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Valorizzareilsaperfare 18 aprile 2008
Ricominciare dalla politica
Davide Pappalardo
Ha vinto la società impaurita e smarrita che la fabbrica della paura, questa fucina quotidiana, ha forgiato a suo piacimento. Hanno vinto i richiami primordiali, ha vinto l’homo homini lupus, ha vinto il linguaggio semplice e crudo dell’insicurezza, hanno trionfato la lotta tra poveri e l’egoismo sociale. Hanno vinto le forche (non è casuale l’ottima affermazione di Di Pietro in contemporanea al successo della Lega).
Dobbiamo renderci conto che c’è non c’è solo un partito da rifondare, ma c’è anche un Paese da rifondare, che urge un’operazione culturale di vasta gittata e di portata immane perché occorre costruire un senso comune.
Basta girare nei mezzi pubblici, entrare in un bar, o fare due chiacchiere sul posto di lavoro per vedere come la società si è spostata a destra negli ultimi anni.
Siamo stati visti come un residuo ideologico, come qualcosa di inutile per risolvere i problemi concreti (veri o falsi o amplificati che siano).
Di fronte, dobbiamo riconoscerlo, abbiamo giganti che la lotta di classe la sanno fare e un’ideologia dei consumi che ha contaminato tutti. E contro abbiamo avuto – non solo a livello elettorale ma anche come soggetto fondativo di una nuova cultura imperante – la micidiale arma dei mass media che ha creato una falsa coscienza, che anzi ci ha reso tutti più ottusi.
Il fascismo strisciante, il neocesarismo, ci hanno colto quasi di sorpresa. Ma i dati fotografano una realtà ben radicata.
Certo, ci abbiamo messo molto del nostro per giungere a questa catastrofe di dimensioni epocali: la spinta verso un soggetto non più unitario ma unico della sinistra del quale veniva caricato il voto alla Sinistra Arcobaleno, l’aver perso credibilità con un’azione di governo che ci ha visto appiattiti su discussioni quasi esclusivamente di natura istituzionale o politicista, con scarsa capacità di incidenza nei processi decisionali dopo aver suscitato e contribuito ad alimentare attese. Ed inoltre l’aver abbandonato l’organizzazione del partito, l’aver calpestato il valore e il lavoro dei militanti con scelte imposte dall’alto senza la benché minima discussione, l’abbandono alle elezioni del simbolo storico dei comunisti.
Oggi possiamo dire, per quanto riguarda l’Italia, benvenuti in America! Ma noi avevamo anticipato tutto ciò, con la scelta dell’Hard rock cafè di via Veneto come sede elettorale, o prima ancora col Caffè Fandango per presentare la candidatura del compagno Bertinotti. In queste scelte vedo la cifra dell’inconsistenza del progetto politico sbandierato nelle ultime settimane, del partito unico della Sinistra, con un comunismo ridotto a livello di tendenza culturale…
Né il giovanilismo ha giovato alcunché in determinati settori (occorre ricostruire la presenza dei Giovani comunisti nelle scuole e nelle università, nelle fabbriche e nei luoghi di conflitto).
Il pericolo maggiore oggi, dopo il disastro elettorale e di linea politica, è che molti compagni non ne vogliano più sapere di far politica. A questi compagni ricordo che compito dei Comunisti è quello di abolire lo stato di cose presenti e di lottare contro lo sfruttamento e per una nuova società anche quando i rapporti di forza sono sfavorevoli. Un Comunista non si arrende, scava come una vecchia talpa finché non giunge ad un risultato!
Non voglio scomodare nessuno, ma ricordo solo i Comunisti che hanno lottato e sono morti in condizioni di agibilità politica ben peggiori della situazione attuale.
Ricominciamo dunque. Ricostruiamo dalle macerie (per le quali ci sono delle responsabilità ben precise e non ecumeniche colpe diffuse) con una nuova classe dirigente e per nuova non intendo necessariamente giovane (non voglio dire proprio niente su quelli che sono considerati i “giovani” del nostro partito tra i maggiori responsabili della catastrofe).
Ritengo importantissima la presenza nelle istituzioni ma si può far politica anche fuori, forse possiamo così ricominciare liberi da pastoie istituzionali. Dobbiamo ricominciare a far politica. Possiamo ricominciare con un partito proiettato maggiormente sul sociale, dobbiamo utilizzare le nostre competenze e la nostra volontà per nuove forme di autofinanziamento (la catastrofe sarà anche sui conti). Dobbiamo pensare a ricostruire il Partito nei luoghi di lavoro, laddove si sviluppa la coscienza di classe, per essere più aderenti e capire meglio le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori.
Dobbiamo cercare di utilizzare al meglio le nuove tecnologie: blog, siti, mailing list. Un gruppo di compagni dovrebbe occuparsi di “postare” quotidianamente e rispondere nelle migliaia di siti e forum di rilievo, politici, cittadini. Grande impegno anche sul fronte della stampa per fronteggiare l’attacco di giornali e tv borghesi, lo strumento di dominio migliore della classe dominante.
Liberazione la smetta di scrivere cose spesso incomprensibili, rispetti il pluralismo del Prc, e tratti con maggiore vigore i temi dei salari e del lavoro.
Giusta l’iniziativa del free press, il giornale gratuito distribuito a Roma e Milano, presso le stazioni di autobus e metropolitane. Bisognerebbe potenziare se possibile questo strumento, compatibilmente con le nostre possibilità finanziarie.
Necessaria anche una grande campagna per far sì che ci sia “un circolo per ogni campanile”, come si diceva una volta, e che il circolo si doti degli strumenti informatici, di tv, connessioni ad internet, che diventi il centro per iniziative non solo di partito, punto di riferimento territoriale. Le risorse che abbiamo concentriamole su questo e non su costose quanto inutili campagne in Tv, pubblicità, sull’apparenza (così come fanno gli altri).
Dotiamoci di un linguaggio comprensibile e su temi che interessano le masse. In questi anni siamo stati votati soprattutto da una elite politicamente impegnata, adesso è venuto a mancare anche questo voto. Ora tocca tornare soprattutto nei quartieri, nei mercati, davanti ai luoghi di lavoro, parlare con quella che dovrebbe essere la nostra base sociale. Fare politica smettendo i panni dell’intellettualoide saccente. Dimostriamo ai padroni che siamo come l’Araba Fenice e risorgeremo dalle nostre ceneri…