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Riforme, asse Fini-D’Alema

Publie le domenica 9 novembre 2008 par Open-Publishing

Proposte condivise: commissione bicamerale sul federalismo e bozza Violante come base di partenza

Riforme, asse Fini-D’Alema

di Romina Velchi

Attenti a quei due. Gianfranco Fini e Massimo D’Alema, sorrisi e strette di mano, dialogano sulle riforme - in un workshop ("Federalismo e riforme istituzionali") organizzato ad Asolo dalle rispettive fondazioni (Fare Futuro e Italianieuropei) - e fanno rispuntare la bicamerale e risorgere la bozza Violante.

Che il presidente della Camera abbia deciso di "diventare grande" e uscire dall’ombra di Berlusconi ormai è cosa nota. C’è chi dice che punti addirittura al Quirinale. Vero o no, è sicuro che Fini abbia dismesso gli abiti del delfino per indossare quelli del super garante delle prerogative del parlamento (anche a costo di entrare in rotta di collisione con il Cavaliere). E non è un passaggio casuale quello di presentarsi come il miglior interlocutore dell’opposizione, nonché sostenitore del dialogo sulle riforme per una vera stagione costituente. E pazienza se l’ex leader di An è a favore del (semi)presidenzialismo, mentre D’Alema, per esempio, è per il modello tedesco. Alla Lega bisogna che qualcuno glielo dica che con il federalismo fiscale «non solo lo stato non viene meno ma ha un ruolo ancora più importante» (Fini). E qualcuno dovrà pur dire al premier che le riforme non si fanno a maggioranza; che con l’opposizione non solo si può, ma si deve collaborare quando è in gioco l’interesse di tutti; e che il parlamento non è solo il luogo dove si va per votare (musica alle orecchie di quei parlamentari di maggioranza talmente frustrati dal sentimento di inutilità, che spesso e volentieri disertano i lavori facendo mancare il numero legale).

Quale migliore occasione, per ribadire tutto ciò, del seminario di Asolo? «Non un incontro tra due partiti», avverte l’ex ministro degli esteri, ma il tentativo di «portare in evidenza i valori comuni». Questo convegno, concorda Fini, «rappresenta una novità nel dibattito politico culturale ed è la dimostrazione che, pur partendo da ispirazioni culturali diverse, si può trovare un terreno comune di confronto e forse di intesa».

L’intesa che i due big della politica hanno trovato riguarda l’idea di istituire una commissione bicamerale sul federalismo e, per quanto riguarda le riforme, di partire dalla bozza Violante. Siccome il federalismo fiscale è solo l’«anello delicato di una catena», «è importante ma non sufficiente», bisogna che, teorizza il presidente della Camera, accanto ad esso si faccia un «restyling del federalismo istituzionale». Che deve essere toccata solo con «interventi mirati su alcuni aspetti della seconda parte», aggiunge d’Alema, perché «se ci imbarchiamo in una riforma complessiva rischiamo di naufragare» (lui ne sa qualcosa...).

Se ne ricava che, propone Fini, «non possono essere sei commissioni a valutare i decreti attuativi» del disegno di legge Calderoli che il governo varerà fra due anni: «Ciò vorrebbe dire nessun esame». Serve invece una «commissione bicamerale» che li esamini nel loro complesso. Anche perché, concorda l’ex ministro degli esteri, «discutiamo pure del ddl Calderoli, ma il fulcro del confronto è il fatto che esso è al contempo estremamente vago ed estremamente ampio». Il federalismo, insiste D’Alema, «non può che essere concepito come un modo per rendere lo stato più efficiente per i cittadini, non per disarticolare lo stato e renderlo confederato. Cosa che i cittadini non vogliono». Perciò «occorre uno speciale coinvolgimento del parlamento e certamente noi - annuncia D’Alema - presenteremo un emendamento per la commissione bilaterale». Che è virtualmente già bocciato se il ministro Calderoli, pur «apprezzando» il confronto, taglia corto: «Costerebbe troppo. Utilizzeremo quella per gli Affari regionali».

«Ridefinire le competenze dello stato e delle regioni; rivedere il bicameralismo perfetto; modificare alcune parti dell’art. 117 della Costituzione», elenca Fini. Allo scopo, propone il presidente della Camera, si può partire dalla bozza Violante (approvata nella scorsa legislatura). E ancora una volta D’Alema concorda: «E’ un punto di compromesso», verso una riforma che deve essere anche «amministrativa»: «Bisogna rafforzare la capacità dello stato centrale di svolgere tre funzioni: programmare, controllare, valutare». E deve essere lo stato centrale a «programmare e valutare i livelli essenziali di assistenza ed intervenire semmai con interventi sostitutivi». Manco a dirlo, Fini è d’accordo: «Definire i parametri del fondo di compensazione non può essere che una prerogativa statale».

Lo "spirito di Asolo" aleggia; l’asse D’Alema-Fini è ufficialmente battezzato. Berlusconi è avvertito.