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Comunicato da Franco Ottaviano
Carissime, carissimi,
diversi movimenti romani ( disubbidienti, Action, comitati di lotta e
associazioni ) in vista delle prossime elezioni comunali a Roma hanno
lanciato la proposta di una "rete elettorale" - un ’altra sinistra in comune
– lista aperta - formata da movimenti e PRC, Verdi, Comunisti italiani.
La proposta , per la novità che potrebbe rappresentare , merita un’ attenta
discussione e delle decisioni conseguenti. A questo scopo mercoledì 20
luglio alle ore 19,00 presso la Casa delle culture , via S. Crisogono 45 , è
prevista una prima riunione con tutti coloro ( singoli - associazioni ) che
sono interessati . Alla riunione sono stati invitati rappresentanti dei
movimenti che hanno lanciato la proposta.
Vi allego il " manifesto" che è stato alla base della discussione pubblica ,
molto partecipata , che si è avuta alla presenza dei partiti in questione
che - in quella occasione - hanno dimostrato (sia pure in modo non omogeneo) attenzione e disponibilità.
cordialmente Franco Ottaviano
Manifesto u’altra sinistra in comune
Si usa spesso l’espressione, con piglio severo e carico di disappunto, luogo
comune oppure , idea comune. Ciò che è comune è privo di originalità,
scontato, ripetitivo e noioso.
In una società che adora l’individuo senza posa, salvo poi spogliarlo di
ogni diritto concreto, l’originalità è la regola. Originale è l’opera
d’autore, originale è il guizzo imprevedibile del consumatore o del
risparmiatore, originale è l’imprenditore che si fa da sé e magari, con
l’aiuto di qualche tv, prende la guida del paese. Una folta schiera di
individui, privi di relazione e di solidarietà, hanno dalla loro
l’originalità assoluta di poter essere precari o precarissimi, di poter fare
shopping in enormi centri commerciali che devastano "col sorriso sulla
bocca" quartieri e diritti sociali, originali nel farsi "friggere" il
cervello dalle antenne per la telefonia mobile che come funghi spuntano sui
tetti, originali nel vivere per strada o con un affitto oltre le stelle.
Originali, pieni di estro, i "nuovi individui " della città globale!
C’è un altro modo di intendere la parola comune. Comune è un bene che
rifugge la privatizzazione e le recinzioni. Comune è ciò che si fa
collaborando, mettendosi in gioco assieme ad altri per conquistare un
diritto negato. Comune è una buona idea o un luogo pieno di solidarietà, il
prodotto per nulla scontato della messa in comune delle proprie passioni,
competenze, energie, creatività.
Ci sembra evidente che questo senso della parola comune che molto va
d’accordo con le parole solidarietà e cooperazione sia poco usato da una
parte consistente del centro-sinistra italiano. Quel centro-sinistra che
vede come fumo agli occhi la nuova stagione di conflitti inaugurata dal
movimento no-global e, a seguire, dai movimenti che si battono contro la
precarietà e per i nuovi diritti. Quel centro-sinistra che mal sopporta le
istanze della società civile e dei conflitti sociali e che, come nella
versione "neocentrista" della Margherita, preferisce pescare voti a destra
inseguendo opzioni moderate e conservatrici in tema di valori come di
politiche sociali. O come nella versione , riformista" della maggioranza dei
Ds, sorda al tema dei diritti, legalitaria, ammaliata senza condizioni dalla
real politik e dall’illusione di un liberismo temperato fatto di guerre
giuste e alleanze educate con i poteri forti”.
Un ritratto sintetico questo, che descrive bene l’orizzonte nazionale così
come le caratteristiche e gli squilibri locali del centro sinistra (quanto è
accaduto ad es. nelle elezioni veneziane con Cacciari o con l’ exploit
securitario di Cofferati ne sono sintomi evidenti).
Va da sé che Veltroni, pur avendo dimostrato intelligente capacità di
dialogo con i movimenti e con le forme coraggiose e sperimentali del
decentramento municipale, non è esente da un condizionamento pesante da
parte dei "poteri forti" o dei ricatti "neo-centristi " e "riformisti ".
Come fare in modo che la casa sia un bene comune, garantito a tutti, senza
discriminazioni? Come definire nuovi diritti all’altezza del mercato del
lavoro e della società che cambia: formazione permanente, accesso alla
conoscenza e alle tecnologie, reddito e servizi? Come costruire una città
dell’ accoglienza e della solidarietà nei confronti dei "nuovi cittadini " i
migranti? Come fare del decentramento e della partecipazione parole piene di
senso e di esperienza e non caselle vuote utili a dire tutto e il contrario
di tutto? Come evitare il proliferare selvaggio di antenne e di disastri
ambientali e urbanistici? Come fermare la speculazione del mattone o l’
euforia privatizzatrice che riduce a merce tutto ciò che incontra sul
cammino accidentato del vecchio Welfare State?
