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Referendum Atesia: qualche integrazione all’articolo di Nino Burattino de "Il Manifesto" (24 Dic)

Publie le mercoledì 27 dicembre 2006 par Open-Publishing
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Il “NO” dei lavoratori Atesia agli accordi di Dicembre è il “NO” al malaffare tra Politica e Finanza.

Il condono Atesia, voluto dal Governo e dalla Triplice Confederale, può essere letto in questo modo: i soldi dei lavoratori, che non saranno restituiti, sono come soldi che i lavoratori hanno dovuto pagare per accedere al CCNL delle Telecomunicazioni.
Tutto ciò è vietato dalla Legge.

Gli “accordi” del 13 Dicembre tra Gruppo Cos e Cgil-Cisl-Uil si sono resi necessari per rendere praticabile (ai sensi del comma 1198 e comma 1201 della Finanziaria 2007) la regalìa del condono a favore delle aziende di Alberto e Marco Tripi.
Capire questo è fondamentale: per il tramite dell’accordo, il malaffare diventa realtà concreta all’atto della sottoscrizione, da parte dei lavoratori, dei 6500 contratti interessati.
Il danno economico per i lavoratori è enorme, per non parlare del fatto che il CCNL dovrebbe essere applicato a prescindere, essendo Accordo Collettivo e Nazionale con Forza di Legge.

La sanatoria sul pregresso è di tipo integrale e non parziale (come sembra invece far intendere Burattino nel suo articolo apparso su “Il Manifesto” del 24 Dicembre scrivendo:”… ma subordina l’assunzione a conciliazioni che rischiano di far perdere quasi tutto il salario pregresso”) perchè i lavoratori hanno l’obbligo di sottoscrivere (comma 1207) clausole conciliatorie “conformi alla disciplina di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile” inserite in tutti i contratti part-time a tempo indeterminato .

Il recupero dei contributi previdenziali c’è (soldi di cui comunque il Gruppo Cos sarebbe stato onerato alla luce degli illeciti contestati, e così ripartiti: il 50% subito a carico dell’Impresa, il 25% rateizzato in cinque anni sempre a carico dell’Impresa, il 25% a carico della collettività) ma viene sottoscritto in Finanziaria un sostanzioso sconticino di ¼ rispetto al dovuto INPS, cosa che avrebbe dovuto attirare l’attenzione del giornalista de “Il Manifesto”.

Se ne può facilmente dedurre che questi “accordi” sono viziati alla nascita e non solo dalle disposizioni che ne conseguono.

A margine di queste piccole osservazioni, il metodo: reiterando un comportamento adottato anche in precedenti occasioni (Aprile 2006, per esempio) la triplice confederale ha evitato scrupolosamente di pubblicizzare per tempo l’eventualità di incontrare la controparte, lasciando che la totalità dei lavoratori fosse sprovvista di qualunque indicazione circa i contenuti delle bozza di “accordo” che si intendeva proporre al Gruppo Cos.
Un atteggiamento del genere deve essere stigmatizzato.

Nino Burattino evidenzia l’apertura Cgil ai Referendum (a quanto pare un evento anche per lui) ma glissa sulla la condotta carbonara che ha preceduto gli “accordi”.
I lavoratori Atesia si domandano come mai tanta democrazia dopo e nulla prima.

Stando sempre a quanto riporta l’articolo del 24 Dicembre, mentre in Atesia il Referendum s’è tenuto con voto segreto, a Palermo s’è proceduto per alzata di mano: “un sistema, è evidente, che può inibire i lavoratori”. In riferimento a Catania, il resoconto continua così: “anche se i delegati Cgil vorrebbero votare a scrutinio segreto, forse prevarrà l’opinione della segreteria Cgil, interessata a non rompere con Cisl e Uil e dunque più propensa all’alzata di mano”.
Inoltre: “a Napoli, spiega il segretario Slc Gialuca Daniele, voteranno solo i cocoprò e gli interinali interessati alle assunzioni, mentre resta aperto il problema di diverse decine di apprendisti al 190 Vodafone non ancora confermati”: come voteranno non siamo in grado di saperlo.

