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SCACCO MATTO

Publie le giovedì 8 ottobre 2009 par Open-Publishing
4 commenti

La concomitanza della sentenza della Corte Costituzionale e del maxi risarcimento (750 mln) per l’affaire Mondadori, più la presentazione dell’associazione “Italia Futura” di Luca di Montezemolo e, in aggiunta, l’apertura della procedura d’infrazione per l’Italia per deficit eccessivo – che comprende anche altri Paesi, ma che per l’Italia è stata motivata per “problemi strutturali” – non sono certo casuali. E’ uno di quei momenti nei quali la storia gira di boa: solo lo skipper attento se n’avvede. Il destino di Silvio Berlusconi – delle sue televisioni, delle sue battute e delle sue puttane – francamente, giunti a questo punto, c’appassiona ben poco.

Starà a lui decidere se accettare un compromesso che preveda una clausola di salvaguardia per il suo patrimonio, oppure decidere di salire con Bossi fino alla “Ridotta della Valtellina”.

Rimanendo in metafora, il 7 Ottobre 2009 è paragonabile allo sbarco in Sicilia del 10 Luglio 1943: il 25 Luglio, l’8 Settembre ed il definitivo 25 Aprile furono solo le ovvie conseguenze.

Uscendo di metafora, è oramai chiaro che la parabola di Berlusconi s’avvia al definitivo declino: i prossimi mesi ci riserveranno infiniti tira e molla giudiziari, convocazioni per i processi, opposizioni per “motivi istituzionali” e via discorrendo. Il destino, però, è segnato. Qualcuno si domanderà quale sia stata la causa scatenante: le puttane d’alto bordo sono sempre esistite, eppure non hanno mai condizionato la vita di un governo. Lo scandalo Profumo? Sì, ma Christine Keeler era molto vicina ai servizi sovietici e nemmeno la Lewinsky riuscì a scalzare Clinton: non ci risulta che la D’Addario sia una “pedina” di chissà quale servizio segreto, tanto meno che lavori per un’opposizione inesistente.
Il problema di Silvio Berlusconi è che la sua condotta morale, il suo agire nel panorama economico ed il suo carattere sbruffone offrono migliaia di pretesti per attaccarlo. Lui stesso, che non lo riconoscerà mai pubblicamente, se ne sarà reso conto.

Dove cercare, allora, le ragioni di questo scacco, il quale avviene con motivazioni che la Corte non prese nemmeno in esame per il precedente “Lodo Schifani”, ossia la non costituzionalità della legge?
Bisogna scendere un poco dai titoli roboanti, da partita di calcio: capire che – in fin dei conti – quel che conta è il denaro, l’economia. Se la sentenza della Corte ed il risarcimento per il processo Mondadori possono essere circoscritti all’ambito nazionale – sottolineo, possono – la procedura d’infrazione per l’Italia (soprattutto la motivazione) e “l’apertura” di Montezemolo non sono fatti interni. La famosa “pista inglese”, che portava a Mario Draghi, è svanita poiché Fini ha messo le mani avanti: niente governi tecnici o istituzionali. Dello stesso tenore le dichiarazioni d’altri politici.

Il problema dell’Italia è che, se essa fosse semplicemente la Grecia od il Portogallo, non sarebbe un problema. Ecco ciò che spaventa Bruxelles.

Invece, l’Italia è un grande Paese in Europa, una nazione popolosa con un apparato produttivo diversificato in molti settori: l’industria, però, che non tira più, crisi o non crisi finanziaria, perché “imballata” da troppi anni di non-governo. I “numeri” negativi italiani sono alti ed impressionano poiché non sono stati generati dalla crisi finanziaria internazionale, se non di riflesso, bensì da un andazzo che va avanti da un ventennio e che non riesce a trovare soluzioni.

Silvio Berlusconi s’è sempre piccato (insieme a Bossi) d’essere il paladino della piccola e media impresa, quella che dovrebbe (a dir loro) “resuscitare” l’Italia dallo stato d’abbandono nel quale si trova.
Governi di varia natura hanno messo a disposizione dell’apparato produttivo italiano, polverizzato in mille realtà sul territorio, provvedimenti legislativi da brivido: i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Anni nei quali è mancata totalmente ogni forma di programmazione economica, vissuti “pericolosamente”, ammettendo l’inammissibile. Tanto per citarne una, lo scempio di una legge (30 o Biagi, come vi pare) che ha consentito d’abbattere i costi della manodopera a livelli di Terzo Mondo. Ha prodotto qualche effetto? Nessuno. Perché?

