè per il tfr la tassazione è calcolata senza tenere conto della deduzione per no tax area.

      Il maggior gettito derivante dalla tassazione del Tfr veniva stimato in 520 mln di euro nel 2003, 468 nel 2004, e 312 nel 2005 (dove poi si sono sommati gli effetti della seconda tranche della riforma che sono analoghi e aggiuntivi perchè è stata introdotta l’altra deduzione, quella per carichi di famiglia)

      Entro i tre anni successivi però l’amministrazione finanziaria ricalcola l’imposta dovuta applicando al tfr l’aliquota media del contribuente nei 5 anni precedenti a quello in cui si è avuta la maturazione del diritto alla
      percezione. Questa essendo un’aliquota media tiene conto anche delle deduzioni e quindi anche della no tax area ecc. Se si è pagato troppo si viene quindi rimborsati.

      In conclusione:
      l’aggravio ai danni dei contribuenti più poveri c’è ed è significativo in termini finanziari (si pagano cioè inizialmente imposte molto più alte di quelle dovute). Poi entro tre anni si avrà il rimborso di quanto pagato in più.

      Giorgio Benvenuto e altri deputati DS hanno presentato un disegno di legge che correggeva questa stortura (riconoscendo l’applicazione della clausola di salvaguardia anche al Tfr), subito, fin dal febbraio 2003.

      Il disegno di legge in questione è stato approvato alla camera il 31 luglio di quell’anno
      ma si è poi arenato al Senato (rimanendo impaludato in commissione) presumibilmente perchè il gettito in più oggi fa comodo.

      M.C.Guerra

    • Sono una pensionata di Cagliari, e ricordo molto bene che cinque anni fa l’attuale presidente del consiglio aveva promesso di aumentare le pensioni ad un milione di lire al mese (516 euro), e per tale motivo aveva ricevuto il mio voto.

      Lo scorso anno, dopo la morte di mio marito, ho ricevuto la pensione di reversibilità che, con mia grande sorpresa, è stata di solo 420 euro, con i quali oggi devo mantenere me stessa e due figli disoccupati ancora a mio carico.

      Come posso, allora, avere fiducia nelle promesse che questo stesso governo oggi continua a fare, affermando di voler elevare le pensioni a 800 euro?

      Maria (Cagliari)