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Sciopero. Un conflitto sociale incontenibile
di Alessandro Ambrosin
ROMA - E’ un’esplosione di bandiere rosse, quelle che quest’oggi hanno riempito a Roma la Piazza della Repubblica, punto d’incontro dei tre cortei organizzati dalla Fiom e dalla Funzione Pubblica- Cgil. Già dalle prime ore del mattino i tre concentramenti previsti per la partenza non riuscivano a contenere l’immensa folla che continuava ad arrivare all’appuntamento, tanto che gli organizzatori sono stati costretti a far avanzare di centinaia di metri le teste dei cortei.
A Piazza della Repubblica sono stati i lavoratori di Pomigliano D’Arco ad aprire il numeroso corteo proveniente dal Trentino-Alto Adige, Umbria, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia, mentre in testa a quello partito dalla Stazione Tiburtina che raccoglieva tutti i lavoratori giunti da Veneto, Lombardia, Toscana, Marche, Abruzzo e Molise hanno aperto il cammino i lavoratori della Marcegaglia Energy di Varese con uno striscione che riportava "L’articolo 1 della costituzione è fondato sul lavoro e non sul profitto dei padroni".
A Piazzale dei Partigiani, invece, le altre delegazioni regionali, Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Puglia e Basilicata sono partiti dietro lo striscione della Funzione Pubblica nazionale .
Insomma uno "tzunami" di gente proveniente da tutta Italia oggi si è ritrovata qui, ha invaso le strade della capitale, ha esposto slogan contro l’autoritarismo di questo governo, ha gridato a squarciagola per difendere il proprio posto di lavoro, ha chiesto unità d’intenti da parte di tutte le forze politiche d’opposizione per resistere e difendere la propria dignità. Chi metalmeccanico, chi dipendente pubblico, chi semplicemente per stare al fianco dei lavoratori e far sentire la propria solidarietà attraverso una presenza forte e consapevole.
"Ci hanno venduto per 40 denari" è scritto su un manifesto alzato da un operaio di Pomigliano che ritrae Angeletti e Bonanni abbracciati vicino a un Brunetta seduto su un trono da Re. "C’è ben poco da tradurre - ci dice il manifestante - l’immagine parla da sola. Ormai Cisl e Uil sono completamente succubi di questo governo che li tiene in pugno. Ora non potranno più tirarsi indietro perchè questi signori hanno abbandonato i lavoratori a se stessi, già da un pezzo. Ma noi resistiamo fino all’ultimo."
Gli slogan sono esplicativi, non lasciano adito a dubbi sul pensiero che anima questa grande mobilitazione di massa. "I lavoratori sono sotto attacco - parla Mario cassaintegrato di Bari -. Io non so più come sbarcare il lunario. Moglie quattro figli e con una fabbrica in procinto di chiudere i battenti. E questa non è una questione imputabile solo alla crisi economica , perchè la crisi è ovunque, ma di come viene affrontata.
Mentre in altri paesi si discute sugli ammortizzatori sociali e si gettano le basi per rilanciare i settori attraverso l’innovazione e la tecnologia, da noi si discute su come salvare le aziende e mettere per strada i lavoratori."
"Non abbiamo punti di riferimento istituzionali - incalza Giovanni di Trento - che possano incidere fattivamente sulla linea politica che sta imponendo l’attuale maggioranza. Dobbiamo opporci con maggiore incisività, altrimenti anche il solo manifestare potrebbe essere bandito. L’unica consolazione è che siamo tantissimi oggi, perchè i nostri problemi sono anche i vostri."
Ci sono anche gli universitari giunti da tutte le facoltà d’Italia, che attraverso la loro presenza vogliono ribadire che "l’onda anomala" come l’avevano definita è ancora forte e viva e non ha abbassato la guardia. "Se colpiscono loro - dice Marianna di Tor Vergata - quale futuro possiamo avere noi? Nessuno, perchè il governo sta cancellando i loro e anche i nostri diritti."
Non mancano gli slogan a difesa della Costituzione che riportano alla memoria i padri della Costituente come Terracini, De Nicola, Togliatti. "Il lavoro è espressione di democrazia, la pensione un diritto" c’è scritto su un cartello alzato da un anziano signore, e subito sotto: "Se qualcuno mi spiega come vivere con 700 euro al mese mi faccio prete".
Ma queste persone, oggi, manifestano soprattutto per riaprire quel conflitto sociale diventato incontenibile. E i motivi per alzare un muro di protesta ci sono tutti. Dalle norme per la sicurezza sui posti di lavoro, dalle proposte pubblicate nel cosiddetto Libro Verde, dove si continua ad avanzare pretese per le aziende svincolandole da gravi responsabilità nel tentativo di indebolire i lavoratori e la loro rappresentanza sindacale, all’articolo 133 voluto dal ministro Brunetta, che come una spada di Damocle ha di fatto lacerato la dignità di tutti i lavoratori, all’attuale accordo separato, all’innalzamento dell’età pensionabili per le donne, fino al testo sulla sicurezza che riguarda l’obbligo dei medici di denunciare gli extracomunitari senza permesso di soggiorno. Un vero attacco sociale a 360 gradi senza esclusione di colpi.
"Brunetta non passa e non passerà" grida uno degli interventi dal palco della Piazza San Giovanni, "per questo motivo abbiamo deciso di chiamare la manifestazione di oggi Unità anticrisi".
Tuttavia c’è un filo conduttore che oggi tiene unite queste persone dal profondo sud all’estremo nord del paese. Come in molti ci hanno detto:"Se la sinistra non troverà una via unitaria per mettersi assieme e contrastare questo dilagante autoritarismo attraverso una vera opposizione sarà difficile venirne fuori."
"Ve la ricordate la manifestazione del 20 ottobre scorso? - dice un lavoratore di Siracusa. Bè, io quel giorno c’ero. Volevamo dare una "sgrullatina" al governo Prodi per far sentire che c’eravamo anche noi e invitare le anime di tutta la sinistra a unirsi per far fronte alle tante questioni del paese. Noi stiamo ancora spettando."