Poiché l’imprenditoria italiana ha utilizzato quelle norme non per creare imprenditoria d’avanguardia, al fine di trasformare quei posti in lavoro sicuro, bensì per tentare di produrre cinturini per orologi ad un centesimo in meno della Malaysia. Fallendo. In questo senso, l’Italia sì che s’è staccata dal resto d’Europa, finendo in una deriva che nessuno riesce più a capire: l’istruzione è ridotta a classi di 40 persone – sì, è giusto! – gli infortuni sul lavoro sono uno stillicidio di morti – sì, è normale! – le esportazioni languono: sfiga.

Ovviamente, questo quadro – lo rammento a chi, come chi scrive, crede fermamente che le ricette europee siano soltanto un diverso aspetto del turbo-capitalismo, niente che possa donarci un futuro onorevole – è tutto interno ad un dibattito delle borghesie: noi, i paria, non c’entriamo niente. Saremmo fessi, però, a non mettere questi processi sotto la lente d’ingrandimento, perché ci riguardano. In quale ottica, allora, dobbiamo considerare “l’uscita” (ampiamente prevista) di Montezemolo: il nuovo Signor Fiat cosa ci vuole raccontare?

Dopo il fallimento della piccola e media impresa, Montezemolo torna sulla scena per riunire il “salotto buono” della grande borghesia, quello che un tempo si radunava sotto le insegne del Partito Liberale.

In buona sostanza, ad un capitalismo bislacco lasciato in mano ad incompetenti, Montezemolo oppone una visione del “futuro” che è nuovamente appannaggio della grande impresa, la sola che può competere negli scenari internazionali poiché ha “fiato” per promuovere la ricerca, ha “tempi” che le consentono la perdita, nell’attesa di tornare a conquistare mercati.

Lo schieramento politico non-berlusconiano (Fini compreso, presente alla presentazione di “Italia Futura”) sembra sposare in toto le prediche di padron FIAT: vai, Luca, mostraci la strada, saremo con te fino alla vittoria! O alla morte.

Sì, perché si tratterà soltanto di un nuovo modo per “adattare” gli schemi berlusconiani – nessun diritto per i lavoratori, chi s’oppone è comunista, chi scrive contro è un “nemico”, ecc – al nuovo scenario: avremo così dei Fini, dei Casini e dei Bersani che ci racconteranno le medesime solfe un’ottava più alte o più basse, a scelta.

La vera riflessione che dovremmo porci è che questo sistema – il capitalismo – non funziona più, perché siamo in grado di produrre ogni bene in quantità incommensurabili, ma non troviamo sufficienti acquirenti.

Ecco, allora, aprirsi la strada della decrescita: produrre quel che serve, riportare indietro l’orologio alle comunità legate da reali vincoli d’appartenenza, senza cedere – parallelamente – ai localismi.
Le sperimentazioni, nel Pianeta, esistono ed hanno dato risultati più che confortanti: auto-produzione d’energia e di prodotti alimentari di qualità, gestione comunitaria dell’educazione, interazione cosciente e consapevole con il territorio.

Queste sarebbero conquiste, veri passi in avanti per tentare di consegnare ai nostri figli un futuro migliore: invece, sembra che il match sia tutto centrato sui processi, sui Galli, sulle parole vuote e sulle puttane.
Osserviamo pure, ma restiamone fuori.

Carlo Bertani

http://carlobertani.blogspot.com/2009/10/scacco-matto.html

Messaggi

  • La decrescita è fallimentare per i furbetti

    "Il problema di Silvio Berlusconi è che la sua condotta morale, il suo agire nel panorama economico ed il suo carattere sbruffone offrono migliaia di pretesti per attaccarlo. Lui stesso, che non lo riconoscerà mai pubblicamente, se ne sarà reso conto. "

    Se dobbiamo credere a Montanelli il berluska mente convinto che le proprie menzogne siano verità, ed è questo che lo rende pericoloso. Ieri sera alla fine della sua solita filippica contro le toghe rosse che imbavagliano al vera democrazia (la sua, ovviamente) ha esclamato un meraviglioso "Viva l’Italia! Viva Berlusconi!"

    Ovvi i paralleli con Viva VERDI.

    Berlusconi rappresenta il modello dei furbetti di quartiere che diventano boss importanti. E’ un modello culturale importante, darwinianamente parlando. E’ il fittest to survive, colui che ha il maggiore e migliore accesso alle risorse, e se ne frega se quell’accesso viene impedito a milioni di altre persone. Non è questo un problema suo. Così fan tutti (o quasi). Pensate al furbetto che sorpassa in curva per arrivare al bar 3 secondi prima, al teenager che ammazza il pensionato che si oppone alla sua bicicletta dentro all’autobus, al "ce l’ho più grosso" dei SUV e così via.