E’ del tutto evidente che l’assenza di una procedura comune rischia di pilotare l’esito referendario, riducendo il peso specifico di una realtà come Atesia, che pure ha votato al 58% per il No.

Che cosa possiamo dire alla luce di quanto sta accadendo?
Prima di tutto, al fine di evitare inutili strumentalizzazioni, bene hanno fatto i lavoratori Atesia a partecipare alla consultazione referendaria.
In seconda battuta, alla luce di quanto sopra riportato, appare singolare chiedersi: “come è possibile che dei cocoprò rigettino un’assunzione a tempo indeterminato?”.
E’ del tutto normale chiederselo soltanto se non si conoscono i fatti e se taluni volontariamente rinuncia ai suoi compiti di completa informazione, fornendo il solo quadro delle esigenze quotidiane di ciascuno (studenti che vogliono solo arrotondare, cinquantenni che guadagnavano di più con il cocoprò, ecc.).
Fermo restando che volendo dipingere più chiaro questo “quadretto delle opportunità” potremmo inserirci pure quelli che sono contenti di avere il TFR, le donne che avranno la maternità, il diritto alle ferie, il “NO” dei lavoratori Atesia ha un respiro più ampio:

nasce dalla consapevolezza che se il Governo non avesse fatto nulla (condono), non ci sarebbe stata la sentenza sospensiva del Tar a Novembre e i lavoratori sarebbero statti assunti tutti full-time a tempo indeterminato (stando chiaramente ai fatti e non alle ipotesi di fatto).

Questo “NO” non è legato soltanto alle contingenze che accomunano tutti i lavoratori sottoposti al CCNL delle Telecomunicazioni ma all’ imperativo categorico di non accettare il Bidone tirato dai Padroni, dal Governo foraggiato dai Padroni e da chi, per vocazione ormai solo presunta, dovrebbe tutelare i nostri interessi.

Post Scriptum: Atesia fra qualche tempo si sposterà dall’altra parte della città. Sarebbe in costruzione una struttura nuova nel quartiere della Bufalotta.

Evidentemente anche i confederali lavorano solo su fatti certi e non sulle eventualità probabili, le quali potrebbero produrre dimissioni a catena: fermo restando la validità del condono, naturalmente!

francesco fumarola, www.mercantedivenezia.org

Messaggi

  • La nostra verità sulla vertenza Atesia-Almaviva

    Lo scorso 19 gennaio il collettivo precariAtesia ha indetto, per l’intera giornata, uno sciopero - proposto e approvato dalle assemblee nei giorni precedenti - dei circa tremila lavoratrici/tori a progetto, con presidio degli ingressi. Altrettanto ha fatto il Cobas Atesia chiamando allo sciopero i circa 350 dipendenti Cos-Atesia a tempo indeterminato. Pochi giorni prima, Atesia-Almaviva aveva licenziato in tronco 5 lavoratrici part-time a tempo indeterminato provenienti da altra sede, perché avevano continuato a lavorare con la matrice-turni originaria anziché quella unilateralmente imposta dall’azienda e incompatibile con le loro condizioni di vita. Le licenziate erano presenti al presidio con un proprio volantino, mentre l’Rsu Uil, che aveva consigliato le lavoratrici di insistere sulle vecchie matrici, continuava a lavorare...

    Lo sciopero è riuscito con una percentuale di partecipazione superiore al 90% per i LAP (lavoro a progetto). Al mattino e al pomeriggio abbiamo contato in turno mai più di 70 persone alle cuffie. Per quanto riguarda i dipendenti, lo sciopero è pienamente riuscito per la commessa Inpdap; di meno tra i circa 150 provenienti dal call center in smantellamento di Torre Spaccata. Alla luce di quanto scaturito dal referendum della vigilia di Natale, la piattaforma dello sciopero prevedeva:
    1) il reintegro dei licenziamenti, sia gli ultimi che quelli precedenti; 2) il reintegro dei mancati rinnovi del 2006; 3) l’adozione dei part-time solo su richiesta di chi lavora o il tempo pieno; 4) stipendi, in ogni caso, non inferiori a 1.000 euro; turni fissi; 5) contrattazione del pregresso e rifiuto della liberatoria per il padrone senza niente in cambio.

