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Roma - Lo chiamano Residence Bravetta

Publie le domenica 26 agosto 2007 par Open-Publishing

Andrea Foschi, Marco Neri, Giulia Zanfino*
Via di Bravetta 415. Maggio 2006
Una volta varcata la soglia non possiamo credere che nel 2006, in una capitale europea, a Roma, possa esistere una realtà come quella che si mostra ai nostri occhi: una bidonville vera e propria, degna di Buenos Aires o San Paolo, un spettacolo che puoi vedere solo in tv, comodamente seduto nel salotto di casa, e non a pochi chilometri in linea d’aria da S.Pietro.

Gli abitanti
La voce del Residence è la voce di Francesca, di Betty, di Ousmane e di Narcisa, è la voce altra della capitale, altra dalla Roma delle notti bianche, delle feste del cinema, dell’Auditorium; altra dalla Roma degli aperitivi nei wine bar, delle estati romane, dalla Roma degli "eventi". Roma "aperta", tollerante e multietnica, insomma da quello che qualcuno ha definito il "rinascimento romano", un rinascimento estremamente contemporaneo, fatto di immagini e non di persone.
Conosciamo R., donna di 60 anni che vive in un monolocale con il marito, malato terminale di cancro, che lì, secondo la Asl, non dovrebbe viverci, ma l’unica scelta per lui e la moglie è quella di aspettare una casa popolare.
R. ci racconta una biografia che rivendica 11 anni di presenza nel Residence, una permanenza che, il giorno che vi entrò, doveva essere di pochi mesi.
R. parla chiaro e, oltre alla cronaca del disagio quotidiano, ci dice che le responsabilità della loro condizione è dovuta a diversi fattori: primo fra tutti le vessazioni che da un paio d’anni (precisamente dalla delibera per il cambio destinazione d’uso del luglio 2004) subiscono da parte del portierato e della proprietà. Dalla chiusura delle fogne all’interruzione dell’acqua calda, senza dimenticare l’azione del portierato, sotto la guida del responsabile del Residence Maurizio Barletta, finalizzata a creare pressioni di ogni tipo sui soggetti più deboli, soprattutto immigrati, affinchè se ne andassero dai loro appartamenti. Apice di queste pressioni, il tentato sgombero del settembre 2005, fallito per la rivolta della comunità senegalese.
Le testimonianze che abbiamo raccolto per diverso tempo nel Residence hanno tre elementi in comune: la gestione "poco ortodossa" del Residence da parte del portierato, il sovraffollamento e l’abbandono della struttura pianificate e attuate dalla proprietà, e la quasi totale assenza delle istituzioni.

La storia del Residence
Il Residence Bravetta sorge tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, e dal 1982 viene destinato come struttura di accoglienza temporanea per cittadini disagiati in attesa di una casa popolare.
La permanenza "temporanea" degli inquilini in assistenza alloggiativa si protrae per tutti gli anni Ottanta fino alla metà degli anni Novanta. Agli inizi degli anni Ottanta la proprietà (gruppo Mezzaroma) vende l’immobile all’Empam (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Medici) ma rimane tuttavia locataria del Residence attraverso la società Ceim. Sotto la seconda consigliatura Rutelli finalmente gli inquilini di Via di Bravetta si vedono, molto gradualmente, assegnare una casa, tuttavia il Residence non si svuota poichè Mezzaroma riaffitta, attraverso la Ceim, gli appartamenti che si rendono liberi agli immigrati, provocando, nel giro di pochi anni, il sovraffollamento del luogo; e tutto questo senza che il Comune possa intervenire.
Nonostante il Comune rivendichi la bontà della sua azione politica, che in pochi anni ha portato alla chiusura del Residence, leggendo le delibere che hanno, nel tempo, regolato i rapporti tra il Comune e la proprietà, troviamo quest’ultima in una posizione di forza visti i costi che il Comune di Roma sosteneva per l’assistenza alloggiativa (20 miliardi l’anno di cui circa 10 solo alla Ceim). L’impossibilità di esercitare, da parte del Comune, una reale politica di edilizia popolare faceva di questo un soggetto estremamente ricattabile da parte dei gruppi edilizi. Ne danno atto due delibere comunali: la prima è la 1524 del 1999. Questa prevede l’affidamento alla Ceim, fino al 2001, del servizio di assistenza alloggiativa nel Residence, nonostante la Ceim abbia perso la gara d’appalto per eccessiva onerosità. Tuttavia il Comune vista «l’impossibilità di estromettere i nuclei familiari.....non disponendo di strutture alternative ove assicurare l’assistenza alloggativa ai nuclei familiari stessi, per assicurare la continuità dei servizi di assistenza alloggiativa, riconosce alla società gestore del Residence una indennità di occupazione per la permanenza dei nuclei familiari assistiti». Indennità che si protrarrà, alle precedenti condizioni, fino al 2006.
Già nel 1997 la giunta Rutelli aveva fatto un piccolo regalo ai gruppi edilizi (delibera 2071 del 1997) allargando la partecipazione alla gara di appalto per l’assistenza alloggiativa non più ai soli proprietari dei residence ma anche alle società che li gestivano solamente, come lo era la Ceim. Così il gruppo Mezzaroma realizzava una doppia speculazione, prendendo soldi sia dal Comune sia dagli affittuari del Residence stesso.

(...segue)

Docustoria
Tre ragazzi e un film per non dimenticare

Nel periodo di tempo compreso tra aprile 2006 e agosto 2007, Andrea Foschi, Marco Stefano Innocenti, Pietro Pasquetti e Marco Neri, con la collaborazione di Giulia Zanfino, hanno realizzato il film documentario "Roma Residence". Il film, nato nel contesto di un master di regia documentaristica tenuto presso la ACT Multimedia/Cinecittà Studios, e presieduto dal regista Gianfranco Pannone, è stato terminato nel luglio 2007, ed è ora di prossima uscita. Il reportage pubblicato è frutto del loro lavoro.
25/08/2007
www.liberazione.it

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