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di Michele Bono
Non nascitur itaque ex malo bonum, non magis quam ficus ex olea. Ad semen nata respondent.
Dal male non può nascere il bene, come un fico non nasce da un olivo: il frutto corrisponde al seme.
Lucio Anneo Sèneca (filosofo latino, 4 a.C.-65 d.C.)
In questi giorni di turbolenza mediatica -tra la Finanziaria stanga/taglia tutto, la sconfitta dei repubblicani alle elezioni americane del midterm, le tempestive nuove minacce di Al Qaeda e l’operazione al ginocchio di nonno-Berlusconi- la condanna a morte di Saddam Hussein torna a far discutere di questioni etiche proprio con il sopraggiungere del santo Natale.
Il dittatore iracheno, dopo quarant’anni di soprusi, deportazioni, violenze e vessazioni di ogni genere torna a far discutere di sé in termini addirittura etico-filosofici: è giusto o no condannarlo a morte? Saremmo democratici nell’applicare la pena estrema ad un uomo accusato di delitti contro l’umanità?
Il discorso è molto complesso e sfaccettato. C’è chi, come Sartori, si dichiara contrario alla pena capitale per principio, ma favorevole all’impiccagione di Saddam per legittimità storico-giuridica. Una sorta di stato d’eccezione schmittiano, ma in questo caso chi sarebbe il sovrano? L’America? Il popolo iracheno che festeggia con attentati a Bagdad, e piange disperatamente a Tikrīt, ribellandosi con attentati?
Seguendo il pensiero del filosofo tedesco, concependo cioè la sovranità come “decisione sullo stato di emergenza” in merito a problemi di teologia politica, ovvero questioni di teologia secolarizzata come la morte, il dilemma della condanna di Saddam Hussein verte inevitabilmente sul soggetto politico del sovrano. Sia esso un popolo, una persona od una nazione egemone come l’America.
In sostanza, chi è che decide? Sicuramente non Dio, o perlomeno non adesso, perché comunque arriverebbe in ritardo di qualche decennio... Allora via alle diatribe filosofiche intrecciate al diritto internazionale ed al sensazionalismo popolar-giullaresco da bar, di cui noi italiani siamo fieri sostenitori.
C’è chi, come Pannella, attraverserebbe l’oceano in ginocchio, sfidando la “cristologia contemporanea”, pur di salvare il caro Saddam dall’orrore della trachea e dell’osso del collo spezzati da un robusto cappio all’americana. Povero Saddam, lui che aveva chiesto perlomeno di essere fucilato...e che diamine!
C’è chi, come qualche esponente cattolico di AN, afferma che solo Dio, il nostro dio occidentale, ha il diritto di decidere sulla vita e la morte degli esseri umani. Ma allora, verrebbe da dire, perché non lasciamo decidere Allah? Visto che gli iracheni filo al qaediani sarebbero propensi ad adottare il santo diritto coranico? Questione di stile...lasciamoli stare gli dei beati...nella loro bolla di quiete.
Ci sono i quotidiani, come l’Unità e Libero, che adottano una visione essenzialmente giuridica. Il primo sostiene che il processo al dittatore sarebbe irregolare, una montatura americana, visto che durante lo svolgimento delle quaranta lunghe udienze ben tre difensori del Rais sono stati uccisi. Feltri difende invece la tesi opposta (figuriamoci...), e cioè quella che legittima un processo molto più democratico di tanti altri processi islamici.
Infine c’è anche chi, come me, non vuole aggiungersi alla blasonata massa dei giudici d’opinione -fedeli al proprio retaggio culturale e deontologico, nonché alla propria appartenenza politica- ma preferisce riflettere serenamente su una delle tante ipocrite ed incoerenti questioni della nostra miserrima incapacità congetturale contemporanea.
Vorrei dire a Sartori che un uomo della sua levatura ed esperienza farebbe più bella figura a prendere una posizione univoca o stare zitto, invece di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte (“contro la pena ma a favore della pena...”), diventando paradossalmente ed inconsapevolmente uno di quei “faciloni da bella figura a buon mercato” da cui il suo ragionamento critico si è voluto dissociare in modo sdegnato.
Vorrei ricordare ai ferventi cattolici che se solo dio ha il diritto di decidere sulla pena e sulla morte, e veramente costoro credono a ciò che dicono, allora anche lui è colpevole. Più di tutti. Colpevole di aver creato e di essersi lavato le mani con il libero arbitrio. Quel libero arbitrio che non ha liberato nessuno se non Egli stesso, spettatore solo. Ma questa è metafisica del ridicolo...
Vorrei far notare ai lettori che i giornali sono servi di imprenditori legati al denaro, non alla cultura della libertà d’informazione vera; e che noi siamo un target pubblicitario. Quindi Feltri dirà: “ammazziamolo il bastardo!” e l’Unità: “salviamo il socialismo garantista!” (che non si sa nemmeno cosa sia...), mentre Ferrara: “viva l’America, la CIA, la libertà di cambiare idea a pagamento ogni giorno. Viva il capitalismo!” e Liberazione: “anche Berlusconi ha diritto ad un processo regolare, figuriamoci Saddam Hussein!”.
In un marasma del genere preferisco tornare a Schmitt, che fissa la legittimità della sovranità sul concetto di “diritto decisionale”. Nel caso del Rais nessuno è in grado di decidere:
non Bush, che perde le elezioni e si inventa nuove minacce, che stermina migliaia di innocenti per il petrolio, che ricatta gli stati più deboli con il fantasma del nucleare, che in fondo non c’entra niente con l’Iraq, lui che non è sovrano di niente.
Non la chiesa, che nella sua storia di persone ne ha giustiziate..., che all’avvicinarsi del Natale dovrebbe occuparsi di altre cose (tipo il proliferare di preti pedofili in tutto il mondo), che ancora non riesce ad ammettere come famiglia una coppia non sposata che convive da duecento anni. Come potrebbe essere obiettiva sulla questione della pena di morte?
Non il popolo iracheno. Vittima e colpevole allo stesso tempo di un’ignoranza endemica lacerante che lo ha reso una massa informe di automi incapaci di riprendersi legittimamente, con la forza, la propria terra. Contro tutti, contro l’America, contro il fondamentalismo destabilizzante.
Non gli opinionisti, che hanno sempre contato poco, né io, che nel mio piccolo continuo ad aggrapparmi a Schmitt, e sostengo che nell’impossibilità di decidere, a causa di un’assenza di sovranità, Saddam Hussein dovrebbe essere messo in stand by, condannato all’umiliazione del carcere severo a vita, in attesa di una morte meritatissima. Non gettato in pasto alla nostra subdola -ma terribilmente umana- sete di vendetta. Non attaccato ad un cappio come un delinquente qualsiasi. Non reso martire, ma umiliato nell’indifferenza. Se c’è un dio, poi, e ne dubito, ci penserà lui.
Dimenticavo che c’è anche chi mi dirà che Schmitt era un nazista. Io, allora, riderò. Dell’ignoranza che sta divorando anche noi. E del pensiero che anche il papa, in fondo, era un nazista...
La morale è imperniata sulla questione se il piacere preceda o segua il dolore.
Samuel Butler (1612-1680), poeta satirico inglese.