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Referendum Francia Fausto Bertinotti: “Adesso lavoriamo per un’altra Europa”
Publie le lunedì 30 maggio 2005 par Open-PublishingDichiarazione di Fausto Bertinotti, segretario di Rifondazione Comunista
“Certo, la botta è di quelle pesanti, ma le reazioni della classe
dirigente delle principali forze politiche del Paese all’evento politico
francese sembrano assai lontane da ciò che sarebbe necessario: imparare
la lezione. Per continuare a non capire al fine dell’impossibile difesa
dell’esistente, la maggior parte dei commentatori si ostina a leggere il
voto come un rifiuto dell’Europa dall’indefinito segno politico.
E’ vero il contrario. Sarebbe bastato guardare alla gente, alle insegne e alle
bandiere che hanno riempito di festa le piazze. Sono le bandiere della
sinistra che ha vinto. Prima o poi le forze politiche, e in Italia in
particolare le forze politiche dell’Unione, dovranno imparare che è nato
un europeismo di sinistra che ha messo sotto accusa la Costituzione
materiale di questa Europa e un Trattato che trasformava la sua impronta
neoliberista in Costituzione.
Ed è proprio questo che il voto francese ha rifiutato in nome di un’altra Europa.
E’ una lezione che investe sia
la natura dell’Europa che il profilo programmatico delle politiche
economiche e sociali. Qui occorre, come hanno suggerito anche le recenti
elezioni in Germania, una svolta, in particolare delle politiche della
sinistra. Comincia invece a farsi strada, anche nei commenti italiani,
la percezione che esiste per l’Europa una grande questione democratica,
senza risolvere la quale è destinata ad ingigantirsi la crisi della
politica.
Bisogna realizzare da subito una netta inversione di tendenza.
Tutti i Parlamenti nazionali dei Paesi aderenti all’Europa, a partire
dal nostro, vengano convocati per riaprire una discussione su quale
Europa è oggi necessaria. Il Parlamento Europeo venga convocato per dare
impulso alla riapertura indispensabile, dopo il voto francese, di un
dibattito per la costruzione di un nuovo percorso istituzionale.
Anche in Italia la vittoria del No in Francia apre una nuova opportunità per
la nascita di un europeismo di sinistra e di massa. Il risultato del
referendum in Francia chiede a chi come noi ha sostenuto il No al
Trattato, e a chi ha espresso un sì critico, di incominciare a lavorare
insieme per un’altra Europa, per un’Europa di pace e di fuoriuscita
dalle politiche neoliberiste.”
Roma 30 maggio 2005
Ufficio Stampa Prc
La Francia vota per tutti noi
di Fausto Bertinotti
In Francia, alla vigilia del voto referendario sul Trattato costituzionale europeo, i No sono ancora in vantaggio. E’ un esito che preoccupa molti, anche a sinistra, anche nella sinistra radicale: sullo sfondo di antichi fantasmi (il nazionalismo francese, la mai sopita aspirazione di grandeur, l’eruoscetticismo), vi si coglie il pericolo di una bocciatura dell’idea stessa di Europa e del suo processo unitario. Ma è un timore, o un allarme, radicalmente infondato: mai come in questa circostanza i pregiudizi ideologici fanno velo alla comprensione dei fatti reali. E il primo di questi fatti reali è che, dopodomani, la Francia vota per tutti noi: per tutti i popoli del vecchio continente ai quali non è stato concesso il diritto di esprimersi sul proprio futuro. Colmando un deficit drammatico di politica e di democrazia, la Francia è dunque oggi il paese più europeo di tutti. Sembra un paradosso: è, invece, un dato politico acquisito, che trascende perfino i possibili esiti referendari. Se vinceranno i Sì, vorrà dire che è prevalso uno scatto di prudenza. Ma se prevarranno i No, come noi speriamo, potrebbe innescarsi uno straordinario circolo virtuoso: giacché sarà bocciata non l’idea di Europa, ma questa Europa, la costruzione di Maastricht e delle politiche neoliberiste. E verrà in primo piano il nuovo europeismo di sinistra emerso nella lunga campagna elettorale. In tutti e due casi, sì, la lezione francese resta magistrale.
