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Referendum sul lodo Alfano il Prc raccoglierà le firme
Publie le lunedì 6 ottobre 2008 par Open-PublishingReferendum sul lodo Alfano il Prc raccoglierà le firme
di Angela Mauro
Rifondazione Comunista raccoglierà le firme per il referendum contro il Lodo Alfano, la legge sull’immunità per le alte cariche dello Stato approvata dal governo Berlusconi. Ieri la decisione è stata assunta dalla direzione nazionale del partito con l’approvazione di un ordine del giorno. Sarà però la segreteria nazionale a decidere su come portare avanti le battaglie sulle altre questioni inerenti alla giustizia nel comitato promotore del referendum promosso dall’Idv. Restano infatti intatte nel Prc le differenze di approccio al partito di Di Pietro, tra la maggioranza guidata dal segretario Paolo Ferrero e la minoranza di Nichi Vendola. E per questo la discussione in direzione ha rischiato di incartarsi, proprio alle ultime battute della riunione, tra l’opzione «decidere ora di raccogliere le firme perchè Di Pietro inizierà in piazza sabato 11» (Ferrero) o il «piuttosto apriamo prima un contenzioso con Di Pietro sulle altre questioni e poi decidiamo se aderire, per segnare la differenza tra noi e lui...» (Graziella Mascia).
L’approvazione dell’odg ha permesso che non ci si avvitasse nella chiacchiera (com’è successo invece all’ultimo comitato politico nazionale che per un’ora, in chiusura di lavori, si è ingarbugliato in una discussione abbastanza lunare su Abkhazia e Ossezia). Ma non ha risolto il problema di fondo: la divisione nel partito, che emerge puntuale su tutte le questioni. Non serve a molto l’appello di Alberto Burgio, il quale, intervenendo in un dibattito esteso dalla crisi finanziaria globale ai rapporti con la Cgil e la sua riscoperta linea dura con governo e Confindustria, esordisce con l’autocritica («Siamo arretrati») e propone di «tornare a studiare e ascoltarci in modo unitario, non per costruire cordate». E’ lo stesso Claudio Grassi a far notare lo scoglio invalicabile: «Ci siamo divisi a Chianciano tra chi crede ancora nel Prc e chi lo vuole superare, è questo il punto». Tutto il resto vien da sè.
Se Ferrero fa notare che la decisione della Cgil di non firmare la riforma dei contratti (da nazionali ad aziendali) «è positiva, ma non vuol dire che improvvisamente quel sindacato sia diventato radicale, bisogna lavorare per consolidare...», dall’area vendoliana (Rifondazione per la sinistra) gli risponde Franco Giordano proponendo di fare in modo che «la manifestazione della sinistra l’11 ottobre segni un consenso di massa all’organizzazione di Epifani che per la prima volta si smarca: così sfidiamo la manifestazione del Pd il 25 ottobre». Quella dell’ex segretario è certo la posizione più oltranzista nella sua stessa minoranza, ma le differenze rispetto alla relazione di Ferrero sono nette anche negli interventi degli altri vendoliani. «Non dobbiamo assumere un approccio sindacale. Il punto non è applaudire o meno la Cgil, ma fare le nostre proposte: siamo gli unici ad averne una che sposta risorse dai profitti ai salari», rimarca Maurizio Zipponi, confermando le sue riserve sull’11 ottobre: «Spero riesca, ma siamo in grado di costruire un progetto politico unitario?».
La domanda è la stessa per tutti i vendoliani. «Dall’opposizione di fatto all’opposizione come modello di società», suggerisce Nicolò Pecorini. «Non possiamo presentarci al prossimo G8, che sarà un G14 comprendente anche Cina e gli altri "emergenti", come si fece a Seattle», spiega Alfonso Gianni per dire che non basta la testimonianza. «Non basta nemmeno mettere insieme No Tav, No dal Molin, eccetera: esprimono una coscienza individuale, ma la somma non va bene». «Non c’è sinistra perchè manca un programma, non perchè non ci sia il popolo di sinistra», critica Elettra Deiana. «E invece quando sento parlare Ferrero è come se sentissi uno dei leader di Lotta Continua, dei tempi di quando ero giovane...», aggiunge caustica.
Da parte sua, il segretario insiste: «No a costituenti politiche che si tradurrebbero in spaccature della sinistra tra comunisti, acomunisti, socialisti... Fuori dal Pd, a sinistra, opposizione di massa a Berlusconi. Autonomia e alternatività anche nei confronti di Di Pietro, il cui antiberlusconismo è intriso di populismo e tratti "confindustriali"». Ferrero punta molto (se non tutto) sulla manifestazione dell’11: «Se riesce, vuol dire che la sinistra esiste ancora. Altrimenti non c’è». E siccome nel dibattito si è infilata anche la discussione sulle differenze (se ce ne sono ancora) tra comunisti e socialisti, il segretario specifica: «Sono comunista per un immaginario alternativo nella crisi globale. Il che per me equivale a rivoluzione, strategia di rottura».
Con lui, compatta, tutta la maggioranza. «La scelta della Cgil sui contratti era obbligata, pena la scomparsa - sostiene Roberta Fantozzi - Valorizziamola, ma valorizziamo anche i sindacati di base» che scendono in piazza il 17 ottobre. Franco Russo la butta in filosofia. «Ma vedrete che la questione è pratica», promette, suggerendo ai vendoliani di «abbandonare l’idea di Mario Tronti secondo cui quello che manca oggi non sono i movimenti sociali ma la politica. Io dico che nell’occidente mancano i movimenti di lotta, per politica intendo la pratica sociale». La ricetta non c’è, dicono tutti, va scritta. Maurizio Acerbo della maggioranza ci crede pure, con Alfonso Gianni, che le differenze tra socialisti e comunisti non abbiano più motivo di esistere, «ma dal ’21 in poi abbiamo avuto le torsioni riformiste nei socialisti». Parlare di "sinistra", dunque, aggiunge, «è un surrogato rispetto all’impotenza della nostra gente».
Impotenza come quella che la discussione mostra sulla crisi internazionale: l’idea che sembrerebbe più condivisa è quella secondo cui l’intervento statale del governo Usa sul sistema finanziario (il piano di salvataggio Paulson) salverà il sistema ma non arriverà fino ai poveri che rischiano di perdere la casa per la crisi dei mutui. Dal Prc nessuna lode di Keynes, dunque («keynesismo assassino», lo definisce Alessandro Giardiello di Falce e Martello), ma la discussione è solo accennata, rimandata ad una «sessione seminariale della direzione», propone Ferrero.
Per acclamazione la direzione approva un ordine del giorno che contesta il divieto del Consiglio di Stato al referendum sulla nuova base Usa di Vicenza. Almeno il "No dal Molin" ha messo tutti d’accordo.