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Retata contro i kurdi a Parigi: 13 arrestati
Publie le mercoledì 7 febbraio 2007 par Open-PublishingRetata contro i kurdi a Parigi: 13 arrestati
Tutti residenti regolari gli arrestati, accusati di riciclaggio per finanziare i guerriglieri del Pkk. Assalto brutale all’alba al centro culturale Ahmet Kaya, all’ufficio d’informazione del Kurdistan e a decine d’appartamenti
Orsola Casagrande
La polizia francese ha arrestato ieri tredici cittadini kurdi (tutti regolarmente residenti in Francia) accusandoli di riciclaggio di denaro sporco destinato a finanziare i guerriglieri del Pkk. L’operazione è stata di quelle in grande stile: massiccio spiegamento di uomini, due centri kurdi perquisiti e distrutti, casse di materiale requisito, perquisizioni in decine di appartamenti. A metà mattina una portavoce della procura parigina si è limitata a dire, alla Reuters, che «le persone arrestate sono sospettate di finanziare il Pkk».
Alle sei di ieri mattina gli agenti dell’antiterrorismo hanno perquisito prima il centro culturale Ahmet Kaya e quindi l’ufficio di informazione del Kurdistan. Due centri molto noti e molto attivi. Il centro Ahmet Kaya si trova proprio accanto all’ufficio elettorale del ministro degli interni Nicolas Sarkozy. Dopo gli uffici si è proceduto con la perquisizione degli appartamenti. Una giovane donna racconta il terrore suo e dei figli per l’irruzione violenta della polizia «che ha buttato tutto a terra, rompendo mobili e le nostre cose».
Secondo le poche indiscrezioni che trapelano dalla procura, l’operazione sarebbe partita a luglio quando due cittadini kurdi sono stati arrestati mentre cercavano di cambiare in dollari 200mila euro. Soldi che la procura ritiene essere il provente di traffici illeciti, probabilmente droga. I rappresentanti delle associazioni perquisite ieri respingono con forza le accuse, sostenendo di non aver mai visto né conosciuto i due uomini arrestati a luglio. Faruk Dogru, responsabile dell’ufficio di informazione del Kurdistan, da molti anni in Francia, dice senza mezzi termini che «si tratta di una operazione tutta politica. Questa è la risposta dell’Europa - sostiene - alle pressioni della Turchia e degli Stati uniti che chiedono di reprimere e tagliare le gambe al movimento di liberazione kurdo».
Il centro culturale Ahmet Kaya (dal grande cantante kurdo scomparso qualche anni fa) è un luogo di ritrovo molto conosciuto e non solo dai cittadini della diaspora kurda. Qui infatti si organizzano concerti ed iniziative prestigiose. Quello che resta del centro sono mobili distrutti, documenti strappati, carte ovunque. La polizia francese non ha fatto sconti. E certo l’operazione ha contorni un po’ oscuri. Per esempio è evidente che i due centri sono sorvegliati giorno e notte da anni, praticamente dalla loro apertura: curioso che proprio ora la polizia decida di intervenire in maniera così pesante. E poi giunge a meno di un mese dal verdetto della corte europea di giustizia che dava ragione a Osman Ocalan (fratello del presidente del Pkk, Abdullah Ocalan) riconoscendogli il diritto a contestare l’inclusione del Pkk nella lista europea delle organizzazioni terroristiche. La corte ha ordinato il riesame del caso.
Ieri pomeriggio centinaia di kurdi si sono riversati per le strade di Parigi per protestare contro le perquisizioni e gli arresti. Gli avvocati dell’ufficio di informazione del Kurdistan, Jean Pierre Berthilier e Armel Faik Taverdin, hanno ribadito che «si tratta di un’ operazione politica. Questo - ha detto Bertihilier - fa parte della strategia della paura condotta dal ministro Sarkozy». Il Knk, congresso nazionale del Kurdistan ha sottolineato che «da mesi assistiamo ad una politica ostile da parte della Germania. Prendiamo atto che anche la Francia sta adottando questa strategia. Ci chiediamo se questa è la nuova politica dell’Unione europea verso la questione kurda».
Sabato prossimo a Strasburgo è prevista una manifestazione dei kurdi europei in occasione della seduta (che si svolgerà lunedì) del segretariato del comitato dei ministri del consiglio d’Europa che dovrà decidere sulla proposta della Turchia di archiviare definitivamente il caso Ocalan. La corte europea di Strasburgo infatti aveva, nel maggio 2005, ordinato alla Turchia di celebrare un nuovo processo, ritenendo il primo non democratico e non equo. Ma Ankara ha risposto che non c’era nulla da rivedere e a gennaio il segretariato della commissione ha indicato di voler prendere per buone le giustificazioni turche. Per il Knk, accettare una simile raccomandazione equivale ad uno schiaffo al popolo kurdo «che cerca una soluzione pacifica al conflitto».
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/06-Febbraio-2007/art40.html