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Referendum in Ecuador. Un “Si” per il Socialismo del XXI secolo
Publie le martedì 30 settembre 2008 par Open-PublishingReferendum in Ecuador. Un “Si” per il Socialismo del XXI secolo
di Pietro Anastasio
Per le strade di Quito ed in quelle di Guayaquil, così come nei palazzi del Governo centrale ed in quelli dei 24 dipartimenti regionali, la si definisce da tempo come una “Revolución Ciudadana”. Tutto quanto fatto in questi anni dal Presidente della Repubblica, Rafael Correa, è stato indirizzato a dotare il paese di una nuova Costituzione per “rifondare” l’Ecuador a partire dalle sue fondamenta. Ieri il grande giorno.
Il “Si” alla Magna Carta ha raggiunto il 70 per cento dei voti, contro un misero 25 per cento su scala nazionale per il no. Una “vittoria storica” per il progetto socialista messo in marcia ormai da due anni nel paese Latinoamericano che, secondo quanto dichiarato da Correa, “trascende di molto da coloro che hanno goduto di maggiore visibilità in questo processo, che appartiene a tutto il popolo”.
Da Santiago de Guayaquil, sua città natale, il capo di Stato ha fatto immediatamente una chiamata all’ “unità” di tutta la nazione, in una fase in cui “l’Ecuador ha optato per un nuovo paese”. Un nuova idea di nazione in cui “le vecchie strutture sono state abbattute”. “Questa – ha sottolineato Correa, con la voce rotta dalla commozione per il traguardo raggiunto – è la conferma di quella rivoluzione civile che abbiamo offerto al popolo nell’anno 2006”, anno della sua elezione alla guida del paese.
“Se non viene approvata me ne vado”, aveva avvertito il presidente riferendosi alla nuova Magna Carta redatta dall’Assemblea Costituente da lui messa in piedi. Un impegno importante, quello della costruzione di un Ecuador “del popolo”, su cui Correa ha puntato gran parte della propria azione politica. I nove milioni e mezzo di suoi concittadini, chiamati ieri a votare per il referendum costituzionale, gli hanno dato ampiamente ragione, accordandogli una solido consenso sia all’interno del Paese che dall’estero.
La nuova Carta ecuadoriana rappresenta, inoltre, un’importante riforma che mette in sincronia il paese di Correa ed il cammino socialista avviato, pur in forme diverse, da altri governi della sinistra latinoamericana. In poco più di un anno, infatti, sia il Venezuela di Hugo Chavez che la Bolivia di Morales hanno tentato di portare a compimento il sogno dell’approvazione di un testo che cambiasse le radici stesse della politica e dell’economia nazionale. Tentativi che, in entrambe i casi, si sono scontrati con pesanti ostacoli interni che ne hanno rallentato la marcia, quando, addirittura, non l’hanno del tutto interrotta, come nel caso venezuelano.
Rafael Correa è riuscito invece ad incassare una vittoria al primo colpo, ottenendo il via libera per un testo che viene considerato, soprattutto sul piano sociale, uno dei più avanzati del continente se non del mondo.
Tra le novità più importanti introdotte nel paese andino, la formula, riportata nel preambolo stesso della Carta, di “Stato plurinazionale”. Viene concesso, infatti, alle comunità indigene ecuadoriane di “formare circoscrizioni territoriali (…) che esercitino le competenze di un governo territoriale autonomo”. Un’importante svolta ‘indigenista’, criticata da alcuni come primo passo verso la dissoluzione dell’unitarietà dello Stato, che restituisce dopo centinaia di anni una concreta libertà di autogestione alle popolazioni native.
Nella nuova Costituzione dell’Ecuador, si allargano inoltre diritti fondamentali quali quello all’istruzione e alla salute. Lo Stato garantirà un’assistenza scolastica fino al completamento degli studi secondari e proibirà il lavoro ai minori di 15 anni. Il Testo contempla, inoltre, famiglie di “diversi tipi”, estendendo i diritti coniugali alle coppie di fatto, tra le quali quelle tra persone dello stesso sesso. Viene riconosciuto il diritto all’emigrazione, garantendo assistenza ai lavoratori ecuadoriani all’estero ed alle loro famiglie, così come agli immigrati in Ecuador.
Una svolta radicale, dunque, che non tarderà a svolgere anche un ruolo di traino per gli altri paesi del sub-continente e per le iniziative di profonda riforma sociale avviate negli ultimi anni in gran parte dell’America latina. La sfida è ambiziosa: costruire il Socialismo del XXI.
Dazebao