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Ricardo Antunes sminuzza la ricetta neoliberale
Publie le mercoledì 23 agosto 2006 par Open-Publishingdi Álvaro Kassab (nella foto Ricardo Antunes) Tradotto da Davide Corongiu
L’opera
Questo libro è una raccolta di articoli della stampa, nazionale e straniera. Sono testi indirizzati all’analisi di una situazione concreta, che sintetizza le riflessioni accumulate durante un periodo di tempo, atte a facilitare la comprensione del significato dei governi Collor, FHC, Lula, quest’ultimo analizzando la sua fase iniziale, inseriti in un contesto internazionale - il mondo globalizzato e la cosiddetta era della mondializzazione - che rende compatto l’intero quadro. Penso che un intellettuale delle scienze umane, che vive del salario dell’università pubblica ,debba dichiarare la propria opinione nei momenti più rilevanti del paese. Benché sia solamente il nostro punto di vista, siamo tenuti a dire “in questo momento è questa la nostra posizione, così vediamo le cose”. Ed è questo che intendiamo mostrare attraverso queste varie istantanee - governo Collor, Itamar, FHC, Lula. Abbiamo mantenuto intatta la parte scritta in modo tale che il lettore possa comprendere le variazioni ed i movimenti.
L’onda
L’idea centrale del libro è il tentativo di comprendere gli anni ’90 in Brasile. Sono questi anni caratterizzati da un profondo processo di rinnovamento, conosciuto come “ l’era della desertificazione neoliberale”. Sappiamo che nel 1989, con la vittoria di Collor, si dà inizio in Brasile all’ondata neoliberale. Il periodo Collor si caratterizza per una specie di “bonapartismo avventuriero”. Collor aveva caratteristiche bonapartiste, con una forte dose di spirito d’avventura, che portò, due anni dopo, al suo impeachment. Con Fernando Henrique Cardoso, si avviò un processo molto più complesso. Vittorioso nel 1994, dopo essere stato il responsabile del piano Real, stabilizzò, in un certo qual modo, l’economia brasiliana e impiantò una razionalità borghese, la cui pragmatica ben si approssimava all’ideale neoliberale. Lo stesso FHC, nel suo discorso di insediamento, disse che avrebbe implementato il programma economico di Collor, senza la sfrontatezza avventuriera propria della sua politica. Ed in Brasile, FHC marcò, in sintonia con il neoliberalismo, l’era dei cambiamenti, tra i quali la forzata privatizzazione dello stato, la deregolamentazione e precarizzazione del mercato del lavoro, e l’evoluzione dell’economia in senso finaziario, sono esempi piuttosto chiari.
FHC 3
Non avevo, ad esempio, alcun tipo di aspettativa quando il governo FHC fu eletto. Nei primi mesi del suo governo scrissi un articolo che diceva: “questo governo è venuto ad impiantare un progetto neoliberale, nonostante non possieda alcuna origine neoliberale”. Noi tutti sappiamo che FHC non ha mai avuto un origine neoliberale. Era un intellettuale, un sociologo della USP, uno considerato progressista, ma in politica, per poter arrivare fin dove arrivò, optò per la difesa dell’ordine costituito.
Speravamo che nel 2002, con la vittoria di Lula, potesse avere inizio, e solo inizio, un processo di smantellamento dell’era della desertificazione liberale. Ciò a cui abbiamo assistito, dopo più di un anno e mezzo, è che le misure che il precedente governo aveva implementato venivano via via intensificate dal governo in carica. Inoltre, le misure che lo stesso FHC non era stato in grado di sviluppare - perché il PT d’allora, la CUT d’allora, i movimenti sindacali e i partiti di sinistra avevano impedito - venivano ora realizzati dall’attuale governo del PT. Da qui una constatazione: nonostante le differenze, nella forma di essere e nei tratti distintivi dei due governi, vi è una chiara tendenza di continuità tra la politica di FHC e Lula, che ha portato differenti intellettuali critici al governo a rinominare questo periodo, era FHC3. Se pensiamo alla politica economica di Malan e di Palocci e alla politica della Banca Centrale dei due governi, si registra una maggior tendenza alla continuità piuttosto che alla discontinuità.
