Home > SUBITO (Roma al Parlamento ore 18 oggi 27 giugno)
SUBITO (Roma al Parlamento ore 18 oggi 27 giugno)
Publie le martedì 27 giugno 2006 par Open-Publishing1 commento
via le truppe
SUBITO
dall’Iraq e dall’Afghanistan
MANIFESTAZIONE
martedi 27 giugno
ore 18 - Palazzo Chigi
Contro la minaccia di una nuova guerra in Iran,
Contro l’occupazione della Palestina,
Per il disarmo nucleare,
Per eliminare le basi militari in Italia e in Europa.
RETE ROMANA CONTRO LA GUERRA
BASTA CON LE MISSIONI DI GUERRA
In Iraq e Afghanistan la guerra infuria e le truppe italiane vi sono completamente implicate. Ma anche altrove, dai Balcani alla Somalia, i militari italiani occupano territori stranieri.
Ritiro immediato e totale delle truppe da Iraq, Afghanistan e altri luoghi di guerra
Fine dell’occupazione della Palestina, garantire i finanziamenti al popolo palestinese e ai suoi legittimi rappresentanti
Chiusura di tutte le basi militari Nato e Usa in Italia
MARTEDI 27 GIUGNO ore 18
MANIFESTAZIONE DAVANTI A PALAZZO CHIGI
Promuovono: Attac, Bastaguerra, Casa Culture, Comitati Iraq Libero, Comitato ritiro militari italiani, Confederazione COBAS, Donne in Nero, Essere Comunisti PRC, Fondazione Nino Pasti, Giovani Comunisti Roma, Laboratorio di resistenza contro la guerra, Rivista "L’Ernesto", Sinistra Critica PRC, Usi-Ait Lazio
*********************************************************************
Dal Manifesto venerdi’ 23 giugno 2006
MARTEDI’ I PACIFISTI IN PIAZZA
Primo sit-in per l’Afghanistan. Mentre De Gregorio (IdV) vuole piu’ spese
militari
Il primo sit in dei pacifisti per il ritiro dall’Afghanistan e dall’Iraq si
fara’ martedi’ prossimo alle ore 18 davanti a Palazzo Chigi. Lo hanno
indetto i Cobas, due aree di Rifondazione come "Ernesto" e "Sinistra
Critica", i Giovani Comunisti di Roma, Attac, il "Comitato per il ritiro dei
militari italiani" vicino a Radio Citta’ Futura (voleva dire Radio Città
Aperta) e le Donne in Nero.
"Noi come movimenti facciamo il nostro dovere, non abbiamo un governo
amico - spiega Piero Bernocchi dei Cobas - il movimento se e’ davvero tale
non puo’ essere frenato dalla preoccupazione di cosa puo’ accadere al
governo. Anche perche’ se a Palazzo Chigi ci fosse Berlusconi pochi
avrebbero dubbi a fare una manifestazione anche sull’Afghanistan. Di sicuro
faremo altre mobilitazioni anche durante il voto in parlamento".
Non c’e’ il rischio che, come il 2 giugno, anche questo appuntamento vada
deserto o quasi?
"Italia-Brasile e’ scongiurata - scherza Bernocchi - sappiamo che anche tra
noi ci sono molti dubbi, pero’ pensiamo di rappresentare la maggioranza
degli italiani, che non vogliono queste guerre anche se non si mobilitano in
prima persona, che non credono sia un buon governo quello che per mantenersi
tale deve andare in guerra. Saremo in piazza per ricordare che d’ora in poi
tutto il sangue versato sara’ colpa di questo governo, non di Berlusconi".
Sull’ Afghanistan, secondo Bernocchi, non esistono mediazioni possibili ne’
compromessi di sorta: "Noi facciamo il nostro dovere, chiediamo il ritiro
immediato dall’Iraq, dall’ Afghanistan, dai Balcani e da tutti i luoghi di
guerra; la fine dell’occupazione palestinese e la fine del blocco dei
finanziamenti al popolo palestinese a prescindere dalle posizioni del
governo di Hamas".
Vi aspettate che i parlamentari delle sinistre vi raggiungano? "Alcuni ci
saranno, altri non lo so. I parlamentari pacifisti pero’ si sono impegnati
pubblicamente, soprattutto quelli che sono venuti all’ultimo social forum di
Atene, per il ritiro dall’Iraq e dall’ Afghanistan. Tutti i generali hanno
avvisato che in quel teatro si tratta di una missione di guerra. Loro
faranno la loro parte, noi facciamo la nostra".
In visita a Kabul intanto il sottosegretario agli esteri Gianni Vernetti
(Ulivo) assicura che visto che "l’Italia restera’ a lungo in Afghanistan"
presto ci sara’ una missione ufficiale anche in Pakistan, per discutere del
progetto di sicurezza che coinvolga quel paese "in modo sicuro e stabile
nella lotta al terrorismo". Il sottosegretario infine precisa alcune sue
dichiarazioni di mercoledi’, affermando che i caccia Amx per l’Italia non
sono all’ordine del giorno e che l’Italia non si muovera’ da Kabul ed Herat.
