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Questa mattina, dopo parecchio tempo che non accadeva, ho incontrato un amico della strada,
con il quale mi sono imbattuto in una discussione interessante. A. mi ha raccontato delle sue ultime esperienze, delle sue ultime conoscenze, e tra un dire e l’altro si e’ toccato il discorso immigrazione legato alla sicurezza. A suo parere risulta impossibile che lo scontento generale degli italiani e dei bolognesi proviene dalla sola presenza di immigrati, per lo piu’ sprovvisti di regolari permessi di soggiorno. A. ritiene che il fattore malcontento, paura, e rabbia legato alla immigrazione e alla sicurezza sia dovuto ad un senso apatico che avvolge molti tra noi, e che guida la massa verso un senso di frustrazione dal quale e’ ovviamente facilissimo liberarsene scaricando su altri colpe in parte non loro.
La mancanza di coesione sociale, di interessamento su questioni politiche, e di attivismo in un senso e nell’altro riduce la vicinanza tra le persone le quali tendono irrevocabilmente a riconoscersi tra i simili. Non esiste affatto una politica del riconoscimento delle differenze, e tutte le diversita’ appaiono nella confusione generale come provocatrici di turbamenti e cambiamenti sociali drastici e non assorbibili.
Da qui’ poi tutte quelle proposte di alcuni, con l’idea di salvaguardare i cittadini italiani e tutelarli nel loro territorio, finiscono per risultare essenzialiste, prive di logicita’ e integralismo.
Non tanto tempo fa, molti giornali riportavano le scandalose proposte del Ministro degli Interni Maroni disposto a fornire le citta’ prive dei CPT, o meglio CEI ( Centri di identificazione ed espulsione ), piu’ o meno dieci , con l’intento di portare dagli attuali dieci a venti Centri.
Per ora paiono in accordo col Ministro solo due regioni, quali Veneto e Sicilia, ma le regioni in cui sono avvenuti i sopralluoghi sono tante, tra cui Toscana, Marche, Abruzzo, Campania ecc.
Il vero motivo di questo progetto prende piede, dall’allarmismo continuo e martellante del tema immigrati, che a parer mio e dell’amico A., e’ proporzionale alla sola percentuale di persone non abituate ed educate alla multiculturalita’; esorbitante.
Questi centri sembrano voler piu’ prevenire che intervenire su un fronte che ovviamente e’ oggigiorno problematico, ma che potrebbe essere perlomeno arginato con politiche di gestione invece che di segregazione. Mettere in efficienza tali strutture, risulterebbe un passo indietro verso l’arretratezza, verso la sconfitta. Sarebbe una ammissione di debolezza, di scarsa intelligenza, che alla luce da quanto visto da altri paesi europei piu’ operosi sulla questione farebbe indietreggiare coloro che ancora considerano l’Italia un paese in crescita.
E della parallela proposta di aumentare da 2 a 18 i mesi di permanenza nei CEI?; pazzesco davvero. I danni di immagine e identita’ che parecchi nuovi arrivati subirebbero sarebbero in quantificabili, per non parlare poi di quelli psicologici. Persino il presidente della Commissione Episcopale Italiana Angelo Bagnasco si e’ detto non proprio in accordo perche’ eccessivo.
Riflettendoci bene e’ assurdo, ma d’altra parte e’ la realta’ ed in qualche modo se ne deve far fronte.
Il rischio e’ di passare per arretrati, selvaggi, e forse pericolosi………………proprio per l’occasione sembra scritta la frase di C.L .Strauss-“L’etnocentrismo e’ l’attitudine piu’ antica dell’uomo, smettere di esserlo varrebbe dire non essere piu’ selvaggi.”