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San Salvador Atenco: una vicenda agghiacciante nei racconti delle vittime
Publie le venerdì 9 giugno 2006 par Open-PublishingUna vicenda agghiacciante nei racconti delle vittime raccolti dalla “Commissione internazionale civile di osservazione”. Tutto è cominciato per cacciare fiorai abusivi
San Salvador Atenco, poliziotti e soldati contro la società civile messicana
Luca Martinelli*
«Ci hanno fatto passare per il corridoio del camion e hanno iniziato con una forte selva di colpi. Hanno chiuso tutte le finestre: per assicurare che non si vedesse niente. Poi, ci hanno messo uno sopra l’altro (...) i compagni sotto stavano affogando. Sopra di me stavano violentando una compagna, sotto altri stavano morendo, affogati»: è una delle oltre centocinquanta testimonianze raccolte in sette giorni dalla Commissione civile internazionale di osservazione per i diritti umani (Cciodh), in Messico dal 29 maggio al 4 giugno, incaricata di far luce sui due operazioni delle forze di polizia che nel pomeriggio del 3 maggio e all’alba del 4 hanno distrutto il tessuto sociale della cittadina di San Salvador Atenco, portando in carcere oltre duecento persone e lasciando due morti sul terreno.
Al decesso ufficiale di Javier Cortés Santiago, ucciso da un proiettile ‘volante’ (del calibro di quelli usati della polizia statale), si aggiunge, in pratica, quello di Alexis Benhumea, studente di economia della Unam di Città del Messico, accorso ad Atenco come molti altri la sera del 3 di maggio e ricoverato in coma celebrale da oltre un mese, senza speranza di risveglio, dopo esser stato colpito alla testa - all’alba del 4 - da un proiettile di gas lacrimogeno, sparato ad altezza d’uomo. Alexis, e con lui il padre, ha atteso per 12 ore un’ambulanza della Croce Rossa, cui la polizia ha impedito l’ingresso nella cittadina, che si trova a una sessantina di chilometri dalla capitale.
Una missione ‘urgente’ quella della Commissione civile, convocata con un manifesto cui hanno aderito oltre mille persone di 29 Paesi, nata per denunciare un’aggressione che ha sconvolto il Messico “in basso e a sinistra” e la società civile in tutto il mondo.
In carcere restano oggi una trentina di persone, uomini, donne e minori, reclusi in due penali, quello statale di Santiaguito e quello federale di Las Palmas, e in un istituto per minorenni; sono accusati di “sequestro equiparato” di effettivi della polizia: un delitto che non esiste nel Codice messicano («per cui un delitto è, o non è, non può essere equiparato», come ci ha spiegato un medico intervistato); un delitto - se fosse - comunque imputabile solo a quanti avevano manifestato il mattino del 3 maggio, occupando la strada Lecheria-Texcoco (molti tra i detenuti quel giorno non c’erano, e come Alexis erano arrivati ad Atenco solo la sera del 3) per poi essere sgomberati dalla polizia.
La Commissione ha intervistato i detenuti del carcere di Santiaguito, ex detenuti, cittadini di San Salvador Atenco, sindacalisti, attivisti di differenti organizzazioni sociali e per i diritti umani, il Delegato Zero (il Subcomandante Marcos), rappresenti delle istituzioni governative per i diritti umani (la Comisión Nacional por los Derechos Humanos), la Procura della Repubblica, il direttore del carcere di Santiaguito e quello dell’ospedale dove la polizia ha accompagnato i feriti più gravi, il sindaco di Texcoco (la cittadina vicina ad Atenco dov’è iniziato tutto: è stato lui, il 3 di maggio, ad impedire a otto floricoltori associati al Fronte del Popolo in Difesa della Terra - Fpdt - di continuare il proprio commercio ambulante e a far intervenire la polizia contro questi, dando il là all’escalation di violenza terminata nel tardo pomeriggio del giorno dopo). Tante voci per dare una lettura globale dei fatti.
