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Rifondazione, certezze e dubbi

Publie le mercoledì 28 febbraio 2007 par Open-Publishing

di Emiliano Sbaraglia

La crisi della coalizione guidata da Romano Prodi ha facilitato alcune considerazioni nei confronti di Prc, spesso strumentali e finalizzate a discreditare il processo di trasformazione in atto all’interno del partito, oggi composto di molte anime, ma anche da importanti esperienze di governo

Nel pastrocchio che si è creato con il voto della scorsa settimana al Senato, in molti si sono affrettati a puntare il dito contro Rifondazione comunista, spesso rispolverando le colpe risalenti allo scorso decennio, quando Prodi fu costretto ad abbandonare la sua prima avventura governativa. Allora, il partito di Bertinotti fu principale protagonista della caduta la maggioranza, non trovando accordo con il resto della coalizione in particolare su lavoro e welfare, e dando così spazio a rielaborazioni istituzionali articolate, che trascinarono stancamente il paese alle elezioni del 2001 vinte nettamente dal centrodestra; una vittoria che consentì alla Cdl di governare per cinque anni con un certo agio, anche se vanno ricordate, malgrado la notevole maggioranza in entrambe le Camere, le difficoltà che Berlusconi incontrò a sua volta, in alcuni casi subendo anch’egli inaspettati rovesci nel corso della legislatura. Naturalmente, neppure in quei casi al Cavaliere venne in mente la messa in dicussione del suo governo.

Chi punta oggi il dito contro Rifondazione, stavolta lo fa pur sapendo di trovarsi di fronte una situazione del tutto diversa rispetto a quella che si verificò nel ’98.
In primo luogo, il "ribelle" Turigliatto ha palesemente agito secondo coscienza (così come d’altronde gli consente il suo ruolo), e non seguendo direttive di partito, che anzi gli indicavano tutt’altra via. Da Giovanni Russo Spena a Gennaro Migliore, rispettivamente capogruppo di Senato e Camera, i suggerimenti arrivati al senatore (a poche ore dal voto trasformatesi quasi in suppliche), richiamavano agli obblighi di coalizione e a una strategia politica che non comprendesse la scelta di una posizione fondamentalmente contraddittoria.

Ma c’è chi imputa alla dirigenza del partito una cattiva organizzazione politica a monte, cioè nel momento della scelta delle candidature. Un nodo affrontato con forza all’interno del partito: basti ricordare la vicenda che coinvolse l’allora candidato al senato Marco Ferrando, messo alla porta prima delle elezioni per le sue dichiarazioni su Stati Uniti e guerra in Iraq. D’altra parte, come ricordava qualche giorno fa il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, meno del 10% del partito rappresenta la minoranza di questo al Parlamento: trattasi di Burgio, Cannavò, Grassi, Giannini, Pegolo e, naturalmente, Franco Turigliatto. Una rappresentanza ben inferiore al 40% ottenuto all’ultimo Congresso di Venezia dall’insieme delle minoranze, dall’"Ernesto" alla "Sinistra critica-trotzkista", a cui vanno in qualche modo aggiunte le anime "movimentiste" , Francesco Caruso su tutti, ma anche Daniele Farina, Lidia Menapace e, ultimo arrivo, Haidi Giuliani.

In questo variegato panorama che compone la struttura di Rifondazione comunista, esiste tuttavia una "barra governativa" oramai indiscutibile, come dimostrano le esperienze che sono entrate a far parte del patrimonio politico e culturale del partito: quella del presidente della regione Puglia Nichi Vendola, sostenitore di un modello elettorale tedesco e dell’ingresso dell’Udc nella maggioranza; quella del segretario Franco Giordano, da subito pronto a garantire al governo Prodi tutta la fedeltà richiesta, prendendo simbolicamente provvedimenti immediati nei confronti del senatore ribelle; infine, quella del presidente della Camera Fausto Bertinotti, che al di là dell’affermazione riguardo la partecipazione importante nel governo, che però non deve intendersi come "bussola" di Prc, tuttavia in questi nove mesi ha dimostrato rispetto delle istituzioni (di certo più di molti altri del lontano e recente passato), ma anche delle idee che la sua formazione politica, secondo il suo pensiero, deve continuare a portare avanti.

Si può discutere dei dubbi che attraversano internamente le pluralità di questa formazione politica. Si dovrebbe discutere molto meno il segnale di affidabilità fatto recapitare al nostro intero arco costituzionale.

http://www.aprileonline.info/1978/rifondazione-certezze-e-dubbi