    La decrescita è fallimentare per i furbetti, significa autorizzare l’idea che essere in condizioni di inferiorità (si POSSIEDE meno) è non solo lecito ma giusto.

    Impossibile. L’ego ferito non sopravviverebbe.

    Quindi mi aspetto che il berlusconismo, nonostante siano evidenti i danni e gli effetti nefasti che tutta la pratica dell’accumulo indiscriminato provoca, non muoia, anzi.

    Semmai con Montezemolo prepariamoci a guidare dei SUV cinesi marcati FIAT dal costo bassissimo grazie a mostruosi ecoincentivi statali.

    • Pur trovandomi daccordo con l’intero articolo e appoggiando in linea di principio l’idea della decrescita, non posso fare a meno di pormi delle domande riguardo alle reali possibilità di questa strada.

      Il mio dubbio nasce dai numeri. Perchè se è vero che "Le sperimentazioni, nel Pianeta, esistono ed hanno dato risultati più che confortanti", è anche vero che queste sperimentazioni coninvolgono una piccolissima parte della popolazione planetaria e il loro successo potrebbe essere (almeno in alcuni casi) proprio legato a questo.

      Purtroppo, non possiamo obbiettivamente dire che una "decrescita globale" sia sicuramente applicabile senza provocare più sofferenze di quelle che si vorrebbero eliminare.

      A meno di una drastica diminuzione della popolazione mondiale mi sembra ci sia il rischio che la decrescita si trasformi in decadenza.

      Perchè se il turbocapitalismo, pur con la sua sovrapproduzione, il precariato ecc.. non riesce a garantire il posto di lavoro (seppur precario) a tutti, come può farlo la decrescita?

      Certo, decrescita significa lavorare tutti di meno, consumare di meno, ecc... Ma anche così, i conti tornano?

      Infine mi sembra che parlando di decrescita si facciano sempre un po’ i conti senza l’oste: ma siamo proprio sicuri che la "GGENTE" sia daccordo?

      Raf

    • la gente farebbe meglio a assere d’accordo,
      oggi a me domani a te,
      il destino degli immigrati stranieri, uccisi o imprigionati, potrebbe essere il vostro;
      il presente é già terribile per molti italiani, ma ogni volta che si pensa di cambiare direzione la paura del nuovo blocca tutto e tutti.
      Vivendo all’estero la mia impressione sull’italia e gli italiani é proprio che vi interessate troppo e solo a quello che succede nel parlamento
      e proprio per niente a quelle soluzioni che sono innovatrici e funzionali e che sono numerose anche nel vostro paese;
      ogni località che si gestisce da sola riesce bene a risolvere tutti i problemi: alimentazione, energia, salute e istruzione sono piu facili a distribuire nel piccolo che nel grande, con il vantaggio non certo minore di potere piu facilmente rimettere in discussione les scelte fatte da chi "dirige" (quando é il caso) e di adattarle progressivamente ai bisogni reali della collettività!
      ma no..., il "grande" e il "forte" continuano a attirarvi di piu.
      Allora, andiamo avanti, ma dove andiamo?
      e poi bisogna smetterla di dire che il pianeta non puo essere troppo abitato, che non ci sono risorse per tutti
      non é vero,
      e il solo modo di ridurre la natalità eccessiva é di permettre alle popolazioni di vivre senza l’incubo della guerra,
      analizzate un po quali sono le popolazioni che si riproducono eccessivamente, anche all’interiore des paesi "ricchi"
      sono i piu poveri, quelli che non hanno una grande speranza di esistere nel futuro
      se le donne non vivono come "animali" hanno altro da fare che restare incinte tutta la vita ed é esattamente quello che succede da noi

  • Bravo Carlo ci vuole una nuova svolta ed un di questa può essere la decrescita, con l’auto-produzione di energia e di porodotti alimentari di alta qualità con gestione comunitaria dell’educazione e rispetto dell’ambiente.PURTROPPO PER FARE TUTTO QUESTO CERTE PERSONE DEVONO ’’ANDARE A RIPOSO’’ O ’’NEI LORO BORDELLI’’E NELLO STESSO TEMPO FAR ’’RITORNARE CON I PIEDI PER TERRA’’ ALLA MAGGIORANZA DEI CITTADINI PRESI DAL GOSSIP, DAL PALLONE E DAL ’’SOGNO’’ DI POSSEDERE UN SUV!!