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Roma : Manifesto ­u’altra sinistra in comune

Publie le domenica 17 luglio 2005 par Open-Publishing

Comunicato da Franco Ottaviano

Carissime, carissimi,

diversi movimenti romani ( disubbidienti, Action, comitati di lotta e
associazioni ) in vista delle prossime elezioni comunali a Roma hanno
lanciato la proposta di una "rete elettorale" - un ’altra sinistra in comune
 lista aperta - formata da movimenti e PRC, Verdi, Comunisti italiani.
La proposta , per la novità che potrebbe rappresentare , merita un’ attenta
discussione e delle decisioni conseguenti. A questo scopo mercoledì 20
luglio alle ore 19,00 presso la Casa delle culture , via S. Crisogono 45 , è
prevista una prima riunione con tutti coloro ( singoli - associazioni ) che
sono interessati . Alla riunione sono stati invitati rappresentanti dei
movimenti che hanno lanciato la proposta.

Vi allego il " manifesto" che è stato alla base della discussione pubblica ,
molto partecipata , che si è avuta alla presenza dei partiti in questione
che - in quella occasione - hanno dimostrato (sia pure in modo non omogeneo) attenzione e disponibilità.

cordialmente Franco Ottaviano

Manifesto ­u’altra sinistra in comune

Si usa spesso l’espressione, con piglio severo e carico di disappunto, luogo
comune oppure , idea comune. Ciò che è comune è privo di originalità,
scontato, ripetitivo e noioso.

In una società che adora l’individuo senza posa, salvo poi spogliarlo di
ogni diritto concreto, l’originalità è la regola. Originale è l’opera
d’autore, originale è il guizzo imprevedibile del consumatore o del
risparmiatore, originale è l’imprenditore che si fa da sé e magari, con
l’aiuto di qualche tv, prende la guida del paese. Una folta schiera di
individui, privi di relazione e di solidarietà, hanno dalla loro
l’originalità assoluta di poter essere precari o precarissimi, di poter fare
shopping in enormi centri commerciali che devastano "col sorriso sulla
bocca" quartieri e diritti sociali, originali nel farsi "friggere" il
cervello dalle antenne per la telefonia mobile che come funghi spuntano sui
tetti, originali nel vivere per strada o con un affitto oltre le stelle.

Originali, pieni di estro, i "nuovi individui " della città globale!

C’è un altro modo di intendere la parola comune. Comune è un bene che
rifugge la privatizzazione e le recinzioni. Comune è ciò che si fa
collaborando, mettendosi in gioco assieme ad altri per conquistare un
diritto negato. Comune è una buona idea o un luogo pieno di solidarietà, il
prodotto per nulla scontato della messa in comune delle proprie passioni,
competenze, energie, creatività.

Ci sembra evidente che questo senso della parola comune ­ che molto va
d’accordo con le parole solidarietà e cooperazione ­ sia poco usato da una
parte consistente del centro-sinistra italiano. Quel centro-sinistra che
vede come fumo agli occhi la nuova stagione di conflitti inaugurata dal
movimento no-global e, a seguire, dai movimenti che si battono contro la
precarietà e per i nuovi diritti. Quel centro-sinistra che mal sopporta le
istanze della società civile e dei conflitti sociali e che, come nella
versione "neocentrista" della Margherita, preferisce pescare voti a destra
inseguendo opzioni moderate e conservatrici in tema di valori come di
politiche sociali. O come nella versione , riformista" della maggioranza dei
Ds, sorda al tema dei diritti, legalitaria, ammaliata senza condizioni dalla
real politik e dall’illusione di un liberismo temperato fatto di guerre
giuste e alleanze educate con i poteri forti”.

Un ritratto sintetico questo, che descrive bene l’orizzonte nazionale così
come le caratteristiche e gli squilibri locali del centro sinistra (quanto è
accaduto ad es. nelle elezioni veneziane con Cacciari o con l’ exploit
securitario di Cofferati ne sono sintomi evidenti).

Va da sé che Veltroni, pur avendo dimostrato intelligente capacità di
dialogo con i movimenti e con le forme coraggiose e sperimentali del
decentramento municipale, non è esente da un condizionamento pesante da
parte dei "poteri forti" o dei ricatti "neo-centristi " e "riformisti ".

Come fare in modo che la casa sia un bene comune, garantito a tutti, senza
discriminazioni? Come definire nuovi diritti all’altezza del mercato del
lavoro e della società che cambia: formazione permanente, accesso alla
conoscenza e alle tecnologie, reddito e servizi? Come costruire una città
dell’ accoglienza e della solidarietà nei confronti dei "nuovi cittadini " i
migranti? Come fare del decentramento e della partecipazione parole piene di
senso e di esperienza e non caselle vuote utili a dire tutto e il contrario
di tutto? Come evitare il proliferare selvaggio di antenne e di disastri
ambientali e urbanistici? Come fermare la speculazione del mattone o l’
euforia privatizzatrice che riduce a merce tutto ciò che incontra sul
cammino accidentato del vecchio Welfare State?