Che l’Unione sia preda di sentimenti bellicosi, infine, lo dimostra il
chiaro impegno preso ieri dal presidente della commissione difesa del
senato, Sergio De Gregorio (IdV), a favore di un aumento delle spese
militari fino all’1.5% del Pil.
Messaggi
1. > SUBITO (Roma al Parlamento ore 18 oggi 27 giugno), 27 giugno 2006, 10:56
Il movimento No War scalda i motori in previsione del voto sulle missioni militari in Iraq e Afganistan.
Il 27 giugno manifestazione a Palazzo Chigi
(RCA).Roma - Il fermento e la tensione sono palpabili ormai in tutte le riunione e gli incontri. Il voto sul rifinanziamento del decreto sulle missioni militari in Iraq e Afganistan, che scade il prossimo 30 giugno ma che verrà probabilmente votato dai due rami del Parlamento verso la
metà di luglio - sta mettendo a dura prova le relazioni tra il movimento pacifista, i gruppi parlamentari della sinistra e il governo Prodi.
Da tutte le riunioni dei No War il messaggio che arriva ai parlamentari è netto: "dovete votare contro il decreto senza se e senza ma". Si sentono ovviamente accenti e accentuazioni diverse. C’è chi si lascia prendere la mano dalla polemica a tiro corto con i parlamentari del PRC, del PdCI, dei Verdi e della Sinistra DS gi piuttosto sulle corde, c’è chi mira al bersaglio grosso di quello che definiscono il "nucleo duro" del governo cioè Margherita e DS più compromessi con i vincoli
della NATO e dell’alleanza strategica con gli USA e c’è chi - in crescente difficoltà - cerca di giustificare il governo e la riluttanza dei parlamentari della sinistra a"farlo ballare" sulla questione
dell’Afganistan.
Nel frattempo in tutta Italia si susseguono assemblee e dibattiti infuocati e fioccano le richieste di incontro ai gruppi parlamentari per "chiarimenti. Mercoledì 21 giugno è la volta del PRC che incontrerà una delegazione dell’anima "radicale" del movimento riunita nel "Comitato per il ritiro dei militari italiani" e sempre a Roma una riunione tenutasi alla Casa delle Culture ha convocato una manifestazione sotto Palazzo Chigi per martedì 27 giugno sulle parole d’ordine storiche del movimento: "via subito le truppe da Iraq e Afganistan, no alla guerra senza se e senza ma". Non c’è dubbio che nelle prossime settimane saranno molti dentro il governo e dentro il parlamento a dover camminare sui vetri (RCA).
********************************************************************************
Per il ritiro immediato delle truppe italiane dall’Iraq e dall’Afghanistan
Senza se e senza ma
MARTEDI’ 27/06/06 ORE 18.00 DAVANTI A PALAZZO CHIGI
In questi anni il movimento contro la guerra senza se e senza ma è stato il movimento più ampio e partecipato che ha attraversato il nostro paese,portando milioni di persone in piazza e milioni di bandiere arcobaleno nei balconi, rappresentando di fatto la più forte opposizione al Governo Berlusconi, e il primo motore della sua sconfitta.
Le guerre in Iraq e Afghanistan sono due tasselli dello stesso processo di guerra globale permanente avviato dall’amministrazione Bush. Due guerre contro cui il movimento no war si è battuto senza differenze o gerarchie.
Dietro la retorica delle "missioni di pace" o della "guerra al terrorismo" si nascondono infatti guerre atroci, volte allo sfruttamento di risorse e al controllo geopolitico dell’intera zona mediorientale.
Un governo di centrosinistra, che dice nel suo programma di voler rispettare l’art. 11 della nostra Costituzione, non può permettersi di rifinanziare missioni di guerra, in nome della continuità dei rapporti con l’amministrazione statunitense e con la Nato.
Parisi, D’Alema e Prodi hanno già annunciato l’allungamento nei tempi di una decisione già condivisa nell’Unione come quella del ritiro dall’Iraq, e ora si apprestano a confermare la nostra presenza in Afghanistan, minacciando anche l’aumento dei soldati e del materiale bellico fornito dal nostro paese.
Per questo martedì 27 giugno saremo in piazza per chiedere a tutti i parlamentari dell’Unione, e in particolare a tutti/e i parlamentari pacifisti che con noi hanno condiviso il percorso di lotta di questi
anni, di non opporsi alla chiara volontà di chi solo poche settimane fa gli ha fatto vincere le elezioni. Sulla guerra non esistono se e ma, non esistono mediazioni possibili di fronte ai morti che si susseguono ogni giorno in Iraq come in Afghanistan.
Siamo stati con il movimento dalla manifestazione del novembre 2001 contro la guerra in Afghanistan fino alla giornata mondiale No war dello scorso 19 marzo passando per il trainstopping. Vogliamo continuare a costruirlo, e vogliamo ancora il ritiro immediato dei nostri soldati. Non sarà il colore del Governo a fermare la nostra lotta.
