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SARKOZY, LE MANI SULL’UNIONE

Publie le martedì 5 giugno 2007 par Open-Publishing

Sarkozy l’europeo? Nel grande attivismo delle prime settimane di presidenza, Nicolas Sarkozy ha puntato sull’Europa. Un modo produttivo per occupare il tempo, visto che in politica interna, a scanso di brutte sorprese nel voto per le legislative del 10 e 17 giugno, il momento è
ancora tutto dedicato a promesse e annunci. L’obiettivo è riportare la Francia al centro del dibattito e delle decisioni europee, da cui si era isolata dopo il «no» al referendum sulla costituzione del 2005.
Il primo viaggio del neo-presidente è stato a Berlino, poi ci sono state Bruxelles e Madrid, a Parigi ha ricevuto Tony Blair e Romano Prodi. Il 14 sarà a Varsavia.
Un trattato light per la Ue
L’intenzione è fare pressioni sulla Germania, che ha la presidenza dell’Unione europeo fino a fine giugno, perché trovi una soluzione per realizzare la riforma istituzionale della Ue, evitando però ogni riferimento alla «costituzione» per non dover convocare un nuovo referendum, che potrebbe, con un altro «no» francese, «uccidere l’Europa ». In campagna elettorale, Sarkozy aveva promesso un «mini-trattato» al posto della costituzione. Oggi parla di «trattato modificato» o «alleggerito» e cerca di venderlo ai partner prima del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno.
Tutti i partner hanno usato grande cortesia al presidente francese, contenti del ritorno della Francia in Europa. Ma non vuol dire che Sarkozy riuscirà a imporre agli altri il suo punto di vista. Il trattato costituzionale, dato per «morto» dopo il doppio «no» franco-olandese, intanto è stato in parte resuscitato da José Luis Zapatero che ha riunito qualche mese fa a Madrid i 18 che l’hanno già ratificato.
Ma Sarkozy ha la sua idea: far passare emendamenti ai trattati esistenti, a Nizza in particolare (l’ultimo entrato in vigore), per realizzare una decina di innovazioni «indipensabili»: la presidenza stabile del Consiglio europeo (non più a rotazione ogni sei mesi); la nomina di un ministro degli esteri (anche se per Sarkozy, in fondo, l’Unione ne potrebbe fare a meno, se ha una presidenza stabile); una riduzione del diritto di veto per permettere a chi vuole «approfondire» le politiche comunitarie di farlo; e una modifica del sistema di voto tenendo conto della popolazione (per venire incontro alla Germania).
In sintesi, una cura drastica di dimagrimento del testo costituzionale, che contava 440 articoli, a un documento di soli 70 articoli, che Sarkozy potrebbe con facilità far passare all’assemblea parlamentare. Via tutti i simboli (inno, bandiera, preambolo). Ma, per Sarkozy, anche la «Carta dei diritti» dovrebbe finire nel dimenticatoio, o almeno essere ripescata solo con un riferimento per permetterne l’applicabilità nei tribunali.
Anche se non ci sarà uno scontro al Consiglio europeo, la conferenza intergovernativa che ne seguirà, prevista per essere breve, potrebbe trasformarsi in un campo di battaglia. Difatti, ci sono molti malintesi tra Sarkozy e i partner europei. La Germania vuole conservare la Carta dei diritti (la parte 2 del testo), Zapatero e Prodi non intendono gettare le parti 1, 2 e 4 del trattato (la contestata parte 3, sui principi economici «operativi», è in forse). Sarkozy cerca un’intesa con la Gran Bretagna, che teme anch’essa un referendum, ma le posizioni sono divergenti: la Francia vuole il voto a maggioranza sull’immigrazione, per esempio, mentre la Gran Bretagna vuole mantenere il diritto di veto su questa fetta della sovranità nazionale.
L’Unione mediterranea
Sarkozy, che è contrario all’entrata di Ankara nella Ue, ha deciso di non prendere di punta la questione ma di tentare di annegare la Turchia in una nuova «Unione mediterranea» che dovrebbe unire Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia ai paesi della sponda sud e est del Mediterraneo. Ma Zapatero resta scettico, perché la nuova «Unione» si sovrappone al processo di Barcellona, in corso, che già prevede una cooperazione speciale tra i paesi del Mediterraneo. Con l’Unione mediterranea, inoltre, Sarkozy ha una arrière pensée: aumentare il peso politico della Francia di fronte alla Germania.
Le inquietudini di Bruxelles
Malgrado le dichiarazioni di europeismo, Bruxelles guarda con preoccupazione al programma di Sarkozy. «Uno stesso presidente della repubblica non può contemporaneamente auspicare una migliore governance economica e prendere decisioni che rischiano di far saltare i conti» riassumono a Bruxelles. Gli attacchi alla Bce durante la campagna (a causa del caro-euro) non sono stati dimenticati. E le prime battute da presidente hanno aggravato la preoccupazione: dimenticati i bei discorsi sull’eccesso di debito pubblico, Sarkozy promette tagli alle tasse e nuove spese. Ma la Francia, ricorda Bruxelles, a gennaio ha preso un impegno preciso all’Ecofin: le era stata evitata la procedura per eccesso di deficit in cambio dell’impegno a rispettare un «programma di stabilità» e tornare all’equilibrio dei conti entro il 2010. Ma le promesse fiscali di Sarkozy contraddicono questo impegno. La prova della verità arriverà in autunno.

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