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Ricomporre la Classe o decretare Partiti?
Publie le lunedì 12 marzo 2007 par Open-Publishing1 commento
Stiamo assistendo, tanto in Italia quanto nel resto della UE, ad uno scivolamento delle posizioni della Sinistra verso la Destra.
D’altronde è sotto gli occhi di tutti la degenerazione ideologica del Partito della Rifondazione Comunista che, a voler essere cortesi, potremmo al più definire come partito riformista.
Naturalmente la dirigenza bertinottiana, per via delle sue sciagurate scelte, ha contribuito in maniera inesorabile a questa "ricollocazione" del Partito e tuttavia non possiamo evidenziare questo dato politico "locale" senza accennare all’eclatante arretramento sociale del movimento operaio in Europa che, anche passando per la caduta del Muro di Berlino, arriva fino ai nostri giorni.
In effetti la crisi d’identità di milioni di lavoratori comunisti italiani (ed Europei) si accentua con il crollo dei Regimi dell’Est, ma parte da più lontano: in Italia si può grosso modo sintetizzare nella frattura pluridecennale tra l’oligarghia burocratico- parlamentare del vecchio PCI e le aspettative della classe operaia, tradite definitivamente con la svolta della Bolognina.
Con la Bolognina e la costituzione di una giovane classe dirigente postcomunista (i vari D’Alema, Veltroni, Fassino) venne pubblicizzata alla base la vera essenza del vecchio PCI (le "convergenze parallele" stanno a ricordarcelo) che era quella di chi aveva vissuto con la puzza (borghese) sotto il naso, supportata da una finta intellighenzia rivoluzionaria (che, spaventata, non esitò un attimo ad essere traghettata da Achille Occhetto nell’alveo della socialdemocrazia).
Si aggiunga a questa resa formale della sinistra comunista la grande aggressività del Capitalismo e le tendenze imperialistiche seguite al crollo dell’URSS (irrobustimento degli organismi del commercio internazionale, abbattimento delle barriere e dei costi di produzione, ipertecnologizzazione dei processi industriali, delocalizzazione, scardinamento del Welfare State) per ottenere quello che è sotto gli occhi di tutti: un riflusso del movimento operaio!
E’ questo riflusso, che tuttora persiste, a produrre la "necessità burocratica" dello slittamento a Destra (bisognava rispondere alle "nuove esigenze" del mondo operaio "non più comunista": da qui il PCI che si trasforma in PDS-DS fino a Rifondazione Comunista che produce la "Sinistra Europea") e NON IL CONTRARIO.
Questo punto deve essere tenuto in seria considerazione quando si parla di "riempire gli spazi lasciati vuoti".
In primo luogo: di quali spazi stiamo parlando, di quelli politici o di quelli sociali?
Uno spazio politico, con tutto il rispetto per chi inventa altri Movimenti, non è poi cosa troppo complicata.
Basta un pugno di militanti, un bel simboletto magari stilizzato, un segretario con un po’ di favella e di cervello, ed il gioco è fatto ( non è forse questa la tecnica utilizzata dai tanti piccoli partiti di centro che si rifanno alla Democrazia Cristiana?).
Si capisce allora che il punto non è questo: il punto è se siamo capaci di pensare questo vuoto come "sociale" e cercare, sulla scia di quanto ci racconta l’America Latina e le lotte di Resistenza, di mobilitarci tutti per deviare a Sinistra la barra della Storia portandoci dietro la Politica.
In soldoni, si parte dai lavoratori e non dai generali (quadri e dirigenti di un Partito di là da venire).
Senz’altro si sente impellente l’esigenza di un’idonea "formazione" e di una "ricomposizione puntuale" dell’agone politico rivoluzionario: ma "ricomposizione puntuale" non significa, come ingenuamente qualcuno crede, "proviamo a fare finalmente il Partito", bensì sforzo dialettico (su ciascun punto dirimente della vita politica, sociale ed economica del Paese ) per arrivare, alla fine, ad una " sintesi nella visione d’insieme dei processi sociali".
Ha un senso, in quest’ottica, ogni proposta associativa di confronto tra gruppi, comitati e movimenti comunisti d’appartenenza; molto meno senso se continuamente partoriscono associazioni alla ricerca del "militante" di turno.
Non occorre far dialogare in altre sedi i militanti di questa o quella frangia (già lo fanno benissimo nei dibattiti delle tante e buone iniziative, dentro i cortei, ecc.) ma "portare ad un "livello più alto" il confronto, ossia lavorare per ricucire la distanza fra le tante piccole "aggregazioni" rivoluzionarie.
Ecco allora che lavorando nella massa e formando quadri omogenei possiamo essere pronti al Partito evitando che qualche pur bravo oratore si metta alla testa di un esercito di scamorze.
francesco fumarola
www.mercantedivenezia.org
Messaggi
1. Ricomporre la Classe o decretare Partiti?, 13 marzo 2007, 12:46
Avanzare ipotesi per una ricomposizione di classe o per pervenire quantomeno a riformare una coscienza di classe operando con i consueti ed obsoleti strumenti della politica, mi sembra utile solo a suscitare pericolose illusioni e contribuire a far deviare la discussione sul futuro ed il ruolo della sinistra verso oscuri vicoli ciechi !! Pasolini faceva osservare già trent’anni fa come l’omologazione culturale attuata attraverso i nuovi mass media e tutti i più recenti e subdoli arnesi di manipolazione del consenso, avessero ormai già frantumato anche quei pochi residui di cultura popolare e di classe, che preesistevano all’avvento della televisione e del consumismo !! Solo riappropriandosi di quegli strumenti e facendone un uso alternativo ed antagonista, si può sperare di limitare i danni di questa omologazione e cercare di ricostituire un linea di pensiero e sucessivamente di azione, tesa ad opporsi allo strapotere economico, culturale e di conseguenza politico delle classi dominanti, che avendo ormai imposto e fatto accettare un modello unico di agire sociale , puoi sperare di insidiarle solo agendo sul campo dove si svolge la vera battaglia!!
MaxVinella