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RAI: DI COSA PARLA VELTRONI?

Publie le mercoledì 19 settembre 2007 par Open-Publishing
1 commento

Veltroni dice che è ora di finirla con l’occupazione della tivù pubblica da parte del governo e dei partiti. Applausi scroscianti. Siamo tutti d’accordo come utenti-clienti, come cittadini, come persone di buon senso. Immediatamente sorge un dubbio: non ci troviamo per caso di fronte all’ennesimo bel proposito irrealizzabile di cui s’infarcisce il suo programma? Quanta lottizzazione si sia consumata in Rai, non solo nei decenni di bernabeismo ma anche negli ultimi pessimi governi della cosiddetta Seconda Repubblica, è sotto gli occhi di generazioni vecchie e nuove. Solo parlando di ruoli giornalistici dobbiamo tuttora subirci le inamovibili facce di bronzo d’un gruppo nutritissimo che si perpetua di cui Bruno Vespa è il decano. Uno come Veltroni sa quanto certi incarichi siano frutto talvolta di competenze e spesso solo di appartenenze a schieramenti e partiti.

Ciò che per anni era stato un monopolio quasi esclusivamente democristiano e un po’ liberale e della destra d’appoggio, è gradualmente diventato demosocialista. La seconda rete creata alla fine dei Sessanta servì più a quest’opera d’occupazione degli spazi che ad ampliare la programmazione e i format. E la stessa nascita della terza rete divenne il tributo pagato a un Pci stracresciuto elettoralmente e pacatosi politicamente, tanto da offrire il proprio appoggio a governi cui schizofrenicamente non partecipava. Insomma la storia della Rai segue passo passo l’origine di quella struttura che con l’acronimo Eiar era stato un chiaro strumento di propaganda del Regime mussoliniano. E non è un segreto che la lunga mano di governi e partitocrazia abbia pesato nell’assegnare cariche direttive ai Petruccioli, Manca, Meocci, Bernabei e tant’altri.

Veltroni oggi lancia l’idea del manager pubblico da collocare alla guida dell’Azienda e già salgono i brividi. Del termine dall’aria efficientista e iperprofessionale s’è fatto abuso in almeno vent’anni di gestione del patrimonio pubblico e privato. Si sono spacciati, e ancora si spacciano, per manager personaggi che nulla sapevano di management e se qualcosa hanno realizzato sono stati arricchimenti personali tutti leciti, per carità, fatti con lauti compensi, liquidazioni e pensioni deliberati da Consigli d’Amministrazione. Per loro s’è coniato il termine di boiardi di Stato che ben riassume la mancanza di senso del bene comune e la cecità verso una gestione collettiva. A questo s’aggiunge l’assenza d’indipendenza di tali figure che se possono lavorare per qualsiasi governo è proprio perché ricevono protezione e direttive da questo o quel governo. Da questo o quel partito.

La favola della terzietà della figura manageriale assume contorni un po’ offensivi al comune intendere quando viene da uomini intellettualmente vivaci com’è Veltroni; gli si chiede che in una “nuova bella politica” certi trasformismi protodorotei non debbano trovare posto proprio perché si parla di politica nuova e bella. In fondo i manager super partes non li vuole nemmeno Veltroni, non solo perché non esistono e lui lo sa, ma perché certi incarichi li affida da tempo ad amici che sopra le parti non sono. Prendiamo un esempio per le tanto in voga Fondazioni che si prospetterebbero anche per la Rai. Quella di MusicaperRoma che gestisce (bene) l’Auditorium della capitale vede all’opera uomini vicini al sindaco uscente, prima Bettini ora Borgna. Che si tratti di gestori capaci è un valore aggiunto - conveniamo non di poco conto – ma alla base di quella e di altre investiture c’è il passato e presente di questi soggetti. Insomma ipotetici Bettini e Borgna capaci ma senza sponsor politici che s’aggirassero per Roma non sarebbero cooptati da nessun amministratore. Non avrebbero chances e attenzioni al di là dei meriti.

E’ sconsolante ma l’Italia nostra è fatta così. E Veltroni e il suo ex partito Pci che avevano provato a cambiarla non ci sono riusciti e si sono adeguati al così fan tutti delle lottizzazioni del “compagno” Curzi. Veltroni è altro. Il Partito Democratico dovrebbe esserlo, ma il passo fra le desiderate e le balle camuffate può diventare brevissimo. Ricordiamo al futuro leader un brano che lo storico Crainz ha riportato in un suo recente libriccino sull’Italia che usciva dalla guerra e l’immediato avvio democratico. Siamo nel marzo 1945 con un pezzo del Paese liberato e un altro ancora sotto il giogo nazista, seppure le sorti siano segnate. A presiedere il passaggio dall’Eiar alla Rai era stato chiamato un “manager” diciamo dell’intellighenzia come Corrado Alvaro. Durò pochissimo, dopo un mese fu costretto a dimettersi perché “riceveva settimanali indirizzi e suggerimenti di massima dell’Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio”.

Ecco uno stralcio della sua lettera di dimissioni al Commissario Rai Rusca. “Tu mi avevi invitato a dirigere un giornale radio indipendente, libero d’informare il pubblico democraticamente, e che soltanto nei grandi problemi di interesse nazionale non agisse in contrasto col governo. Ho ricevuto nei pochi giorni del mio lavoro inopportuni interventi che miravano a limitare e ad annullare proprio questa libertà d’informazione“. Naturalmente venne accusato dai partiti del CLN che rivendicano come l’unico garante d’imparzialità, fondatezza, scrupolosità politica della Radio, non possa essere che il governo. Proprio così, e nei decenni successivi a Torino, Milano, Roma arrivarono i barbari. Scusi Veltroni di cosa parla?

Enrico Campofreda, 18 settembre 2007

Messaggi

  • L’obiettivo del "magico" Walter è chiaro : vuole commissariare la RAI per poterla meglio asservire ed utilizzarla come grancassa mediatica del futuro PD !!! Solo così può sperare contrapporsi efficacemente a Berluskoni e alle sue TV. Al futuro leader interessa solo infarcirla di suoi fedelissimi pretoriani ed indirizzare la politica informativa dell’emittente pubblica in totale appoggio del prossimo governo neo-centrista. Senza il pieno supporto della RAI il suo nuovo partito avrebbe vita grama, esposto agli attacchi delle emittenti della destra e delle voci indipendenti all’interno della TV pubblica. E’ storicamente provato che ogni nuovo aspirante leader per prima cosa cerca di trovare appoggio all’interno del mondo dell’informazione, arruolando scribi e pennivendoli di regime. Se vuoi vincere le elezioni devi cercare di manipolare l’opinione pubblica, convincendola della bontà del tuo prodotto con i metodi del marketing e delle tecniche pubblicitarie basate sulla ripetuta ed ossessiva ripetizione del messaggio !! Il "magico" Walter conosce benissima gli USA e le raffinate tecnologie ivi usate per garantirsi i consensi elettorali e cerca ora di applicarle al contesto italiano : non a caso il suo modello di riferimento è il Partito Democratico clintoniano ed ancora prima quello kennediano. Avremo quindi anche in Italia un bipolarismo caratterizzato da due destre, che si distingueranno non sui programmi e sugli obiettivi, ma solo sui metodi , più o meno soft e friendly, per raggiungerli.

    MaxVinella