Come immaginare una scuola e un’università accessibili a tutti, ricche di
contenuti, di vivacità critica e di densità relazionale? Come dare spazio
alla sperimentazione culturale indipendente, senza bollini da "salotto buono
" con il coraggio del rischio e dell’innovazione? Come salvaguardare
quell’incredibile patrimonio di civiltà e di buona vita, oltre che di
democrazia, rappresentata, a Roma in particolar modo, dai centri sociali e
dalle esperienze associative? Come immaginare una nuova sfida sindacale che
tenga assieme vecchi e nuovi diritti nel mondo del lavoro stabile e
precarizzato?

In una parola come inventare un’altra città? Città solidale, aperta,
democratica, intelligente, dalla parte della società civile e delle sue
istanze, dalla parte di chi è senza diritti o di chi non vede rispettati
quei pochi che ha.

Una fetta sempre più importante della società sfugge dalle dinamiche
tradizionali della rappresentanza e della politica. Meglio, alla parola
"politica" legge distanza, latitanza, impermeabilità e quindi, nei casi
migliori, mette in gioco voglia di nuovo protagonismo, desiderio e pratica
di partecipazione.

É per questo che se pensiamo ad un’altra città da inventare pensiamo ad un
processo costituente, dove nulla è scontato o lineare, dove la
partecipazione e la progettazione condivisa siano non solo valori ma metodi
non aggirabili.

Quando abbiamo in mente un’altra città partiamo dai problemi, dai desideri,
dalle domande e dalle esperienze concrete praticate a partire da queste
domande. Prendiamo ad esempio lo straordinario successo della delibera sulle
politiche abitative o piuttosto le battaglie sul carovita e sulla
rivendicazione di reddito garantito, i conflitti nel mondo della scuola e
dell’università o l’esperienza dei centri sociali (di vecchia e di nuova
generazione) e di un rinnovato associazionismo civico.

Si tratta del nostro modo e del modo di tanti altri di praticare risposte
parziali, a volte estremamente efficaci, a volte meno. Non conosciamo un
modo di costruire e quindi di inventare una nuova città se non quello di
domandare e di provare assieme a definire delle risposte.

Quando diciamo "provare assieme " abbiamo in mente una formula inedita che
prenda per le corna la questione della crisi della rappresentanza e
l’esigenza di rielaborare le forme della politica, in particolare delle
sperimentazioni, tra movimenti ed enti di prossimità, della politica locale.

Una "federazione " una "rete elettorale" delle sinistre "radicali " e
"alternative " dove movimenti e partiti, comitati civici e associazioni, con
pari dignità, possano definire programmi e conquiste, solide e
significative, dentro lo spazio politico della coalizione per il rinnovo del
mandato al sindaco Veltroni.

L’unico modo per non cedere il passo ad una graduale affermazione moderata e
all’iniziativa sempre più insidiosa della Margherita di Rutelli è mettere in
gioco senza timidezze un’opzione ambiziosa che parte dai movimenti e dalla
società civile autorganizzata. Per i partiti della sinistra ormai si è di
fronte ad un bivio: o con i movimenti per un’alternativa vera o ruote di
scorta di una coalizione destinata a sbilanciarsi sempre più verso il
centro.

Sappiamo che la strada è tortuosa e l’ambizione alta, si tratta però di
essere all ’altezza delle sfide di giustizia di questa città. Molta strada
sul terreno della sperimentazione municipale è stata fatta a Roma in questi
anni, malgrado l’interruzione del processo di decentramento amministrativo.
Si tratta di un accumulo di pratiche non irreversibile, che per non tornare
indietro deve e può fare di meglio. Piccoli ma significativi passi sono
stati fatti nei territori dove maggiore è stata l’innovazione e l’attività
dei movimenti. Questa proposta guarda fino in fondo a quel patrimonio di
lotte e di nuove relazioni che attraversano i territori in vario modo e che
domandano, con intensità differenti, nuove opzioni di rappresentanza e di
rapporto con la politica.

A tutti coloro che hanno imparato in questi anni a non accontentarsi, a chi,
nella politica dei partiti come in quella dei movimenti, ha fatto della
ricerca e dell ’esplorazione costante di territori inesplorati la propria
ragion d’essere e la propria pratica rivolgiamo questa proposta,

per camminare assieme, per continuare a domandare, per tentare di rispondere

mettendo in comune ciò che siamo e ciò che desideriamo

Roma - un’altra sinistra in comune ­ lista aperta