Più che re
Il PT era l’erede delle lotte sociali degli anni ’80 e ’90, tanto da svolgere un ruolo di filtro delle stesse. Vi era quindi una aspettativa, sebbene irrisoria, che fosse possibile gettare un poco di sabbia negli ingranaggi neoliberali. Ma il modo in cui il partito giunge al potere, le ripercussioni brutali del decennio neoliberale nell’azione politica ed ideologica del partito, il suo morboso legame al sistema finanziario internazionale, al FMI, al grande capitale estero, la sua politica contingente, associata ad una lacunosa formazione teorica, politica ed ideologica, ed a una voluttà smisurata del potere fece si che il PT diventasse più realista del re.
"Capitalismo popolare"
Il PT non solo privatizzò la Previdenza Sociale, ma aprì la strada ai prodotti transgenici, e soprattutto aprì senz’ogni riserva al prelievo di capitale per il pagamento smisurato degli interessi e dei debiti interni ed esteri. Esattamente tutto il contrario di quanto predicato durante tutta la decade ’80 e parte della ’90. Il PT perdurò inoltre nelle proposte di FHC, svolgendo una politica di eccessi ben più intensa e nefasta per il paese e per la classe lavoratrice. Consegnò, per esempio, la Banca Centrale - come fu indicato (od ordinato?) dal sistema finanziario internazionale. Ciò fa emergere un elemento nuovo: il PT al potere sta cercando di implementare ciò che giocosamente la Thatcher definì una volta “capitalismo popolare”: ogni inglese sarebbe diventato un piccolo investitore, un piccolo soggetto privato, un piccolo speculatore in un mondo dominato dai giganti della speculazione. Lula immagina che, con la privatizzazione del sistema previdenziale, ogni brasiliano si faccia piccolo investitore, tralasciando il fatto che con R$260 di salario minimo al mese, un brasiliano non riesce neppure ad avere le condizioni base per potersi alimentare.
Gestori dei Fondi
Questa politica di privatizzazione della previdenza sociale risponde agli interessi del sistema fiscale e del “sindacalismo d’affari”, gestori di fondi che, in un certo qual modo, regolano le forme di accumulo di capitale in Brasile. Per questo ad oggi non ho più nessuna speranza che il PT possa tornare alle sue origini. Nella mia opinione questo è assolutamente fuori questione. L’episodio dell’espulsione dei parlamentari coerenti con la precedente politica del PT è sintomatico. La politica di congelamento della sinistra del PT - quelli che non votano, come nel caso del salario minimo, stanno perdendo spazio dentro il partito e restano all’interno di questo solo quei parlamentari che o accettano questa politica o stanno negoziando i propri incarichi e le possibilità di elezione. Altri, dal loro conto, stanno attendendo il momento più opportuno per uscire dal partito. E’ necessario rispettare i tempi di questi settori interni al PT,oggi scontenti, ma io non vedo alcuna possibilità di mutamento dall’interno.
Elite Sindacale 1
Era naturale che nel momento della presa del potere da parte del PT, anche i gruppi sindacali fondatori avrebbero avuto un ruolo importante nella composizione del potere stesso. Sarebbe opportuno che il paese potesse avere rappresentanti dei lavoratori a gestire le politiche pubbliche, purchè essi non abbiano completamente perso il legame di origine con la propria classe sociale, e purchè non siano già stati totalmente inghiottiti dai benefici della burocrazia sindacale, dalla macchina dello stato e dagli incanti del mondo del capitale. Risultato: quali relazioni ha Berzoini con il suo passato sindacale? Quali relazioni ha Gushiken con il suo passato in banca? State attenti, un parallelismo esiste: nascono nella lotta sindacale, si impadroniscono delle posizioni di comando della CUT e del PT, fanno un salto alla candidatura di deputato - è un passo facile per un leader sindacale, che rappresenta una categoria di 200, 300, 400 mila lavoratori quali bancari, metalmeccanici, professori, ecc. Tutti arrivano alle cariche della amministrazione diretta, parallelamente alla propria ascesa sociale, sprovvisti di spessore politico-ideologico, e coi i legami con la classe lavoratrice distrutti. Tutti si convertono in una sorta di gestori di fondi pubblici, ma collocandosi al servizio dell’interesse privato.
