Home > Ritorna lo scempio dello Stretto. Sono 12,7 i miliardi in attesa del Cipe
Ritorna lo scempio dello Stretto. Sono 12,7 i miliardi in attesa del Cipe
Publie le domenica 23 novembre 2008 par Open-Publishing1 commento
Ritorna lo scempio dello Stretto. Sono 12,7 i miliardi in attesa del Cipe
di Gemma Contin
In tempo di crisi il centrodestra si inventa un new deal all’italiana. «Si tratta di utilizzare decine di miliardi che per opere pubbliche e Mezzogiorno sono stanziati ma non erogati - sostiene il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri - che possono rappresentare una spinta positiva per fronteggiare i rischi della recessione».
Quando la notte è fonda tutti i gatti sono grigi. Anche quel gran pezzo di gatto mammone addormentato che è il Ponte sullo Stretto. Ecco allora ricicciare fuori il rifinanziamento delle infrastrutture (utili, futili, dannose, non importa) tutte ritornate in auge in attesa che il Comitato interministeriale per la programmazione economica decida di sbloccare 16 miliardi di euro, di cui 12,7 di Fas (fondi per le aree sottoutilizzate) da destinare alle "grandi opere".
Il Cipe avrebbe dovuto decidere ieri ma all’ultimo minuto ha fatto slittare la seduta di una settimana, a venerdì 28 novembre, dopo la riunione del Consiglio dei ministri di mercoledì 26 in cui il governo dovrebbe "perfezionare" il pacchetto anticrisi comprensivo degli aiuti alle famiglie e alle imprese.
Di quei 12,7 miliardi, 7,3 andranno a strade e ferrovie, 5,4 nella disponibilità del Ministero dello Sviluppo economico, hanno chiarito Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi nel vertice di mercoledì scorso a Palazzo Chigi al quale hanno partecipato il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola, delle Infrastrutture Altero Matteoli, dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, degli Affari regionali Raffaele Fitto, e il sottosegratario con delega al Cipe Gianfranco Micciché.
Insomma, il piano per le "grandi opere" è pronto per un rilancio su vasta scala. E, guarda caso, sotto gli atti del Comitato per la programmazione economica ci sono proprie le firme di Micciché in veste di segretario e di Tremonti in veste di vicepresidente. Ad esempio sotto quella del 30 settembre recante il titolo "Programma Grandi Opere: Ponte sullo Stretto di Messina", in cui si legge che «il Comitato, su proposta del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha deliberato la reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio per le aree interessate alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina».
Ci risiamo. Il governo, adducendo misure anticrisi, è ripartito con i suoi programmi faraonici destinati a sventrare l’Italia, "non prioritari" per la stessa Unione europea, il cui solo scopo è quello di spartire denaro pubblico ai grandi costruttori, alle società general contractor, ai soliti noti rimasti attaccati alla mammella pubblica.
Assieme al Ponte (2,200 miliardi, 700 milioni solo per gli espropri) il ministro Matteoli ha annunciato nove grandi opere «di serie A»: l’eterna Salerno-Reggio Calabria (2,700 miliardi per «60 chilometri da ammodernare»); la BreBeMi (1,580); la Pedemontana Lombarda (4,115); la Brescia-Padova (1,650); la Parma-La Spezia (1,800); due miliardi per «il recupero di siti industriali inquinati»; il resto per telecomunicazioni ed energia, per promuovere il risparmio energetico ma anche i consorzi di sviluppo degli impianti nucleari.
Tutto concordato al tavolo di confronto con Confindustria, Confcommercio, Confartigianato e con l’Abi, l’associazione italiana banche e banchieri che, assieme alla Cassa depositi e prestiti (presidente appena nominato Franco Bassanini), dovrebbe garantire l’erogazione dei fondi e i flussi di finanziamento, passando dalle vecchie modalità di trasferimento agli Enti locali al ricorso a nuovi strumenti finanziari come i private equity , benché non godano per ora di buona salute.
E siamo sempre fermi al filone autostradale: primaria "vena aurifera" degli appalti pubblici italiani. Non si parla ancora invece di quello ferroviario, Tav o corridoi europei che siano. Per il ministro Matteoli con ogni evidenza non «di serie A».
Messaggi
1. Il Ponte è indispensabile., 24 novembre 2008, 17:41, di Francesca Calabria
E’ ora di finirla con queste ipocrisie sulla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Quest’opera, per valorizzarla, bisogna guardarla con un’ottica più grande, cioè come il collegamento stradale e ferroviario fra l’Europa e la più grande isola del Meditteraneo, dove risiede il 10 per cento della popolazione italiana, e non come un ponticello che collega Villa San Giovanni a Messina per servire solo alcune migliaia di pendolari.
Io non sono nè di destra nè di sinistra nè di centro, non me ne viene una lira sia se fanno il ponte sia che rimangono i traghetti, ma, da cittadino calabrese, che conosce bene la realtà della zona, posso affermare che siamo stanchi di pagare ogni volta decine di euro per perdere un’ora (nel migliore dei casi) per passare quei tre chilometri di mare in automobile. Si, proprio un’ora, perchè bisogna calcolare il tempo che intercorre da quando si lascia la Salerno - Reggio, si fa il traffico di Villa San Giovanni per arrivare agli Imbarcaderi, si aspetta il traghetto, si sale sul traghetto (e si aspetta che tutti gli altri mezzi salgano), si fanno 25 minuti di navigazione, si perdono altri 10 minuti per sbarcare ed uscire dal porto di Messina e, poi, se tutto va bene, ti perdi almeno 15 minuti nel traffico di Messina per poter giungere dall’area portuale agli svincoli delle autostrade siciliane. Mentre, col Ponte (se qualcuno ha visto il progetto) si mette direttamente in contatto l’Autostrada A3 (tre km prima dello svincolo di Villa) con le autostrade siciliane, le quali sono posizionate sulle colline di Messina, a 70 metri sul livello del mare, guardacaso la stessa altezza della trave orizzontale del Ponte. In pratica, oltre a portare l’attraversamento dello stretto da un’ora a 5 minuti, il ponte, collegando le autostrade (A3 e siciliane) senza sottoporre i tir e le auto ad inutili saliscendi, farebbe risparmiare un bel po’ di carburante agli automezzi e farebbe respirare ai reggini, messinesi, villesi e autisti dei mezzi, qualche tonnellata in meno al giorno di polveri sottili che escono dalle marmitte. E non consideriamo poi il beneficio che si avrebbe, in termini ambientali, dell’elliminazione delle 160mila (centosessantamila) corse di traghetto all’anno tra le due sponde (ogni traghetto inquina quando un’industria pesante).
In pratica, un vero ambientalista è a favore del Ponte, senza perplessità alcuna. Anche perchè, il ponte è un’opera non soltanto stradale ma soprattutto ferroviaria (i treni guadagnerebbero 2 ore nette a tratta).
Scusate lo sfogo e buona serata a tutti.