Come immaginare una scuola e un’università accessibili a tutti, ricche di
contenuti, di vivacità critica e di densità relazionale? Come dare spazio
alla sperimentazione culturale indipendente, senza bollini da "salotto buono
" con il coraggio del rischio e dell’innovazione? Come salvaguardare
quell’incredibile patrimonio di civiltà e di buona vita, oltre che di
democrazia, rappresentata, a Roma in particolar modo, dai centri sociali e
dalle esperienze associative? Come immaginare una nuova sfida sindacale che
tenga assieme vecchi e nuovi diritti nel mondo del lavoro stabile e
precarizzato?
In una parola come inventare un’altra città? Città solidale, aperta,
democratica, intelligente, dalla parte della società civile e delle sue
istanze, dalla parte di chi è senza diritti o di chi non vede rispettati
quei pochi che ha.
Una fetta sempre più importante della società sfugge dalle dinamiche
tradizionali della rappresentanza e della politica. Meglio, alla parola
"politica" legge distanza, latitanza, impermeabilità e quindi, nei casi
migliori, mette in gioco voglia di nuovo protagonismo, desiderio e pratica
di partecipazione.
É per questo che se pensiamo ad un’altra città da inventare pensiamo ad un
processo costituente, dove nulla è scontato o lineare, dove la
partecipazione e la progettazione condivisa siano non solo valori ma metodi
non aggirabili.
Quando abbiamo in mente un’altra città partiamo dai problemi, dai desideri,
dalle domande e dalle esperienze concrete praticate a partire da queste
domande. Prendiamo ad esempio lo straordinario successo della delibera sulle
politiche abitative o piuttosto le battaglie sul carovita e sulla
rivendicazione di reddito garantito, i conflitti nel mondo della scuola e
dell’università o l’esperienza dei centri sociali (di vecchia e di nuova
generazione) e di un rinnovato associazionismo civico.
Si tratta del nostro modo e del modo di tanti altri di praticare risposte
parziali, a volte estremamente efficaci, a volte meno. Non conosciamo un
modo di costruire e quindi di inventare una nuova città se non quello di
domandare e di provare assieme a definire delle risposte.
Quando diciamo "provare assieme " abbiamo in mente una formula inedita che
prenda per le corna la questione della crisi della rappresentanza e
l’esigenza di rielaborare le forme della politica, in particolare delle
sperimentazioni, tra movimenti ed enti di prossimità, della politica locale.
Una "federazione " una "rete elettorale" delle sinistre "radicali " e
"alternative " dove movimenti e partiti, comitati civici e associazioni, con
pari dignità, possano definire programmi e conquiste, solide e
significative, dentro lo spazio politico della coalizione per il rinnovo del
mandato al sindaco Veltroni.
L’unico modo per non cedere il passo ad una graduale affermazione moderata e
all’iniziativa sempre più insidiosa della Margherita di Rutelli è mettere in
gioco senza timidezze un’opzione ambiziosa che parte dai movimenti e dalla
società civile autorganizzata. Per i partiti della sinistra ormai si è di
fronte ad un bivio: o con i movimenti per un’alternativa vera o ruote di
scorta di una coalizione destinata a sbilanciarsi sempre più verso il
centro.
Sappiamo che la strada è tortuosa e l’ambizione alta, si tratta però di
essere all ’altezza delle sfide di giustizia di questa città. Molta strada
sul terreno della sperimentazione municipale è stata fatta a Roma in questi
anni, malgrado l’interruzione del processo di decentramento amministrativo.
Si tratta di un accumulo di pratiche non irreversibile, che per non tornare
indietro deve e può fare di meglio. Piccoli ma significativi passi sono
stati fatti nei territori dove maggiore è stata l’innovazione e l’attività
dei movimenti. Questa proposta guarda fino in fondo a quel patrimonio di
lotte e di nuove relazioni che attraversano i territori in vario modo e che
domandano, con intensità differenti, nuove opzioni di rappresentanza e di
rapporto con la politica.
A tutti coloro che hanno imparato in questi anni a non accontentarsi, a chi,
nella politica dei partiti come in quella dei movimenti, ha fatto della
ricerca e dell ’esplorazione costante di territori inesplorati la propria
ragion d’essere e la propria pratica rivolgiamo questa proposta,
per camminare assieme, per continuare a domandare, per tentare di rispondere
mettendo in comune ciò che siamo e ciò che desideriamo
Roma - un’altra sinistra in comune lista aperta




