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Quale futuro per Rifondazione?

Publie le martedì 21 marzo 2006 par Open-Publishing

Interviste. Questo weekend si è tenuto a Roma il primo incontro dei promotori della sezione italiana della Sinistra europea. Ne parliamo con Gennaro Migliore, responsabile Esteri del Prc

di Angelo Notarnicola

Lo scorso fine settimana a Roma, si è tenuto il primo incontro dei promotori della sezione italiana della Sinistra europea. Molti esponenti della società civile hanno partecipato. Tra gli altri, Gianni Rinaldini, segretario generale Fiom-Cgil, Paolo Beni, presidente nazionale Arci, Paolo Nerozzi, segretario confederale Cgil, Lisa Clark, portavoce dei Beati costruttori di pace, Giulio Marcon, coordinatore del comitato scientifico di Ics (Consorzio italiano di solidarietà) e Carlo Podda, segretario generale Fp-Cgil.

Il Partito della Sinistra Europea, soggetto politico a cui si è richiamata la due giorni, è nato a Roma, l’8 e 9 Maggio 2004, con un congresso fondativo che ha visto la partecipazione di formazioni politiche di sinistra: comuniste, socialiste e rosso-verdi di tutta Europa. Nel congresso è stato eletto Presidente all’unanimità Fausto Bertinotti, segretario del Prc.

La due giorni romana ha suscitato una notevole curiosità. È nato così un dibattito sul futuro del Prc e della sua relazione con la nuova soggettività politica. Di questo parliamo con Gennaro Migliore, responsabile Esteri di Rifondazione comunista.

 Per alcuni, la conferenza programmatica della sezione italiana della Sinistra europea, svoltasi sabato e domenica scorsa, sembra aver segnato un altro decisivo passo verso la trasformazione del Prc in un nuovo soggetto politico non riconducibile soltanto alla cultura comunista. Qual è la tua opinione a riguardo?

Il Prc non si trasforma, ma prende parte ad una nuova esperienza politica e alla creazione di un nuovo soggetto politico. Per questo, il Prc si è solo rafforzato e continuerà a rafforzarsi dall’interazione con l’esperienza della Sinistra europea. Noi abbiamo visto che, sia a livello europeo che italiano, non basta semplicemente il nostro partito per combattere le politiche liberiste.
Per questo, abbiamo deciso, nella due giorni svoltasi sabato e domenica, di lanciare la costituente per un nuovo soggetto politico. Al suo interno, insisto, Rifondazione rimarrà come tale, con pari dignità, rispetto ai tanti soggetti già confluiti: singoli individui, associazioni, esperienze radicate nel territorio. Molti altri si uniranno. È importante ricordare che la Sinistra europea è già un partito a livello internazionale e la sua cornice fondamentale è quella dell’azione politica in Europa. In Italia c’è bisogno di avere un nuovo luogo politico nel quale fare confluire le tante energie che già, da molto tempo, si muovono insieme. Le parole più significative, nella due giorni romana, sono state pronunciate da Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci e da Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom-Cgil, ossia due rappresentanti delle più importanti realtà del Paese, da un punto di vista politico e sociale. I due dirigenti hanno dichiarato il proprio interessamento a partecipare a questo percorso. Mi sembra un fatto enorme che due organizzazioni, tra l’altro molto aperte ai movimenti, siano disponibili al percorso della Sinistra europea. Ma - è necessario essere chiari su questo punto - la Sinistra europea non è un allargamento di Rifondazione, è un’esperienza nuova, all’interno della quale il Prc porterà il proprio contributo.

 Quindi, Rifondazione comunista, come nodo di una rete di soggetti all’interno di un’entità più grande di dimensione europea?

Diciamo di sì, anche se le forme organizzative non le abbiamo ancora decise. Abbiamo varato una carta d’intenti con un percorso molto simile a quello europeo. All’epoca, nel gennaio 2004, la carta d’intenti fu lanciata a Berlino. E, proprio a Berlino, si è vista la nascita di un nuovo soggetto politico come la Linke, che tiene dentro, fondendole, l’esperienza del Pds, molto radicata nella Germania dell’Est, esponenti del Wasg (di matrice sindacale e di movimento) ed eminenti personalità, come l’ex presidente della Spd Oskar Lafontaine.
Dico questo perché la nostra costituente non ha ancora deciso se essere una rete o piuttosto una soggettività politica d’altro tipo. Una cosa è certa. Rifondazione parteciperà a questo processo con i suoi iscritti, i suoi dirigenti e cercherà di investire su una nuova idea del fare politica che mette al centro la partecipazione.

 Per alcuni lo sviluppo di questa nuova soggettività politica è legato alla nascita del Partito democratico. Cosa pensi a riguardo?

Il partito democratico è stato oggetto degli interventi più significativi dei giovani del Prc, in particolare del segretario di Napoli Beppe De Cristoforo. È importante mettere sotto osservazione un processo come quello del partito democratico, che alcuni - secondo noi a torto - considerano solo un’operazione politicista. Il partito democratico potrebbe avere, invece, un appeal per una parte della società. Questa potrebbe considerare l’innovazione politica introdotta, anche da un soggetto come il partito democratico, una parte fondamentale di una nuova partecipazione alla politica. Noi non pensiamo di dover nascere, come Sinistra europea, in contrapposizione al partito democratico, ma crediamo che ci sia una nuova domanda di partecipazione che andrebbe intercettata con forme nuove.

 Da giovane dirigente politico, come pensi debba essere il modello organizzativo delle forze politiche del futuro per rispondere in modo efficace alle domande che provengono da società sempre più complesse?

Penso che il modello organizzativo dovrà essere pesante e leggero allo stesso tempo. Pesante, perché non si può rinunciare all’insediamento nella società. Anzi, le nuove forze politiche dovranno avere più società al loro interno. La crisi dei partiti è dovuta - a dispetto di quelle che sono alcune analisi frettolose - non all’essere troppo pesanti, ma all’essere stati tanto burocratici da non riuscire più ad entrare in collegamento con i bisogni della società italiana. Non penso che si possa ripetere l’esperienza dei grandi partiti di massa, perché è segnata storicamente. Quindi la forma organizzativa dovrà essere da un lato più pesante per la maggiore partecipazione, dall’altro molto più leggera perché non si può essere più preda di vizi burocratici che hanno segnato alcune tra le esperienze peggiori di questo fine secolo. Bisognerebbe imparare dai movimenti, che applicano procedure di decisione partecipativa. Insomma, una forma organizzativa che sia pesante nella partecipazione e leggera nei processi decisionali.

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