Elite sindacale 2
Quanto c’era di positivo - la partecipazione dei sindacalisti vincolati alla classe lavoratrice al governo - si è trasformato, leopardianamente e prussianamente, nel proprio contrario: sono ex sindacalisti che non hanno più alcun legame con le lotte sindacali alle quali parteciparono durante gli anni ’80 e ’90 ed oggi si trovano in posizioni di comando nell’apparato dello stato, facendo ciò che i grandi interessi dominanti esigono. Se potessimo giocare con le parole, questi sono passati dalla rappresentazione delle “corporazioni del lavoro”, che tanto preoccupavano il teorico del neoliberismo Hayek, ad essere oggi veri rappresentanti della corporazione del capitale. Una delle prossime misure del governo Lula sarà discutere la legge del lavoro e questi personaggi si stanno dimostrando i principali responsabili della prosecuzione del processo di smantellamento dei diritti del lavoratore. Berzoini, che è già passato alla storia come nemico dei lavoratori pubblici, responsabile della privatizzazione della previdenza sociale, adesso si trova al ministero del lavoro con l’incombenza di destrutturare, deregolamentare e rendere precaria la legge sociale del lavoro, attraverso quanto eufemisticamente chiamato, flessibilizzazione delle leggi sociali del lavoro, che, in un portoghese corretto significa precarizzare ancor di più le condizioni del lavoro.
Elite sindacale 3
Qual è stata la crescita della CUT? Nacque nel 1983, con profondi legami con le lotte sociali. In origine, anche la CUT si forma dal nuovo sindacalismo, dal movimento delle opposizioni sindacali, e dal sindacalismo rurale. Questa è stata la triade che ha sostenuto la CUT. Chi studia o ha seguito la vita sindacale degli anni ’80 sa che non ci fu neppure uno sciopero, un’azione o una misura che coinvolgesse i lavoratori senza che la CUT non fosse presente. Ad esempio, la costituzione del 1988 fu, nel capitolo dei diritti sociali del lavoro, relativamente progressista solo perché la CUT vi giocò un ruolo decisivo. Questa è la sfida del nuovo millennio: o seguire il percorso del sindacalismo verticale, di cupola, negoziale, come sta facendo ora la CUT in maniera quasi irreversibile, o recuperare la condizione di sindacato di base sociale, che rifiuti questa verticalizzazione, che rifiuti la natura di appendice del governo e che unisca azione sociale e azione politica. Poco a poco si è creato un regolamento statutario che ha convertito la CUT in una centrale sindacale di cupola, direzionale. E c’è qualcos’altro di molto importante: durante tutto il periodo di storia della CUT, molte risorse della social-democrazia sindacale europea vennero a dar supporto. Questo ha avuto un prezzo e un costo ideologico.
Nuovi tagli
Il sindacalismo di base tayloriana e fordista era di natura verticale, le imprese erano verticali. La classe lavoratrice era prevalentemente maschile, con contratti relativamente stabili. Oggi non è più così. Le imprese si orizzontalizzano, si assiste ad un forte processo di femminilizzazione della classe lavoratrice. Le dimensioni di genere e generazionali sono ancora più accentuate che in passato. Alcune imprese "moderne", ad esempio, assumono esclusivamente lavoratori di 20/22 anni. Perché? Queste imprese sostengono: questi non hanno esperienza sindacale, non hanno un esperienza fordista, né tantomeno tayloriana. E’ il “proletariato ideale” pronto per essere intensamente sfruttato nelle fabbriche in questo processo nel quale i diritti sono progressivamente dilapidati. La sfida è pensare ad un sindacalismo orizzontale, che contempli questa nuova polisemia del lavoro.
Nuovo ordine
Entriamo in una nuova fase del capitalismo, stabile, di intenso sviluppo tecnologico, che ha completamente mutato ogni nozione di spazio e tempo ed è arrivato per rimanere, la cui razionalità, nel piano microcosmico delle imprese, genera una irrazionalità globale smisurata, di cui la disoccupazione strutturale è un chiaro esempio. Si verifica un intensificazione del ritmo e delle condizioni di sfruttamento del lavoro. La caratteristica di polivalenza si presenta con la capacità coinvolgere la classe lavoratrice a fare molteplici attività. Questa è una realtà durevole, fino a quando la società del capitale continuerà a dominare. E’ nostro obiettivo trovare una nuova forma di organizzazione sociale, una nuova forma per rendere sociale l’umanità.
Note:
R$260 - 260 Reales = 93 € circa
USP - Universidade de São Paulo
CUT - Central Única dos Trabalhadores, maggiore organizzazione sindacale
PT - Partido dos Trabalhadores, partito del presidente Lula
Originale da Unicamp.Br
Tradotto dal portoghese all’italiano da Davide Corongiu, per Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft: è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l’integrità e di menzionarne l’autore e la fonte.