Coordinamento dei/delle Giovani comunisti/e Federazione di Roma
********************************************************************************
A tre giorni dalla scadenza del 30 giugno del decreto relativo al rifinanziamento delle missioni militari sui teatri di guerra in Iraq e Afganistan, il movimento No War manifesterà martedì 27 giugno sotto le finestre di Palazzo Chigi.
Nei giorni scorsi, il Comitato per il Ritiro dei Militari Italiani, ha incontrato i gruppi parlamentari del Senato del PRC e PdCI/Verdi per sottolineare come il movimento contro la guerra non intenda accettare passi indietro sui propri obiettivi storici né la mancata discontinuità del nuovo governo da quello Berlusconi sui temi della guerra e della politica estera.
In particolare, la missione militare in Afganistan è andata assumendo un carattere dirimente. Se infatti il ritiro dall’Iraq viene vissuto diversamente dagli ambienti di governo e dai No War (per i primi è l’unica cambiale che si ritiene di dover onorare degli impegni di programma, per i secondi una scelta dovuta e attesa da tempo), il ritiro dall’Afganistan pone in rotta di collisione i pacifisti e la maggioranza del governo Prodi. In mezzo - in una posizione esternata in negli incontri avuti come di "forte sofferenza" - ci sono i gruppi parlamentari di PRC, PdCI, Verdi e Sinistra DS che dovranno decidere se votare in coerenza con il proprio mandato o piegarsi ai compromessi dovuti dalla lealtà di coalizione.
La scelta dei No War non è casuale, al Senato infatti il margine di manovra sul decreto per rifinanziare le missioni militari italiane all’estero è assai più esiguo per il governo Prodi. Se i senatori della sinistra decidessero di non votare il decreto si aprirebbe un serio problema e le salmerie di soccorso offerte dall’UDC potrebbero rivelarsi una polpetta assai più avvelenata di quanto oggi appaia.
Lo avevano sottolineato i senatori del PRC qualche giorno fa, lo hanno segnalato la capogruppo del PdCI/Verdi al Senato Manuela Palermi e la senatrice Loredana De Petris nell’ultimo incontro con una delegazione del Comitato per il ritiro dei militari.
Il capogruppo al senato del PRC, Giovanni Russo Spena, ha confermato che per la sinistra si starà sulle spine, soprattutto se il governo porrà la fiducia sul mantenimento delle missioni militari ed ha annunciato un’assemblea di tutti i parlamentari pacifisti per discutere un documento sugli indirizzi di politica estera e militare dell’Italia. Diversamente Fosco Giannini (senatore dell’area dell’Ernesto) ha affermato che se il decreto resta così com’è non lo voterebbe neanche se il governo ponesse la fiducia. Elettra Deiana, parlamentare del PRC ha rilevato un divario gigantesco tra le posizioni dei partiti più vicini ai pacifisti e il resto dell’Unione, la quale dopo aver pagato il "debito dovuto" del ritiro dell’Iraq, non si sente più vincolata ad una discontinuità più marcata sul resto delle missioni e della politica estera.
La senatrice del PdCI Palermi ha riconosciuto l’errore commesso nel 1999 in occasione dell’aggressione NATO alla Jugoslavia ed ha ribadito che non voteranno un decreto che preveda il mantenimento delle truppe italiane in Afganistan. Solo se il governo ricorrerà alla fiducia potrebbe scattare il vincolo di coalizione. Più determinata è apparsa la senatrice dei Verdi De Petris che, così come dichiarato dal sen. Fosco Giannini del PRC, non ritiene la fiducia un meccanismo al di sopra della propria coscienza. Se la fiducia verrà posta su un decreto di continuità con l’intervento e la presenza militare in Afganistan, non è affatto scontato che tutti i senatori la voteranno. Emerge infatti una pattuglia di sette/otto senatori trasversale ai gruppi della sinistra che sentono più forte il vincolo di coerenza con gli obiettivi del movimento No War che quello con un governo che su Afganistan, politica estera e scelte militari sembra intenzionato ad andare a testa bassa e a liquidare la presenza dei partiti della sinistra nella coalizione.
Il movimento contro la guerra dal canto suo, non può che rivendicare la piena autonomia dei suoi obiettivi e della sua azione politica. Da qui la richiesta di ritiro delle truppe anche dall’Afganistan e di una forte discontinuità della politica estera del governo Prodi rispetto a quella del governo Berlusconi. Essere membri della NATO non può essere una condanna perpetua né un destino obbligato del nostro paese. Sarà questo uno dei temi di conflitto tra movimento No War e governo nei prossimi mesi. I partiti della sinistra dovranno decidere come collocarsi. Il rischio è quello di diventare ostaggi di un esecutivo piuttosto che una variabile indipendente capace di condizionarlo sulle scelte strategiche.
Roma 26 giugno
Il Comitato per il Ritiro dei Militari Italiani
Info: viadalliraqora@libero.it
http://www.disarmiamoli.org