Essa ci dimostra, intanto, che il percorso che è stato scelto dai governi europei non solo non era l’unico possibile, ma è stato, ed è, il più lontano dalla vita reale. Le Costituzioni vere, recita un’opinione antica, si fanno soltanto all’indomani di una rivoluzione, o di una guerra perduta: nascono davvero soltanto all’interno di un processo profondo di ricerca, dibattito, coinvolgimento diffuso. Proprio perché sono, dovrebbero essere, l’espressione "massima" dell’identità nazionale, come dice Habermas (che pure, in singolare contraddizione con questo assunto, approda oggi ad un europeismo alquanto moderato), esse non possono fare a meno di consenso e partecipazione popolare. Nel caso del Trattato, si è fatto di peggio: questo consenso non lo si è cercato né prima né dopo. Il popolo europeo, che era il soggetto titolato a decidere, in ultima istanza, la nascita della nuova Europa, magari con un referendum simultaneo in tutto il vecchio continente, è stato accuratamente tenuto fuori. Una scelta, purtroppo, del tutto coerente con la natura stessa del Trattato, che affida alla logica del mercato un ruolo determinante. Una scelta che ha scavato un’ ulteriore distanza tra l’Europa e i suoi cittadini.
Con un atto coraggioso e lungimirante, questo vuoto è stato colmato non da una compagine di sinistra, ma da un governo di centrodestra, da Jacques Chirac. Il referendum è stato (è già stato) una rilevantissima attivazione democratica - come noi, assordati dal silenzio che avvolge la consultazione referendaria del 12 e 13 giugno, forse non riusciamo neppure ad immaginare. In Francia, ha discusso per settimane e settimane l’intero Paese. Sui massmedia, in Tv e sui quotidiani il confronto è stato ricchissimo e continuo. Le Monde ha pubblicato ogni giorno un articolo del Trattato, con adeguato commento. Il Partito Comunista Francese ne ha editato una copia integrale: un best seller - non il solo sul tema - che ha venduto oltre 300 mila copie in pochi giorni. I socialisti hanno tenuto una consultazione interna. In tutte le città si sono svolte iniziative, tavole rotonde, comizi. E ogni cittadino ha ricevuto a casa una completa informazione sui temi del referendum, firmata dall’Etat Francaise. In questa mobilitazione dello spirito pubblico repubblicano, un risultato è stato comunque raggiunto: l’integrazione europea è diventata irreversibile. L’idea di Europa ha messo radici. L’Europa materiale, se è consentito usare questa espressione, c’è. Quello che è davvero in causa è la natura politica e sociale di questa costruzione.
Ma i critici del No - anche quelli più avvertiti come Giuliano Amato o Barbara Spinelli - sostengono che, in realtà, sul voto francese pesa l’insofferenza verso il governo Raffarin e, in questo senso, il No al Trattato sarebbe "viziato" da una pregiudiziale politica, che nulla ha a che fare con il destino dell’Europa. Del resto, oggi le popolazioni non sono mosse da una vocazione oppositiva, che le spinge ad essere sempre e comunque contro i governi?
La verità che essi stentano a vedere, però, è un’altra. E’ che, nel caso della Francia, il No al Trattato europeo e la critica al Governo nazionale sono l’espressione dello stesso disagio. Il profondissimo disagio sociale determinato in tutta Europa dalle politiche neoliberiste, dall’assolutizzazione della "competizione",, dalla disoccupazione, da scelte come la Bolkenstein o la direttiva sugli orari che eleva fino a 65. ore il tempo di lavoro settimanale. Lo si è visto bene, in Germania, che cosa queste scelte sono costate al cancelliere Schroeder e alla Spd. Ma il neoliberismo, appunto, non solo è la filosofia che è stata alla base del Trattato di Maastricht e degli altri Trattati: è la strategia che ha largamente concorso a produrre la crisi economica attuale. Non è dunque una bizzarria oggi mettere in discussione questo impianto e questo orizzonte, come fa il No francese. E non è neppure l’effetto di un classico "trasversalismo" interpartitico. Tanto è vero che perfino i difensori del Trattato sono costretti a dare di esso motivazioni non liberiste.
Tanto è vero che in Francia la natura antiliberista del No è evidente sia nella sua composizione sociale sia nel suo schieramento politico. Il No ottiene quasi il 70% tra gli elettori dei partiti di sinistra, e il 75% tra gli operai. Nasce dunque, è già nato, un nuovo europeismo di sinistra e di massa: la convergenza unitaria che si è registrata tra Pcf, Ligue communiste, i socialisti di Fabius, Bovet ed altre forze della costellazione alternativa francese è un fatto del tutto inedito. A lungo, l’unica forza che si è schierata con nettezza per il No al Trattato è stata il Partito della Sinistra europea. Oggi, lo schieramento che si batte consapevolmente e fermamente per un’altra Europa è ben più ampio. Il rifiuto della guerra, come tratto "genetico"del vecchio continente, la difesa intransigente dei diritti dei lavoratori, la piena occupazione come strategia sociale generale, il rilancio di un Welfare inclusivo, la solidarietà e l’accoglienza verso i migranti: ecco il contenuto del possibile No dei francesi, ecco i cardini di questa idea di Europa. La nostra.
liberazione 27.5.05