    Questa piattaforma è coerente con la vertenza iniziata il 12 maggio 2005 e suffragata dalla sconfitta delle OO.SS. confederali in occasione del referendum sull’accordo nazionale del 13 dicembre scorso, concluso senza mandato da parte di lavoratori e lavoratrici. Dopo la magnifica riuscita dello sciopero autorganizzato, abbiamo responsabilmente invitato, con comunicazione formale, la dirigenza Atesia a sedere al tavolo della trattativa con chi risulta, alla prova dei fatti e fino ad ora, realmente rappresentativo della volontà di lavoratori e lavoratrici.

    Non nutriamo tuttavia speranze sulla ragionevolezza della proprietà ed anzi sappiamo che avremo presto a che fare con altre provocazioni aziendali. La dirigenza infatti si prepara a pretendere le liberatorie proprio a partire dalle «campagne» più povere e ricattabili, in genere servizi out. Prendiamo atto inoltre di come il sindacato segua ormai una politica di povertà firmando accordi, in Atesia come negli altri call center, che permettono al padronato di settore di creare aziende con la totalità (o quasi) dei dipendenti -a termine o a tempo indeterminato che siano - con contratti part time; una cosa che costringe il lavoratore a trovare il secondo lavoro (a volte anche il terzo o quarto), per sopravvivere in un paese dove il costo della vita è in continuo aumento, mentre i salari restano immobili.

    Vorremmo chiarire infine anche a giornali come il manifesto, i quali hanno sempre seguito con grande sofferenza le sconfitte a ripetizione delle posizioni filo-padronali delle confederazioni sindacali, che se nei call center Almaviva oggi si ragiona a partire dal livello minimo del contratto subordinato a tempo indeterminato, ciò è dovuto esclusivamente alla lotta dei precari Atesia. Le confederazioni sindacali hanno infatti firmato negli ultimi anni ben cinque accordi che hanno tentato di introdurre o mantenere le forme contrattuali precarie, previste o no, nella peggiore legislazione vigente. Così risulta banalmente offensivo dare voce a distaccati Cgil che tendono a far credere che in Atesia ci siano centinaia di LAP «paperoni» da 1.200/1.400 euro al mese, quando è noto che questi numeri si verificano in situazioni rarissime. La media degli introiti di chi lavora al 119 con continuità è di gran lunga inferiore ai mille euro mensili; alle out la media scende sotto i 600 euro.

    Le confederazioni hanno condotto le consultazioni in perfetta solitudine a Palermo, Catania e Napoli, fornendo dati palesemente falsi, pubblicati senza commento. I risultati reali invece, come testimonia la comunicazione da Palermo del comitato NO LAP, riferiscono di partecipazioni alle assemblee sindacali di non più di 200 persone e di molti voti contrari. Raccontateci dunque dove avete trovato i 1.378 «Sì» solo a Palermo! Dare credito alle risultanze più che bulgare delle consultazioni sindacali significa allora aver fatto una scelta di campo a fianco dei molti che vogliono affossare le ragioni delle lotte autorganizzate.

    Oggi precari e precarie Atesia sono chiamati ad un passaggio ancora più complesso: - riuscire ad ottenere risultati significativi, dovendo affrontare la lotta in azienda; - tenere aperto un fronte nazionale in un settore di 250 mila addetti, senza abbandonarli alle furbizie padronal-sindacali; - opporsi alla magistratura, ai fantasmagorici interventi dei tribunali più improbabili, ultimo il Tar del Lazio, contro cui i precari devono presentare in perfetta solitudine ricorso al Consiglio di Stato; - perseguire il non trascurabile compito di cambiare la cultura filo-aziendale dei magistrati «liberisti» che imperversano nelle sezioni-lavoro. La storia dei precari/e Atesia dimostra come è possibile costruire lotte contro la precarietà . Il metodo è quello antico: non delegare niente a nessuno, rischiare in proprio, raccogliere bisogni evidenti e contraddizioni reali, dare continuità e diffondere autorganizzazione. Solo in questo modo sarà possibile impostare altre e più grandi battaglie per migliorare realmente la qualità della nostra vita.

    Collettivo Precari Atesia