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Rifondazione al momento della verità

Publie le venerdì 4 aprile 2008 par Open-Publishing
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Nessuno può più rimanere in mezzo al guado

Rifondazione al momento della verità

Marco Veruggio

Il pantano in cui si sta infognando il gruppo dirigente di Rifondazione ormai comincia ad apparire in tutta la sua viscosità anche ai più ottimisti. Il blocco che aveva sostenuto fedelmente Bertinotti nelle sue ormai quindicennali svolte e controsvolte si è sfaldato. Ora che quel che rimaneva di quel blocco si è dovuto sottoporre anche alla cura dimagrante delle liste elettorali siamo al tutti contro tutti: un esempio di malcostume politico analogo a quello degli altri partiti. L’area Ferrero ne esce con le ossa rotte – come del resto al congresso di Venezia – e paga il suo perenne temporeggiamento. Come nel deserto dei Tartari di Buzzati l’ufficiale Drogo, esiliato per tutta la vita in una fortezza ai confini dell’Impero, aspetta invano l’arrivo dei Tartari per combatterli e dare un senso al suo esilio, così migliaia di compagni critici della maggioranza da anni aspettano invano che Ferrero scenda in campo aperto per dire no alla liquidazione politica e organizzativa di Rifondazione. La differenza è che qui i Tartari sono arrivati 15 anni fa.

In questo quadro le probabilità che il risultato elettorale sia positivo sono ormai ridotte a lumicino. Con quale convinzione faranno campagna elettorale i compagni è facile immaginarselo, a prescindere dalle aree di appartenenza. Ma allora quali scenari si aprono in caso di catastrofe elettorale annunciata? Mettendo insieme gli indizi e le voci già circolanti e un po’ di logica non è difficile intuire il futuro. Pdci e Verdi sono già indicati da più parti come pronti a sganciarsi dalla sinistra arcobaleno. I Verdi navigheranno - tutti o in parte – in direzione del Partito Democratico (dopo essersi fatti eleggere coi nostri voti). Diliberto invece sa benissimo che dentro la sinistra arcobaleno lui ci morirebbe. Mentre a sinistra di Bertinotti si aprono spazi ampi come praterie. Una volta assicuratasi una dignitosa rappresentanza parlamentare perché dovrebbe condannarsi a una morte lenta? Bertinotti e Mussi invece ormai non hanno né la possibilità né la volontà di tornare indietro. Andranno avanti dunque - costi quel che costi – e l’unico sbocco possibile è quello di un partito socialista del 3-4%, magari imbarcando anche l’orfano Boselli, dopo essersi sbarazzati di tutta la “zavorra” che ancora appesantisce Rifondazione. Bertinotti insomma tornerebbe a casa come ogni messa finisce in gloria. Non è un caso che oggi i bertinottiani col bollino blu si stiano muovendo di fatto come chi sta per organizzare una scissione. La stessa vicenda delle candidature manifesta la volontà di avere il controllo del prossimo gruppo parlamentare o meglio della sua componente Prc-Sd. Rimane un interrogativo: cosa fa Ferrero? E cosa fanno tutti coloro che in questi anni hanno seguito il lìder maximo nelle sue acrobazie ma che in un nuovo partito socialprogressista ci starebbero stretti?

L’intervento di Migliore e le conclusioni di Giordano al penultimo Comitato Politico Nazionale autorizzano a pensare che proprio l’annuncio dei dati elettorali sarà il colpo di gong che darà ai bertinottiani il segnale della battaglia. La responsabilità della catastrofe verrà addossata a tutti coloro che non avrebbero fatto con abbastanza entusiasmo la campagna elettorale, quindi non solamente le opposizioni interne ma anche tutti quei compagni che sono stati disamorati attraverso uno stillicidio di continue provocazioni, ultime quelle riguardanti le candidature. Per fare l’esempio che mi è più vicino, in Liguria, la regione del nord dove Rifondazione consegue i migliori risultati non c’è un solo candidato Prc nelle teste di lista e nelle prime tre postazioni teoricamente eleggibili sono stati collocati esponenti di Pdci, Verdi e Sd (che in regione è praticamente inesistente). E’ evidente che – siccome chi ha gestito le trattative è tutt’altro che stolto – in situazioni come questa si manifesta una volontà politica, che mi sembra facilmente interpretabile. La discussione sulle responsabilità della sconfitta è dunque lo strumento migliore che i bertinottiani col bollino blu hanno a disposizione per distinguere il grano dal loglio. Tutto autorizza a pensare che, se le cose andranno così, si possa produrre una spaccatura verticale del Partito. E qui viene l’altra domanda capitale: un pezzo andrà in direzione di Mussi e l’altro?

Le due domande che ho formulato in questo breve articolo si saldano in una sola: i dirigenti della “sinistra bertinottiana” cosa hanno intenzione di fare quando le danze si apriranno? Le opposizioni interne sono disponibili a sostenere una battaglia comune contro la liquidazione della rifondazione comunista, così come oggi in alcuni casi esprimiamo un comune giudizio negativo sull’utilizzo delle liste come strumento per la cancellazione del pluralismo interno e dello stesso Partito. Un’iniziativa che parte dalla richiesta di dimissioni del gruppo dirigente e di avvio immediato del congresso, prendendo atto del fallimento del progetto arcobaleno e di tutta una politica. E dunque che c’è bisogno di individuare una prospettiva di ricomposizione a sinistra alternativa a quella governista e liquidazionista di Bertinotti e Mussi. Ma voi, cari compagni, che cosa avete intenzione di fare? C’è un punto irrinunciabile affinché si sviluppi un’iniziativa in grado di salvare il salvabile e cioè che chi oggi sta in mezzo al guado ne esca e decida di collocarsi con evidenza su una sponda piuttosto che sull’altra. Ci sono momenti in cui l’esigenza di chiarezza prevale su ogni altra considerazione. Ma questa è una decisione che non può essere presa all’ultimo secondo utile, va presa ora o – se vogliamo – da oggi alla verifica elettorale. Diversamente, cari compagni, fareste come chi cerca di saltare su un treno quando sta passando l’ultimo vagone. Non si può chiedere al treno di rallentare per aspettarvi.

Controcorrente: corrente nata il 16 dicembre 2006 per sostituire quella che fu Progetto Comunista di Marco Ferrando. Può contare su un membro in Cpn (Marco Veruggio) e due in cng ( Alì Ghaderi, Luigi Minghetti) già organici alla corrente di Ferrando.

Messaggi

  • bisogna essere un po’ realisti:sono da tempo un militante del prc e la cosa che piu’ mi ha dato fastidio e’ il fatto che di quello che pensava il partito non e’ fregato niente a nessuno,con queste elezioni per la prima volta scomparira’ la falce e martello da camera e senato.hanno deciso tutto poche persone,una storia cosi’ importante e’ stata cancellata in poco piu’ di qualche settimana,io il 13 aprile votero’ bertinotti.ma potrebbe essre l’ultima volta che mi rechero’ alle urne.staremo a vedere...saluti dalla sicilia