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RAMONA: IL TESSUTO INVISIBILE DELLA SPERANZA

Publie le giovedì 26 gennaio 2006 par Open-Publishing

di Luis Hernández Navarro

Il mondo la conobbe per la prima volta il 20 febbraio 1994, in occasione dell’incontro di San Cristóbal tra il governo federale e gli zapatisti. Ramona era una delle due donne facenti parte della delegazione ribelle nelle trattative di pace. Piccola tra le iccole, dallo sguardo profondo, con indosso un pssamontagna e un huipil bianco bordato di rosso secondo l’usanza tzotzil, 36 anni e con una malattia che la divorava internamente, fu introdotta dal subcomandante Marcos. Era la comandante Ramona.

Parlava male il castigliano. Il portavoce dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) la presentò in quella occasione. "Perché è necessario uccidere e morire - disse - per fare in modo che voi, e attraverso di voi tutto il mondo, prestiate attenzione alle cose terribili che riferisce Ramona, come ad esempio che le donne indigene vogliono vivere, vogliono studiare, vogliono alimenti, vogliono rispetto, vogliono giustizia e dignità?"

Ramona, qualche giorno dopo, aveva così motivato la sua adesione al movimento: "Diverse esperienze mi hanno portato a partecipare alla lotta armata. Sono stata costretta a lasciare il mio villaggio per cercare lavoro, per necessità, per mancanza di mezzi di sostentamento. Al mio arrivo in città ho capito che la situazione non
è la stessa che nelle zone rurali. Mi sono resa conto che non è giusto il modo in cui ci trattano e che è necessario che noi donne ci organizziamo perché noi indigene in città non veniamo rispettate. Non ci considerano quando vendiamo i nostri prodotti, non ci pagano bene, quasi la regaliamo la mercanzia. Non possiamo camminare da sole per la città. Noi donne indigene siamo disprezzate, dimenticate".

Da lì a poco Ramona divenne un simbolo amato e apprezzato da molti: l’umile tessitrice dal volto sconosciuto si trasformò in una ribelle ammirata e tenace. Il suo viso e il suo nome divennero sinonimo della lotta per la liberazione della donna e procreatrice di altri mondi.

Manifestazione dopo manifestazione, il suo nome è stato acclamato da migliaia di manifestanti. Efrén Capiz, lo scomparso dirigente purépecha che ha messo in versi le gesta zapatiste, l’ha inclusa nella narrazione epica dell’insurrezione armata. A San Cristóbal de las Casas si vendono migliaia di piccole bambole di stoffa che riproducono la comandante.

Ramona era presente alla presa di Jovel (nome indigeno di San Cristobal de Las Casa n.d.r) il primo gennaio 1994. Nel suo interessante e documentato libro
Mujeres de maíz (Donne di mais), Guiomar Rovira racconta la partecipazione della ribelle in quel episodio: "Il viso coperto da un copricapo nero che lascia liberi gli occhi e qualche capello che scende lungo la nuca. Nello sguardo, la lucentezza di chi cerca. Un fucile calibro 12 in spalla. Con l’abito tipico delle sandreseras, Ramona scende dalle montagne insieme a centinaia di donne, in direzione San Cristóbal l’ultima notte dell’anno1993".

La comandante ha svolto un ruolo chiave nell’organizzazione dell’insurrezione armata. Era la persona incaricata di coordinare la regione tzotzil, la più chiusa nei confronti della partecipazione delle donne. Anche se le donne lì non sono solite parlare con gli uomini, Ramona lo ha fatto. Ha inoltre organizzato le comunità e nominato i responsabili dei comité femminili. Non sono stati pochi i casi in cui le donne hanno spinto gli uomini alla rivolta.

L’8 marzo 1993 insieme alla comandante Susana, promosse quello che Marcos definì come "la prima rivolta zapatista". In una lettera diretta all’editorialista Alvaro Cepeda Neri, il portavoce dei ribelli racconta come in una riunione a Los Altos fu approvata la Ley Revolucionaria de las Mujeres (Legge rivoluzionaria delle donne).

Durante la Convención Nacional Democrática (CND) dell’agosto del 1994 il subcomandante annunciò che Ramona era molto malata. Persino la stampa che oggi
cerca di schernire l’Altra Campagna presentando Marcos come un venditore di pizze disse che sarebbe morta da lì a poco. Ciò nonostante, il 19 febbraio 1995, giorni dopo il tradimento di Ernesto Zedillo, la comandante apparve in un video con una copia de La Jornada del giorno prima, in cui leggeva un comunicato ribelle che assicurava: "il nostro movimento è indigeno", e chiedeva al popolo messicano di aiutare a costruire la pace.

Nel luglio 1995, un giorno prima dell’inizio della quinta sessione degli accordi di San Andrés, la guida apparve in nuovo video. Ringraziò tutti per la preoccupazione per la sua salute e annunciò: "Noi donne crederemo nelle parole di pace solo se i soldati del Governo non minacceranno le nostre teste".

Poco più di un anno dopo, nell’ottobre 1996, in uno dei momenti di crisi più gravi degli accordi di San Andrés, mentre il governo minacciava di non permettere
l’uscita degli zapatisti dalla zona di conflitto, Ramona si spostò a Città del Messico. Grazie a lei, i ribelli ruppero l’accerchiamento. La Comandante partecipò alla fondazione del Congreso Nacional Indígena (CNI) e guidò una folla di manifestanti nello Zócalo. Giorni dopo venne sottoposta ad un delicato ma riuscito trapianto di reni.

Durante gli accordi di San Cristóbal del febbraio 1994 Ramona spiegò la sua partecipazione alla lotta armata con queste parole: "Noi già di per sé eravamo morte,
non contavamo affatto". Quella morte in vita le diede un’enorme libertà di agire. Ma la sua morte tardò 12 anni. La sua tenace volontà di vivere, di combattere per la sua gente e per le donne, la solidarietà internazionale ed un’operazione chirurgica le hanno dato alcuni anni di tempo in più.

Il mondo oggi sa di lei e della sua gente grazie al suo sacrificio. Il suo percorso mostra come la storia viene fatta ogni giorno da coloro che stanno in basso. Le sue abili mani di donna umile furono capaci di ricamare il tessuto invisibile della speranza della liberazione dei popoli. Lo stesso che alimenta l’Altra Campagna.

Articolo apparso su La Jornada Martedì 10 gennaio 2006

Traduzione di Rossana Amico e Rachele Bagliere,

revisione di Benedetta Scardovi-Mounier dei Traduttori
per la Pace.

www.traduttoriperlapace.org