Da un lato, è risultata evidente la volontà del Governo messicano di annichilire il popolo organizzato nel Fpdt, per mandare così un messaggio a tutta la società civile organizzata in Messico: o con noi o contro di noi, niente è possibile al di fuori delle istituzioni, non si può far politica al di fuori dei tre partiti - Pri, Pan e Prd - che si giocheranno la presidenza della Repubblica nelle elezioni del prossimo 2 di luglio. Sul piatto c’era anche una certa voglia di rivincita del Governo, contro quel movimento che - cinque anni fa - era riuscito a fermare un progetto economico milionario (in dollari), soldi che sarebbero finiti alle imprese legate al presidente Vicente Fox (il gruppo degli amigos de Fox, quelli che nel 2000 avevano pagato la campagna elettorale del ex presidente di Coca Cola, vicini a G. W. Bush): «Non si poteva perdonare Atenco, perché la loro vittoria è stata l’unica durante i sei anni di Fox. E la dignità di questa gente era incredibile», ha spiegato un difensore dei diritti umani, arrivato a testimoniare nell’ufficio messo su dalla Commissione.
Da allora, poi, il Fronte è cresciuto: è parte attiva dell’Altra Campagna lanciata dall’Ezln ed impegnato a portare solidarietà ai movimenti sociali in lotta, in tutto il Messico.
Accanto a quello politico c’è poi il lato umano: quello delle violenze, delle torture. I poliziotti si sono presentati ad Atenco muniti di preservativi: pronti a violentare le donne catturate nell’operativo. Poche non hanno subito abusi sessuali: «Le donne sono un bottino di guerra», ha detto uno di loro, su uno dei camion della tortura con cui i prigionieri (sequestrati e trasferiti in carcere senza alcun ordine di cattura) sono stati trasportati da Atenco al carcere, compiendo in sei ore un tragitto di un’ora e mezzo. Con fermate continue: una tortura psicologica, oltre che fisica. La paura di sparire: di finire nella lunga lista dei desaparecidos (in Messico sono oltre seicento).
A un mese dall’operazione - a cui hanno partecipato oltre tremila uomini, ufficialmente della Polizia municipale, della Polizia statale e della Polizia Federale Preventiva; ma nel corso delle interviste dalla Cciodh è risultata evidente la partecipazione di uomini dell’esercito messicano - i segni restano: a San Salvador Atenco c’è paura ad uscire per strada. La gente non dimentica; non dorme; piange.
L’impunità è il rischio più grande: fa paura vedere quelli stessi poliziotti tornare a passare per Atenco (come Venerdì 2 giugno, quando alcuni convogli dell’Agenzia di sicurezza dello Stato - Ase - hanno passeggiato per la comunità, che ha subito avvisato la Cciodh, chiedendo un intervento e la nostra presenza in loco), oppure notarli in borghese intorno ai tribunali dove si svolgono le udienze dei processi in corso a carico di centocinquanta dei detenuti del mese scorso (quelli usciti sotto cauzione; solo 17 persone sono state scagionate dalle accuse).
Il Delegato Zero, portavoce della Otra Campaña, arrivando negli uffici della Commissione per portare la sua testimonianza, ha ricordato l’importanza della nostra missione, e del lavoro che ci spetta, come Cciodh, dopo il 4 giugno, una volta rientrati in Europa: perché su Atenco non scenda l’oblio, come su tante altre storie messicane, quella degli indigeni massacrati dai paramilitari ad Acteal, il 22 dicembre del 1997, quella degli studenti massacrati dall’esercito in Plaza Tlatelolco, alla vigilia delle Olimpiadi di Città del Messico del 1968 (“el rojo amanecer”). L’ultimo crimine -ha detto - è quello «che sta per perpetrarsi, se voi e noi lo lasciamo fare. » il crimine dell’oblio, che permetterà ingiustizia e impunità a San Salvador Atenco».
*Attivista di Mani Tese. Membro della 4° Commissione civile internazionale